L'età moderna
Che cos'è il Rinascimento? Perché il Medioevo diventa a un certo punto età moderna? E gli uomini che vissero in quel tempo cosa capirono di questa trasformazione? Si sentirono diversi dai loro padri o nonni? E perché?
Le lancette del nostro orologio scorrono sempre con lo stesso ritmo. Osservando la storia degli uomini si ha però l'impressione che in qualche periodo le lancette abbiano preso a muoversi con maggiore velocità. È ciò che sembra accadere nel Rinascimento, e soprattutto nell'età moderna, cioè il periodo che segue il Medioevo e che ha termine quando ha inizio l'età contemporanea, ossia il tempo a noi più vicino.
Alla fine del Medioevo gli uomini non si accontentano più di quel che sanno. La religione non può fornire ogni risposta, e così si sviluppano le scienze. Gli uomini del Rinascimento dimostrano in tanti campi diversi di voler vivere in un modo nuovo. Per esempio, trasformano le città: le case sono più grandi, le strade più larghe e nuove creazioni artistiche le abbelliscono.
Mutano i governi. Nascono Stati più grandi e potenti, mentre l'Europa allarga i propri confini. Anche grazie alle scoperte geografiche e al coraggio di pochi straordinari uomini, alcuni Stati, come Spagna, Francia, Portogallo, Inghilterra e Olanda, conquistano immensi territori, poi chiamati colonie, nelle Americhe, in Africa, in Asia, nel Pacifico. L'economia si trasforma: si rafforza il potere delle banche e delle borse, la rete commerciale si fa più fitta, le città, sedi di mercati e centri di produzione di manufatti, diventano sempre più popolate. Le campagne, soprattutto in Inghilterra, vengono sfruttate con maggiore intensità e producono di più. È ora il tempo delle fabbriche: i prodotti non sono più realizzati a mano, ma con macchinari sempre più perfezionati. Gli operai che lavorano in fabbrica diventano a poco a poco più numerosi dei contadini.
Ma se un mondo nuovo avanza aprendo grandi prospettive, potenti forze cercano di resistere ai cambiamenti. È soprattutto la vecchia nobiltà che non vuole accettare di perdere potere con il rafforzamento degli Stati assoluti. La rivoluzione inglese del Seicento e la Rivoluzione francese del 1789 cambieranno radicalmente la situazione: i poteri del re e della nobiltà non saranno più illimitati e i sudditi diventeranno cittadini, tutti uguali di fronte alla legge.
Queste diverse fasi della storia sono state successivamente ribattezzate dagli storici ognuna con un proprio nome. La parola Medioevo nasce nel Settecento, e viene usata in senso negativo per indicare quel periodo che sta tra l'età antica e quella moderna. Il termine Rinascimento nasce ancora dopo, nell'Ottocento, per definire quel risveglio culturale, politico, economico che, iniziatosi nel Medioevo, apre la strada all'età moderna. Chi visse nel Rinascimento non si rese però conto di questo cambiamento. Non solo non se ne accorse, per esempio, chi viveva in Africa, in Cina o in India, dove non ci furono né Medioevo né età moderna, ma neppure se ne accorse per lungo tempo la maggior parte di quanti vivevano nella stessa Europa occidentale. Gran parte degli Europei, infatti, viveva in campagna, dove i cambiamenti furono più lenti o inesistenti. Si può quindi affermare che a entrare nell'età moderna fu per prima la ristretta popolazione che viveva nelle città o presso le grandi corti monarchiche dell'Europa occidentale. Anche qui tuttavia è difficile dire che a un certo punto finì il Medioevo e iniziò il Rinascimento e, con questo, l'età moderna. Il cambiamento era infatti partito da lontano e aveva lentamente portato alla trasformazione della cultura, della religione, della politica, dell'economia.
Gli uomini hanno sempre desiderato esplorare territori sconosciuti, sfidare l'incerto. Non sempre queste imprese hanno avuto buon esito. I Vichinghi hanno probabilmente trovato l'America molti secoli prima di Cristoforo Colombo, però la loro scoperta non ebbe conseguenze. È solo nell'età moderna che l'uomo europeo ha la possibilità di partire alla scoperta di nuove terre e di sfruttarle.
La storia dell'uomo è fatta di migrazioni, di contatti tra popoli, di scambi culturali e commerciali. Nel corso del Medioevo furono soprattutto i mercanti a mettere in contatto civiltà diverse. I mercanti svolsero una funzione importante, solitamente rimasta nell'ombra. Così non fu, però, per Marco Polo che, nella seconda metà del 13o secolo, arrivò in Cina. Marco Polo raccontò il suo viaggio nel libro Il Milione, che fu trascritto e più tardi stampato in molte lingue. Quello che si scopriva non sempre raggiungeva l'Europa velocemente. La carta e la polvere da sparo e forse anche gli spaghetti impiegarono tempo per giungere a noi dalla Cina. Anche i numeri che utilizziamo oggi arrivarono dall'India e dopo un lungo periodo furono gli Arabi che ce li fecero conoscere.
Per molto tempo, dopo l'invenzione della ruota, nessuna innovazione consente agli uomini di muoversi più velocemente via terra. Le strade sono di solito in cattive condizioni e sono molti i pericoli per chi vi si avventura: notevoli sono i disagi e i rischi di essere aggrediti da briganti e malintenzionati. In mare le cose non vanno meglio. Le navi sono piccole, leggere, con poche vele, capaci di catturare solo il vento di poppa. In tali condizioni, le imbarcazioni raramente si avventurano in mare aperto. Procedono in genere in convoglio, sempre ben vicine alla costa, per non perdere l'orientamento e stabiliscono le rotte, ossia il percorso che devono seguire, sia tramite la posizione delle stelle sia, soprattutto, utilizzando la bussola che, perfezionata nel 13° secolo, diventa uno strumento indispensabile nella navigazione in caso di tempeste. Malgrado ciò, i fondali del Mediterraneo sono pieni di relitti di navi di quell'epoca e la percentuale di imbarcazioni perse in mare è, in questo tempo, del 15÷20% sul totale. Per raggiungere l'India dal Portogallo si possono impiegare diciotto mesi, per andare e tornare dall'India al Giappone anche tre anni.
