In fisica, lo scostamento più o meno sensibile e di durata più o meno breve di un fenomeno dal suo andamento regolare (detto appunto non perturbato) e anche, talvolta, la causa di tale scostamento: p. atmosferiche, variazioni degli elementi meteorologici, specie se accompagnate da rilevanti fenomeni (annuvolamenti, piogge, temporali ecc.); p. magnetiche, variazioni irregolari del campo magnetico terrestre (➔ magnetismo).
Si chiama p. ogni modificazione indotta nel movimento di un corpo da cause secondarie rispetto a quelle principali che ne determinano il moto. Il termine è adoperato soprattutto con riferimento al moto orbitale di un pianeta per indicare le modificazioni che il moto dovuto all’azione attrattiva del Sole (moto non perturbato) subisce per effetto dell’azione attrattiva, secondaria, degli altri pianeti o di altri corpi celesti in genere (moto perturbato). Con analogo significato si può parlare naturalmente delle p. del moto di altri corpi celesti (per es., delle comete), di veicoli spaziali ecc.
Il problema di determinare le p. che il moto di un pianeta, per es. la Terra, subisce quando insieme alle azioni gravitazionali dovute al Sole (problema dei due corpi ➔ corpo) si voglia tener conto anche soltanto delle azioni gravitazionali dovute a un terzo corpo, per esempio la Luna (problema dei tre corpi), si presenta con una complessità che non ne consente in genere una completa risoluzione in termini finiti, cioè la determinazione di formule che permettano di stabilire direttamente a un istante qualsiasi le posizioni dei singoli corpi essendo date le loro posizioni e velocità iniziali. Le ricerche dei maggiori astronomi e matematici, fra i quali I. Newton, G.L. Lagrange, H. Poincaré, hanno portato da una parte alla risoluzione del problema in casi particolari, dall’altra alla formulazione di una teoria delle p. che ne consente la risoluzione con procedimenti di successive approssimazioni. È infine da rilevare come l’osservazione astronomica delle p. di un pianeta possa consentire di risalire a elementi relativi ai pianeti perturbatori e addirittura a farne prevedere l’esistenza non ancora sperimentalmente accertata: ciò si verificò per i due pianeti Nettuno e Plutone.
Con riferimento alla teoria delle p. si dice perturbatrice la forza che determina una p.; funzione perturbatrice l’espressione analitica di tale forza.
Nei problemi per i quali l’equazione di Schrödinger non si sa risolvere, si può ricorrere alla teoria delle p. per ottenere delle soluzioni approssimate. Il procedimento di base consiste nel separare l’hamiltoniano del sistema studiato in due parti; di queste, una deve risultare semplice (hamiltoniano imperturbato), in modo da poterne calcolare autovalori e autovettori; l’altra (hamiltoniano di p.) deve potersi considerare ‘piccola’, rispetto alla prima, in modo che i suoi effetti si possano portare in conto come una serie di correzioni, sempre più piccole, alla soluzione del caso imperturbato. Così, per es., gli stati di un atomo possono essere trattati inizialmente trascurando le interazioni elettrone-elettrone rispetto a quelle nucleo-elettrone, risolvendo l’equazione di Schrödinger appropriata a tale situazione e poi considerando le interazioni elettroniche come p. degli stati ottenuti.