Letteratura di consumo che punta su temi di facile presa (sesso e sangue, crimine, violenza); in particolare, la ripresa di questi temi in chiave di citazione colta e ironica, come fenomeno tipico della letteratura e del cinema della fine del 20° secolo.
Il termine pulp («polpa, poltiglia») era usato negli USA fin dagli anni 1930 con riferimento al sensazionalismo e alla scadente qualità letteraria dei racconti pubblicati nei periodici popolari, detti pulp magazines perché stampati su carta dozzinale, ricavata direttamente dalla pasta di legno. Si deve a questi periodici, e ai loro non sempre mediocri collaboratori, la fortuna di generi come il poliziesco (si pensi a Black mask, su cui esordirono scrittori come D. Hammett e R. Chandler), il gotico e l’horror (Terror tales, Weird tales), la fantascienza (Amazing stories, Galaxy) ecc. La successiva diffusione del termine anche fuori degli USA (in Italia dall’ultimo decennio del 20° sec.) è dovuta soprattutto al successo internazionale del film di Q. Tarantino Pulp fiction (1994), che proponeva, in un’elegante confezione formale, una rilettura di temi e situazioni tipici della narrativa popolare, con scene di una violenza talmente iperrealistica da risultare innocua, o addirittura comica, come quella dei fumetti o dei cartoni animati. In questa chiave, e in una mutata situazione del gusto, caratterizzata dal superamento delle tradizionali distinzioni tra letteratura alta e bassa, tra originale e copia, il p. degli anni 1990 si colloca ambiguamente, nella letteratura e nel cinema, tra artificio ipercolto e dichiarato rifiuto della ‘autorialità’. La riutilizzazione che esso propone, ingrandita fino alla parodia, dei modi più truci della narrativa popolare può servire, a chi voglia evitare le lusinghe di sperimentalismi ormai screditati o gli orizzonti rassicuranti del racconto minimalista, a richiamare l’attenzione sulle dimensioni abnormi di certi fenomeni della realtà contemporanea (l’omologazione consumistica e la dipendenza dai modelli mediatico-pubblicitari, la ricerca nevrotica di un’attribuzione di senso al vuoto delle esistenze, il crimine feroce e gratuito che spesso ne è la conseguenza). Non è un caso che diversi scrittori si siano fatti attrarre, specialmente ai loro esordi, dalle possibilità offerte dal p. (N. Ammaniti, A. Nove, D. Luttazzi, A.G. Pinketts).