Due principali elementi danno il via alla rivoluzionaria fase di viaggi ed esplorazioni che portano alla scoperta di nuovi continenti. In primo luogo la formazione, alla fine del Medioevo, di Stati più grandi, ricchi e potenti, che cercano nuove opportunità di crescita e arricchimento fuori dall'Europa. In secondo luogo l'acquisizione di nuove navi più grandi e sicure, che consentono di intraprendere viaggi più lunghi. Questo permette non solo di navigare più protetti nel Mediterraneo, sempre più spesso percorso dalle navi musulmane, ma anche di cercare nuove rotte per l'Oriente sfidando l'Oceano Atlantico, ossia il mare aperto.
Sono i Portoghesi a porsi per primi il problema di navigare sulle pericolose acque oceaniche: nell'impossibilità di competere con le potenze rivali nel Mediterraneo, anzitutto i Veneziani, i Portoghesi devono necessariamente attraversare l'Oceano Atlantico. Dopo i primi grandi viaggi, le navi diventano più robuste e pesanti e le carte geografiche diventano più accurate. Viaggiare diviene la sfida per grandi navigatori. Uno di questi è il portoghese Ferdinando Magellano che, agli inizi del 16° secolo, realizza per la prima volta il giro del mondo. Delle sue cinque navi se ne salva solo una. Lo stesso Magellano muore durante il lungo viaggio, ucciso da popolazioni indigene nelle Filippine. Nel 18° secolo l'inglese James Cook viaggia dall'Artico all'Antartico, e poi in Africa, in Australia, in America Meridionale. Nel 19° secolo iniziano le grandi esplorazioni nel cuore dell'Africa. In Europa sono seguiti con straordinaria partecipazione i viaggi del missionario e medico inglese David Livingstone alla ricerca delle sorgenti del Nilo.
Il Rinascimento è legato ai nomi di artisti straordinari: Leonardo da Vinci, Raffaello, Michelangelo. E anche a una città come Firenze, dove vengono realizzati tanti tesori artistici. L'uomo del Rinascimento affronta in modo nuovo la vita, mosso dalla curiosità di scoprire, di conoscere e di ampliare il proprio sapere.
L'Italia è ricchissima di testimonianze storiche. Se guardiamo con attenzione le tante città storiche italiane ci accorgiamo che le parti risalenti alla piena età medievale hanno strade strette, case basse, torri. Le costruzioni più imponenti di quel periodo sono la cattedrale e la sede del Comune.
Nelle aree più recenti, di età rinascimentale, vediamo invece vie ampie e palazzi imponenti: non ci sono più torri e diventano sempre più rare le mura merlate. Anche visitando un museo ci accorgiamo che i temi dell'arte rinascimentale non sono solo di carattere religioso: ora è l'uomo il 'centro di tutte le cose'. E infatti vengono ritratti soprattutto esseri umani non idealizzati ma 'veri', che vivono nella storia, soffrono, gioiscono, combattono. In una chiesa di Firenze il pittore Masaccio li raffigura proprio così. Questi personaggi, inoltre, non sono riprodotti su uno sfondo piatto, ma si muovono in uno spazio reso realistico grazie all'utilizzo delle regole della prospettiva, che danno il senso della profondità.
Quando ha inizio il Rinascimento sono ancora in pochi a saper leggere e scrivere. I libri, inoltre, sono rari e preziosi, perché scritti a mano. Nel corso del Medioevo però, a Bologna, a Padova, a Napoli, erano nate le università, e con la loro crescita fu inevitabile effettuare sempre più copie dei libri per fornire agli universitari i testi su cui studiare. Si formarono così importanti biblioteche, ma il tutto costava tempo, fatica e denaro. Verso la metà del 15° secolo il tedesco Johann Gutenberg, creando piccoli stampi mobili con le singole lettere intagliate in blocchetti di legno, inventa il processo di stampa. In questo modo i libri vengono riprodotti in una quantità che non dipende più dai lunghi tempi di copiatura a mano, evento che finisce per rivoluzionare la società e, in fondo, segnare il vero inizio dell'età moderna. I libri, infatti, ormai non sono più solo per i ricchi e le idee possono viaggiare non soltanto rilegate in volumi, ma anche diffuse in fogli sciolti, riuscendo così a essere conosciute da tanti lettori.
A partire dal Rinascimento vengono riscoperte le grandi civiltà antiche, le cosiddette civiltà classiche: quella greca e quella romana. Gli umanisti studiano le lingue e le letterature classiche e imitano il pensiero degli antichi. L'uomo e le sue attività sono posti al centro dell'attenzione. Niccolò Machiavelli e altri studiano la politica e le sue leggi, Francesco Guicciardini scrive un'importante Storia d'Italia. Nasce la letteratura moderna: Ludovico Ariosto con l'Orlando furioso crea un'opera raffinata, ma rivolta a tutti; lo spagnolo Miguel de Cervantes col suo Don Chisciotte e il francese François Rabelais con Gargantua e Pantagruel descrivono il loro tempo con grande ironia; in Inghilterra, William Shakespeare conquista una grande fama con le sue tragedie e commedie.
La ricerca scientifica si libera, non senza difficoltà, dalle influenze religiose. Tutto è messo in discussione. Si studia il corpo umano sezionando cadaveri (lo fa anche Leonardo da Vinci). In astronomia, gli studi e le osservazioni infrangono a poco a poco le credenze religiose. Il polacco Nicola Copernico comprende che è la Terra a girare attorno al Sole e non il contrario, come stabiliva la Chiesa cattolica, mentre Galileo Galilei, mettendosi in forte contrasto con la stessa Chiesa, proseguirà e completerà la rivoluzione copernicana.
Nell'età moderna l'uomo si libera da molti pregiudizi religiosi e sociali che lo vedevano prigioniero di un ordine considerato sacro e immutabile. Ma non per questo abbandona la fede. La Chiesa cattolica non è più l'unica: si formano le Chiese protestanti.
