Nella critica cinematografica, e subordinatamente letteraria, opera caratterizzata dalla presenza di scene violente, trame criminose, atmosfere inquietanti. Il termine fu introdotto nel 1946 da alcuni critici francesi con riferimento a film statunitensi tratti da romanzi che in Francia venivano pubblicati dall’editore Gallimard nella Série noire (così denominata dal colore delle copertine), una collana di polizieschi tascabili, particolarmente attenta alla più recente produzione proveniente dagli Stati Uniti. Riferito dunque al cinema e insieme alla letteratura che lo ispira, il termine si è poi diffuso internazionalmente (dagli anni 1980 anche in Italia), sia pure con una pluralità di usi talvolta impropri (affiancandosi o sovrapponendosi al generico poliziesco, a thriller, a pulp), derivante dalla difficoltà di circoscrivere in una formula univoca un insieme di fenomeni piuttosto complesso. Infatti, più che un vero e proprio genere il n. costituisce una tendenza dell’immaginario, uno stile. Rispetto all’indeterminatezza della classificazione in letteratura, l’esistenza del cinema n. venne teorizzata per la prima volta nel 1955 da R. Borde ed É. Chaumeton nel saggio Panorama du film noir américain, 1941-1953, ma la storiografia non è concorde nell’individuare quale sia il primo, vero film noir. Il periodo d’oro del n. cinematografico statunitense viene comunemente collocato tra il 1941 e il 1958, cioè tra Il mistero del falco (1941) di J. Huston e L’infernale Quinlan (1958) di O. Welles. Tuttavia nei decenni successivi innumerevoli film, definibili postnoir e neonoir, accomunati da un determinato stile narrativo e visivo nonché da particolari temi, personaggi e situazioni, hanno sviluppato e aggiornato i moduli espressivi del n. classico, riprendendone le storie cupe e violente, i dilemmi esistenziali, il senso di ambiguità e di angoscia che pervade i protagonisti, disegnando un universo caotico e delineando un ritratto del mondo estremamente realistico.