All'inizio dell'età moderna, nei villaggi e nelle città la religione scandisce ancora il ritmo della vita. Col battesimo si entra nella comunità, gli altri sacramenti accompagnano l'uomo nella sua crescita. Il prete è spesso l'unica autorità di riferimento. Ma la Chiesa è in profonda crisi, debole e in gran parte corrotta. Per lunghi decenni neppure si sapeva bene chi fosse il papa: erano stati in tanti ad aspirare alla carica e ognuno di questi aveva accusato i rivali di essere antipapi.
Ma, se al vertice la Chiesa è debole, a un livello più basso, fin dal Medioevo, sono avvenuti fatti importanti: san Francesco d'Assisi e i suoi frati hanno dato l'esempio di una via diversa, semplice, pura, per vivere la fede religiosa. E sono sempre più numerosi i fedeli che chiedono ai papi di intervenire sulla corruzione generale della Chiesa.
Davanti a tante critiche qualche papa disse di voler convocare un'assemblea di tutta la Chiesa, cioè un concilio, per discutere e risolvere i vari problemi. Altri dissero che invece avrebbero provveduto da soli, senza concili. Non fecero nulla e quando un monaco tedesco, Martin Lutero, si ribellò, denunciando la corruzione della Chiesa, il papa lo scomunicò. Lutero fondò allora una nuova Chiesa, basata sulla libera interpretazione delle Sacre Scritture e sull'idea che per la salvezza fosse sufficiente la fede.
Altri dissidenti, come il francese Giovanni Calvino, fondarono altre Chiese, dette Chiese protestanti, ognuna delle quali si differenziava dall'altra per alcuni aspetti. Favoriti dalla pubblicazione a stampa delle loro opere, i fondatori delle Chiese protestanti (dette anche Chiese riformate) rafforzarono le loro posizioni e seppero fronteggiare validamente i papi, che li accusarono di eresia, cioè di violare la dottrina della Chiesa cattolica. Nell'età moderna, quindi, la Chiesa non fu più una sola e tante zone d'Europa si sottrassero all'autorità del papa e dei vescovi cattolici. Non solo, per quasi cento anni, quello della religione fu il pretesto per ogni guerra.
Importanti ecclesiastici, cardinali e vescovi, sulla spinta dello scisma protestante, chiesero con più forza al papa di intervenire per moralizzare la Chiesa cattolica. Intorno alla metà del 16° secolo fu convocata un'assemblea, conosciuta come Concilio di Trento, durante la quale i vari problemi furono discussi per quasi vent'anni. Le decisioni prese furono molto importanti per la Chiesa cattolica: gli abusi più gravi furono puniti ed eliminati e si cercò così di portare ordine al suo interno.
Per combattere l'eresia religiosa nacque l'Inquisizione, una sorta di tribunale ecclesiastico che per estorcere confessioni ricorreva anche alla tortura. Chi era accusato di essere eretico veniva processato e spesso ucciso. Anche le nuove Chiese protestanti perseguitarono quelli che ai loro occhi apparivano eretici. Fu in questo periodo che raggiunse il suo apice la cosiddetta caccia alle streghe.
Donne e uomini. E in quest'ultimo caso si parlava di stregoni. Si dedicavano alla magia, e spesso avevano vaste conoscenze di medicina pratica, legata a erbe con proprietà curative. Erano personaggi 'controcorrente', che si ribellavano all'autorità, che non aderivano alla religione della Chiesa cattolica o protestante e si dedicavano a riti in cui invocavano l'aiuto del diavolo. La Chiesa e alcuni Stati europei tra 13° e 17° secolo li perseguitarono condannandoli al rogo. Ma sul rogo ci finirono anche molti poveracci, magari persone che non avevano una vita 'normale', una famiglia, una casa, un'occupazione, pur non essendo né streghe né stregoni.
Nell'età moderna, grazie soprattutto a mercanti e banchieri, il piccolo mercato cittadino si trasforma: il luogo dove si vendevano i prodotti della campagna circostante o ciò che veniva realizzato dagli artigiani locali diventa ora un grande mercato che via via nei secoli si allarga a gran parte del mondo. La grande ricchezza che si viene a creare è la base per la Rivoluzione industriale.
Il contadino che vende in città i frutti della sua terra o l'artigiano che vende agli altri i suoi prodotti sono i protagonisti dell'economia del piccolo mercato. Cercano di guadagnare quanto serve per vivere e promuovono piccoli scambi di merci e monete.
Già nel Medioevo esisteva però un livello superiore di mercato. A intervalli regolari si organizzavano grandi fiere, alle quali partecipavano i maggiori mercanti. C'erano poi traffici commerciali regolari con l'Oriente, di cui Venezia era protagonista: si importavano soprattutto spezie, tessuti e generi di lusso. Per favorire questi commerci si inventarono le assicurazioni, le 'lettere di cambio' (antenate degli assegni bancari) e si perfezionò l'attività delle banche.
Tutto questo, unito al più intenso sfruttamento delle campagne (soprattutto in Inghilterra), nell'età moderna finisce per mettere a disposizione degli imprenditori economici ingenti ricchezze. I capitali accumulati vengono subito reinvestiti per incrementare nuova produzione e nuovi commerci e in alcune aree d'Europa questo fatto provoca un profondo cambiamento dell'economia. Disporre di capitali finanziari e saperli investire in attività produttive diventa la vera chiave della fortuna economica.
Artigiani, commercianti, avvocati, medici, banchieri e notai diventano sempre più importanti. La vecchia nobiltà cerca di resistere ai cambiamenti: i nobili non vogliono pagare le tasse, non vogliono essere giudicati dagli stessi tribunali che giudicano tutti gli altri. Ma di fronte all'avanzata della nuova classe sociale, chiamata borghesia perché vive e lavora nei borghi cittadini, resta poco da fare. Grazie anche al denaro che arriva in Europa dalle colonie spagnole in America, alcuni banchieri prestano soldi alle grandi monarchie e arrivano a influire sulle scelte politiche. Importantissimi diventano i banchieri genovesi.
In questo periodo le città crescono d'importanza: Londra, Parigi, Napoli sono tra le più popolate d'Europa. Si abbandonano le campagne per cercare occasioni di ricchezza o anche solo per la possibilità offerta dalle città di vivere di espedienti. Le persone che vivono nei centri urbani, vicino ai centri del potere, acquistano sempre più rilievo. Nascono i servizi di assistenza ai bisognosi e i prezzi dei generi alimentari più importanti sono tenuti bassi dallo Stato, anche per evitare proteste e rivolte.
Se nel Medioevo la crescita complessiva della popolazione è stata alterna, soprattutto a causa di epidemie, nell'età moderna la popolazione inizia invece a crescere costantemente, senza interruzioni. Si vive relativamente meglio, gli uomini hanno maggiori aspettative nei confronti della vita. La crescita della popolazione è più forte lì dove è più grande la crescita economica. Nel 18° secolo la Francia e l'Inghilterra sono più ricche e popolate della Spagna e dell'Italia; anche l'Olanda cresce moltissimo.
Resta però ovunque alta la mortalità infantile: le donne vivono in media trentaquattro anni (oggi in Italia le donne vivono in media più di ottanta anni), gli uomini ancora meno a lungo, e arrivano in media solo a ventotto anni: questo vuol dire che solo pochi giungono alla vecchiaia.
Già alla fine del Medioevo, dopo secoli di guerre, in diverse parti d'Europa si affermano sovrani forti, che riescono a controllare i territori meglio di prima e che danno inizio a dinastie stabili. Questi sovrani cercano di concentrare su di sé ogni potere. Nasce così lo Stato assoluto.
Le monarchie che si affermano in Francia, Inghilterra e Spagna nascono dalla guerra. I re francesi scacciano gli Inglesi dal continente; in Inghilterra si impone la dinastia dei Tudor che sconfigge i casati concorrenti. In Spagna il potere si concentra grazie all'unione dei due Regni di Castiglia e d'Aragona (consolidata dal matrimonio tra Isabella e Ferdinando) e la monarchia si rafforza con la vittoria sugli Arabi, che sono cacciati definitivamente dalla penisola iberica dopo una permanenza di più secoli. Le monarchie iniziano però a combattersi tra loro per la conquista di territori e per l'egemonia in Europa. Questi nuovi Stati sono di fatto proprietà privata del re e della sua dinastia e possono essere del tutto o in parte ceduti per eredità. Spesso le guerre scoppiano proprio per impedire che, dopo un matrimonio tra casati diversi, alcune regioni cambino sovrano. Queste guerre tra potenze europee hanno caratterizzato per secoli la storia del nostro continente, addirittura fino alla conclusione della Seconda guerra mondiale nel 1945.
La Germania invece è frammentata in tanti piccoli Stati che si governano da sé, ma che riconoscono il potere di un imperatore, nominato dai più importanti principi tedeschi. Agli inizi del 16° secolo sale al trono imperiale Carlo V d'Asburgo, che eredita anche la sovranità sull'Olanda e sulla Spagna, e quindi sulle colonie spagnole in America. Il regno di Carlo V è uno dei più grandi mai esistiti, tanto da giustificare il suo detto: "Sul mio impero non tramonta mai il sole". L'impero di Carlo V arriva anche in Italia, conquistata poco prima dalla Spagna. Gli appartengono tutto il meridione italiano e la Lombardia, e la sua forte influenza si estende anche su altri centri di potere: la Repubblica di Genova e il Granducato toscano dei Medici. Più autonomo rimane il Ducato dei Savoia che per un certo tempo ondeggerà tra la Francia e la Spagna alla ricerca di vantaggi.
I sovrani hanno la necessità di controllare il loro territorio, di farsi obbedire e rispettare, e di far pagare le tasse indispensabili per finanziare le loro guerre di conquista. Per centralizzare la gestione del potere viene creata una forte burocrazia, ovvero un complesso sistema di amministrazione di tutto lo Stato, e ha un grande sviluppo la diplomazia, attraverso la quale si stabiliscono rapporti ufficiali e costanti tra i diversi Stati. Questo concentrarsi del potere irrita molte forze, e tra queste soprattutto le antiche e potenti famiglie aristocratiche, che si oppongono al progetto delle monarchie assolute.
Per sostenere le pretese dei re nasce addirittura l'idea che il potere è dato ai sovrani direttamente da Dio e che perciò il potere monarchico sarebbe superiore a ogni altro e non soggetto ad alcuna legge. Il re Luigi XIV, che regnò in Francia nella seconda metà del 17° secolo, fu il più grande dei sovrani assoluti. Egli amava dire: "Lo Stato sono io".
Le nuove regge ospitano la corte, dove si vive con grandissimo lusso. Qui i re chiamano gli aristocratici che vogliono premiare o che intendono tenere sotto controllo, ma anche uomini di cultura, di scienza, artisti attivi in ogni campo. I cortigiani vivono la vicinanza del sovrano come un privilegio e un onore e gli sono obbedienti per paura di perderne il favore. Le corti spesso si trovano fuori della città capitale, sempre più popolata, perché può essere molto pericoloso per la sicurezza del sovrano vivere a stretto contatto con le masse di poveri e disperati che bivaccano nelle città. Così avviene in Spagna, con El Escorial, a poca distanza da Madrid, così in Francia con Versailles, poco lontana da Parigi.
L'Europa dell'età moderna vive in mezzo alle guerre. Gli Stati cristiani combattono tra loro e contro le forze musulmane: Arabi in Spagna e Turchi nel Mar Mediterraneo e nell'Europa orientale. Le esigenze della guerra, l'invenzione di nuove armi, l'organizzazione di nuovi tipi di esercito hanno anche un impatto sulla politica e sulla società.
Nel secolo 15° le armi da fuoco conquistano un ruolo fondamentale per la guerra, sostituendosi lentamente alle cosiddette armi bianche, cioè spade e lance. Pistole e fucili diventano via via sempre più pratici e precisi. Il fusto dei cannoni viene realizzato fondendo un unico pezzo metallico, evitando la saldatura delle varie parti che è causa di rotture ed esplosioni. Montati su ruote, i cannoni sono facilmente trasportabili e diventano importantissimi nelle guerre. Anche le navi vengono dotate di cannoni. L'utilizzo di artiglieria pesante muta l'aspetto delle mura di difesa delle città, che vengono adattate alle nuove esigenze. Le mura medievali avevano uno spessore modesto ed erano particolarmente alte, così da impedire agli eventuali assalitori di valicarle. Nell'età moderna, invece, le mura sono più basse ma sono rinforzate da cumuli di terra (terrapieni) per evitare che siano abbattute dai cannoni.
I nuovi armamenti riducono l'importanza della cavalleria, tradizionalmente formata per la maggior parte da aristocratici i quali, se in passato potevano pagarsi da soli l'armamento necessario (spade e pugnali, mazze ferrate, lance, archi, balestre), oggi hanno difficoltà ad affrontare il costo ben più grande delle nuove armi. La nobiltà europea accusa il colpo e perde una parte del suo potere.
Gli eserciti sono ora formati soprattutto da fanterie, a loro volta composte di mercenari, soldati che si mettevano al servizio di chi li pagava di più, senza avere alcun ideale per cui combattere. L'imperatore Carlo V, in guerra col papa, nel 1527 conquista e devasta la città di Roma con truppe formate in buona parte da lanzichenecchi: mercenari tedeschi, di religione protestante, che provarono un gusto particolare nel depredare la capitale del cattolicesimo. L'avvenimento è conosciuto col nome di sacco di Roma.
I mercenari ricevono una paga, ma vivono anche delle ruberie che compiono nei territori attraversati dall'esercito. Accanto ai mercenari cominciano a combattere i primi eserciti permanenti formati da soldati regolarmente stipendiati e fedeli al loro re.
Lo scontro con la potenza turca accompagna la storia dell'Europa cristiana. Dopo una serie di sconfitte in mare, nel 1571 le forze cattoliche sbaragliano la flotta turca a Lepanto, nell'attuale Grecia. L'Europa cattolica è di nuovo seriamente minacciata alla fine del 17° secolo: la grande offensiva turca arriva fin sotto le mura di Vienna e di Budapest ma lì viene respinta dopo un lungo assedio.
Il conflitto con i Turchi si intreccia con le lotte tra gli Stati europei: così il re di Francia Luigi XIV, per indebolire l'imperatore tedesco e il papa, appoggia i Turchi nel loro scontro con le altre potenze europee.
La guerra per mare non è solo condotta per mezzo di flotte ufficiali, con navi sui cui pennoni sventolano bandiere regolari. Attivissimi sono i pirati: crudeli saccheggiatori, che agiscono senza regole al solo scopo di arricchirsi. Approfittando degli intensi commerci via mare realizzati con grandi navi che trasportano ricchezze di ogni tipo, i navigli leggeri dei pirati le assaltano di sorpresa, depredandole.
I corsari sono invece pirati che si mettono al servizio di uno Stato per saccheggiare e assaltare le flotte di Stati rivali. Sono insomma un altro tipo di soldati, non semplici ladri. O, meglio, sono l'uno e l'altro. Oltre che nel Mediterraneo, i corsari sono attivi nel Mar delle Antille. Famosi sono Francis Drake e Henry Morgan, autorizzati dagli Inglesi ad assaltare i navigli spagnoli e francesi.
Nel 18° secolo un grande movimento di filosofi, scienziati, intellettuali pone la ragione umana alla base di ogni conoscenza. Nasce l'Illuminismo, cioè 'la cultura dei lumi', che vuole rinnovare in modo deciso tutti i campi del sapere: da quello filosofico e scientifico a quello sociale e politico.
Il 18° secolo è un secolo di svolta, in cui l'uomo diventa più consapevole delle proprie capacità intellettuali e mette la ragione alla base di tutte le conoscenze. Le lotte religiose tra cattolici e protestanti non sono servite a risolvere nessuna questione religiosa e hanno lasciato solo una scia di rovine; ma, nel frattempo, le conoscenze si sono molto accresciute in tutti i campi. Molto dipende dal progresso della scienza, impersonato da grandi scienziati, come Isaac Newton, che scopre una legge valida universalmente: la legge di gravità (v. gravitazione), ossia la forza di attrazione tra i corpi. L'attività scientifica diventa sempre più autonoma dalla morale e dalla religione. Da tutto questo prende corpo l'Illuminismo.
L'Illuminismo, nato in Inghilterra e sviluppatosi in Francia nel secolo 18°, è un movimento culturale basato sulla fiducia nella ragione umana, che deve illuminare il cammino degli uomini liberandoli dall'ignoranza. Da qui il suo nome. Solo con la la ragione si possono risolvere i problemi sociali e politici dell'umanità. La fede religiosa, quindi, non deve condizionare il pensiero. L'Illuminismo è rappresentato da grandi filosofi francesi: Voltaire, Montesquieu, Diderot, D'Alembert, Rousseau.
Questi filosofi danno vita all'Enciclopedia: un grandioso progetto che vuole raccogliere tutte le conoscenze disponibili in modo rigoroso e ordinato. L'Enciclopedia ha costituito un centro di idee rivoluzionarie contro l'assolutismo monarchico, il feudalesimo, la Chiesa, e ha contribuito a creare quelle idee di cambiamento sociale che sono esplose con la Rivoluzione francese alla fine del secolo.
Dalla Francia, le idee dell'Illuminismo si diffondono in molte parti d'Europa. In Italia nel 1764 lo studioso Cesare Beccaria scrive un libro contro la pena di morte, Dei delitti e delle pene. Con Beccaria nasce l'idea che la pena di morte è inutile perché non scoraggia gli uomini a compiere altri crimini e costituisce solo un'inaccettabile forma di vendetta. Il Granducato di Toscana è il primo Stato al mondo ad abolire la pena di morte.
Gli illuministi contestano l'ideologia della monarchia assoluta, sostenendo che il potere dei re non proviene da Dio ma dalla comunità di uomini che riconosce al sovrano il diritto di governare. Compito del potere politico, affermano gli illuministi, è quello di costruire un ordine che garantisca la crescita degli individui e della società. Alcuni sostengono che lo scopo della politica è quello di assicurare la pubblica felicità. Sulla formidabile spinta di queste nuove idee molti sovrani, per ragione o per forza, riformano i loro regni. Rivedono e semplificano le leggi, intervengono in ogni campo: sanità, istruzione, economia. Ristrutturano il sistema fiscale cercando di far pagare le tasse a tutti in modo più giusto. Gli Asburgo, imperatori d'Austria, vogliono anche liberare lo Stato dall'influenza opprimente della Chiesa. L'imperatore Giuseppe II cerca addirittura di trasformare il clero in un corpo di funzionari dello Stato.
La monarchia assoluta inglese entra in crisi nel corso del 17° secolo, quella francese nel 18° secolo. I contrasti si trasformano in rivoluzione e in entrambi i casi il sovrano viene decapitato. La conclusione di queste due crisi è però diversa. In Inghilterra la monarchia assoluta si trasforma in monarchia costituzionale. In Francia prima si impone la Repubblica, poi si afferma Napoleone, che assume il titolo di imperatore.
Il sistema politico inglese prevedeva fin dal Medioevo che i re fossero affiancati dal Parlamento. Questo si riuniva periodicamente per valutare e approvare le scelte del sovrano, soprattutto in materia di tasse. Però nel 17° secolo, nell'epoca delle monarchie assolute, i re cercano di imporre le proprie scelte senza ascoltare nessuno. Si arriva allo scontro militare, che finisce con la sconfitta del re, Carlo I, il quale viene decapitato nel 1649. Dopo un periodo repubblicano sotto la guida di Oliver Cromwell, ritorna la monarchia, ma il periodo rivoluzionario ha lasciato il segno: alla monarchia assoluta si sostituisce in Inghilterra la monarchia costituzionale. Il re diventa anzitutto un garante delle leggi, alle quali deve obbedire anche lui. Nasce in quel tempo il modello della moderna democrazia.
Alla fine del 18° secolo la Francia è uno Stato malato. La situazione economica è pessima, la borghesia vuole avere più spazio, ma l'aristocrazia non è disposta a cedere nessun privilegio. Il re, Luigi XVI, è debole e isolato e non riesce a fare nulla. Per trovare una soluzione di compromesso convoca l'assemblea degli Stati generali, formata dai rappresentanti del clero, della nobiltà e della borghesia, ma è ormai troppo tardi. Le forze borghesi, il cosiddetto Terzo Stato, si proclamano unici rappresentanti della Francia e il popolo di Parigi, il 14 luglio 1789, insorge. Il nuovo Parlamento abolisce i privilegi dei nobili e del clero e approva una Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, in cui si affermano i principi fondamentali della rivoluzione: libertà, uguaglianza, fraternità. Il re tenta di fuggire, ma è riportato a Parigi e imprigionato.
Nell'agosto del 1792 truppe coalizzate delle monarchie assolute europee invadono la Francia per riportarla all'ordine. Il re è accusato di averle chiamate e viene per questo ghigliottinato. Viene proclamata la repubblica. A Parigi prendono intanto il potere i giacobini, i più radicali tra i rivoluzionari, guidati da Robespierre. Incomincia il periodo detto del Terrore: chiunque è sospettato di essere nemico della Rivoluzione viene mandato alla ghigliottina. Ma la Francia è ormai stanca di sangue. I giacobini vengono spodestati dai termidoriani, rivoluzionari 'moderati', e lo stesso Robespierre finisce sulla ghigliottina.
Tra i generali che guidano l'esercito contro le potenze europee che vogliono restaurare la monarchia in Francia, si distingue il giovane Napoleone Bonaparte. Egli vince la guerra in Italia e si spinge anche in Africa, dove conquista l'Egitto. Le sue conquiste lo portano a proclamare l'impero e ad assumere egli stesso il titolo di imperatore di Francia. Napoleone batte più volte gli Austriaci, i Prussiani, conquista la Spagna, ma non riesce a sconfiggere gli Inglesi e soprattutto fallisce nell'impresa più ardita, la conquista della Russia. La fortuna di Napoleone comincia a declinare: costretto a ritirarsi nell'isola d'Elba, evade e riesce a riprendere il potere, ma viene definitivamente sconfitto a Waterloo, in Belgio, nel 1815 da Prussiani, Inglesi e Austriaci alleati tra loro. Questa volta viene esiliato molto più lontano, nell'isola di Sant'Elena, nell'Oceano Atlantico, al largo delle coste africane, dove muore nel 1821.
Dal 18° secolo in Inghilterra avviene una grande e veloce trasformazione delle industrie e di tutta la produzione di merci: macchine veloci e precise prendono il posto del lavoro manuale. Sotto la spinta di una nuova classe di imprenditori le fabbriche si ingrandiscono e grandi masse di persone vi affluiscono per lavorare. Il mondo si avvia a cambiare radicalmente
Gli imprenditori inglesi rinnovano profondamente il sistema produttivo. Si servono di nuove macchine fatte funzionare con il vapore, il cui uso si va perfezionando nel corso del 18° secolo. Si riorganizza anche il lavoro umano, suddividendo compiti e mansioni: è la divisione del lavoro. Mentre nel vecchio sistema l'artigiano realizzava ogni singolo pezzo dall'inizio alla fine, ora ciascu-no si specializza nel realizzare una sola parte di un manufatto: poi i singoli pezzi vengono montati insieme a formare il prodotto finito. All'inizio il lavoro è svolto nelle case, poi viene concentrato nelle fabbriche: gli artigiani diventano operai.
Un grande economista inglese vissuto nel secolo 18°, Adam Smith, descrive gli effetti positivi della divisione del lavoro prendendo come esempio la produzione di uno spillo. Un artigiano, facendo tutto da solo, impiegherebbe un anno a realizzare un solo spillo. Quello spillo dovrebbe dunque costare quanto il mantenimento di un uomo per un anno. Col nuovo sistema produttivo, invece, l'imprenditore distribuisce i compiti a diversi lavoratori: chi raddrizza il filo metallico, chi lo taglia, chi lo appuntisce da un lato e chi dall'altro lo schiaccia, chi prepara le capocchie, chi riunisce gli spilli prodotti e chi li incarta. Il risultato è che tutte queste persone riescono a produrre in un solo giorno migliaia di spilli. Il costo di ogni spillo sarà dunque molto più basso.
La nuova organizzazione del lavoro, oltre a produrre grande ricchezza, che a sua volta serve per aprire nuove fabbriche o per ingrandire quelle già esistenti, causa però un terribile sfruttamento dei lavoratori. Vecchi, donne e bambini lavorano senza controlli e senza diritti nelle fabbriche e nelle miniere. Solo nel 1802 in Inghilterra si proibisce per legge di lavorare oltre quindici ore al giorno. Si formano le organizzazioni sindacali, con lo scopo di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e di tutelarne i diritti.
Le città attirano sempre nuovi lavoratori dalle campagne e cambiano radicalmente aspetto. Nascono le aree industriali e i nuovi quartieri destinati a ospitare gli operai. Si sviluppano le periferie e così le città si espandono ancora di più.
Gli operai formano una nuova classe sociale, definita col termine di proletariato, sempre più decisa nell'affermare i propri diritti. A un livello economicamente più elevato si impone definitivamente la classe borghese, da cui provengono gli imprenditori, motore dello sviluppo economico. Lo stile di vita della borghesia è davvero diverso da quello degli aristocratici. Il borghese vuole raggiungere la propria affermazione nella società tramite il lavoro, investe il denaro nella produzione ed evita di disperderlo nell'acquisto di beni inutili o di proprietà improduttive. Pretende però di godere degli stessi diritti dell'aristocrazia, alla quale gradualmente si sostituisce come classe sociale dominante.
Gli investimenti nella produzione portano allo sviluppo di nuove tecnologie. L'invenzione che forse riassume in sé tutte le altre è quella del treno a vapore: utile a trasportare uomini e merci e destinato anche a modificare profondamente il paesaggio; perfino le campagne, attraversate dai binari, mostrano il segno della modernità e dello sviluppo.
Ma le invenzioni più sorprendenti risalgono soprattutto al 19° secolo: l'energia elettrica, il telefono, la fotografia e il cinema, il fonografo, che è l'antenato del lettore di CD.
Tra la fine del 15° e gli inizi del 16° secolo, Spagnoli e Portoghesi impiantano alcune colonie nel continente americano. Si aggiungeranno poi Inglesi e Francesi. Nel 17° secolo Olandesi e Inglesi fonderanno colonie in Oriente, mentre nel 19° secolo sarà l'Africa a stimolare i desideri di conquista degli Europei. Per le popolazioni locali i vantaggi saranno pochi. In America, la ribellione dei coloni porta alla nascita degli Stati Uniti d'America.
Cristoforo Colombo prende possesso dei territori americani nel 1492 per conto della regina Isabella di Castiglia. Dopo di lui arrivano soprattutto avventurieri, e solo dopo dieci anni dal primo sbarco si riesce a organizzare la presenza dello Stato.
La conquista dell'America Centrale e Meridionale è opera dei conquistadores guidati da Hernán Cortés, che agisce con il suo esercito quasi autonomamente dal sovrano di Spagna. La conquista del regno degli Aztechi in Messico, di quello dei Maya tra Guatemala e Yucatán e di quello degli Inca tra Ecuador e Cile è particolarmente spietata e cruenta. Le guerre, lo sfruttamento del lavoro degli Indios e, soprattutto, le epidemie per loro spesso fatali decimano la popolazione indigena. Agli inizi del 16° secolo vivevano nell'America Centrale e Meridionale tra gli ottanta e i cento milioni di Indios. Alla fine del secolo se ne contavano non più di dodici milioni.
Dalle colonie spagnole in America giungono in Europa enormi quantità di argento, e con esso animali e piante fino allora sconosciuti: mais, pomodori, cacao, patate, fagioli, tacchini, ananas, tabacco. In America invece arrivano dall'Europa il cavallo, il caffè, la canna da zucchero, il cotone, e vengono impiantate grandi coltivazioni di cotone, caffè, tabacco e canna da zucchero. Per la mano d'opera si fa ricorso a schiavi (v. schiavitù) portati dall'Africa.
I Portoghesi colonizzano molti territori già sotto il loro controllo commerciale in Africa, in America e in Asia. Francesi e Inglesi per tutto il 17° e ancora nel 18° secolo si scontrano per il controllo dell'America Settentrionale. In Asia gli Inglesi estendono il loro dominio sull'India, mentre gli attivissimi Olandesi colonizzano l'Indonesia con basi anche nell'America Meridionale. La flotta dell'Olanda era la più grande del mondo: solo mettendo insieme tutte le flotte delle altre potenze europee si sarebbe potuto raggiungere lo stesso numero di navi!
Le colonie sono sfruttate economicamente. Gli abitanti di quei territori, infatti, non godono degli stessi diritti degli abitanti del paese che li ha conquistati e sono sottoposti a forti vincoli e limitazioni della libertà. Possono acquistare e vendere merci solo nei modi stabiliti dalla potenza dominante. Ma le colonie subiscono anche gli effetti della lotta politica e militare tra le potenze europee. Ormai non c'è più guerra sul continente che non faccia sentire le sue conseguenze sui territori d'oltremare, ossia sulle colonie. Queste forme di intervento europeo nel mondo sono anche definite col termine imperialismo.
Il rapporto dell'Inghilterra con le sue colonie nordamericane si guasta senza rimedio nella seconda metà del 18° secolo. Gli Inglesi vogliono imporre il pagamento di forti tasse e obbligano i coloni ad acquistare solo le loro merci. I coloni vogliono essere trattati come gli abitanti della madrepatria e avere rappresentanti nel Parlamento di Londra. Lo scontro si trasforma in guerra. Aiutati dai Francesi, i coloni hanno la meglio e diventano una nuova nazione: gli Stati Uniti d'America. La nuova nazione è formata da più Stati federati tra loro: ogni Stato è autonomo dal punto di vista governativo, amministrativo e legislativo, ma da tutti viene riconosciuto un potere politico centrale regolato da una Costituzione, ancora oggi in vigore.
Le colonie spagnole e portoghesi nell'America Centrale e Meridionale riescono invece a sottrarsi al controllo europeo solo nel corso del 19° secolo.
Nell'Ottocento i principi fondamentali della Rivoluzione francese si sono ormai affermati ovunque. Anche chi si è opposto alla Rivoluzione alla fine ne condivide i principi: libertà, uguaglianza, fraternità. Così come in Francia, in più luoghi d'Europa i sudditi cominciano a rivendicare i propri diritti. I sovrani sono costretti a emanare le Costituzioni.
Per secoli i sovrani hanno considerato gli Stati come proprio patrimonio personale. Sotto il dominio assoluto dello stesso re vivevano assieme popolazioni di cultura, lingua, religioni diverse, che non avevano nulla in comune se non il sovrano. L'Impero asburgico è nel 19° secolo lo Stato multietnico per eccellenza: Tedeschi, Italiani, Slavi, Ungheresi si trovano a convivere sotto lo stesso imperatore. Anche l'Impero ottomano, che riunisce popolazioni musulmane e cristiane, ha questo carattere.
La Rivoluzione francese, ma anche l'opposizione dei popoli alla politica di conquista militare di Napoleone, creano un nuovo sentimento patriottico di condivisione di valori comuni: lingua, cultura, interessi. Lo Stato diventa nazione, patria comune di tutti gli individui che si riconoscono in una comunità, che sono disposti a difenderla, al cui destino vogliono partecipare in modo attivo.
Questo nuovo clima rende insopportabile essere sottoposti a un dominio straniero. Le popolazioni si ribellano agli imperi e lottano per conquistare l'indipendenza. Questo avviene in America Meridionale, in Europa, nell'Impero asburgico e in quello ottomano. In questa situazione storica anche l'Italia combatte per la propria indipendenza e unità nazionale e nel 1861 nasce il Regno d'Italia, che nel 1870 trova la sua capitale nella città simbolo di Roma. Il papa, che ha regnato fino a quel momento sulla città, è costretto a rifugiarsi nella Città del Vaticano. La nostra bandiera verde, bianca e rossa si ispira al tricolore francese, ma successivamente saranno invece molti i paesi che copieranno proprio la bandiera italiana, utilizzando colori simili, per celebrare la loro unità e indipendenza.
Il desiderio di cambiamento si esprime anzitutto nella ricerca di un diverso rapporto con il potere. Si chiede ora ai sovrani di limitare la propria autorità e di riconoscere i diritti della popolazione, accordando una Costituzione. Man mano tutti gli Stati si dotano di una Costituzione, prendendo a esempio la Costituzione scritta degli Stati Uniti, le leggi inglesi (l'Inghilterra non ha mai avuto una costituzione scritta) e i principi ispiratori della Dichiarazione dei diritti dell'uomo nata dalla Rivoluzione francese. La Costituzione deve indicare con la maggiore precisione possibile quali sono i poteri dei sovrani e quali sono i diritti dei cittadini. Molto spesso i sovrani concedono la Costituzione solo in seguito a sollevazioni sanguinose.
Il sentimento di appartenenza e di condivisione, che è proprio dello Stato nazione, si tramuta, quando assume forme estreme, in nazionalismo radicale. Alla sua base c'è la rivendicazione da parte di un solo popolo di presunte qualità superiori e del conseguente diritto di dominare sugli altri. Da ciò deriva una politica nazionale aggressiva, con guerre di conquista che infiammano la prima metà del 20° secolo, fino all'esplosione delle due guerre mondiali (v. Prima e Seconda guerra mondiale).
"Quindici uomini sulla cassa del morto
Ooh-ooh-ooh e una bottiglia di rum!
Il bere e il diavolo avevano fatto il resto
Ooh-ooh-ooh… e una bottiglia di rum!".
Ad alcuni sfortunati viaggiatori è capitato di udire, in mezzo al mare, questo orribile canto gridato da voci cavernose e stonate. Chi sente quelle urla deve fuggire a vele spiegate, perché senza ombra di dubbio nei paraggi c'è un vascello zeppo di pirati. I pirati non hanno paura di nessuno e non vedono l'ora di saccheggiare ogni tranquilla nave di passaggio. Appena avvistano una barca dall'aspetto lussuoso, issano il Jolly Roger, la terribile bandiera nera col teschio, e partono all'assalto. Durante gli arrembaggi si combattono duelli molto violenti, e alcuni pirati ne escono sfigurati e pieni di cicatrici.
Il famoso Long John Silver ha addirittura perso una gamba dopo essere stato colpito da una palla di cannone.
"La sua gamba sinistra era tagliata sino all'anca e sotto la spalla sinistra portava una gruccia, che maneggiava con grande destrezza, saltellando come un uccellino".
Nessuno però ha mai sentito Long John Silver lamentarsi per la sua gamba mancante, perché per ogni vero pirata l'unica cosa importante è non perdere la libertà.
È proprio per essere libero che Long John Silver ha scelto la tormentata vita di mare. Lui non è certo uno che ama vestirsi tutto in ghingheri come un signorino o fare la riverenza alle dame. Preferisce viaggiare con il suo pappagallo colorato sulla spalla e guardare da lontano la noiosa vita delle persone normali.
C'è anche chi, invece, sarebbe ben felice di vivere in tranquillità senza troppi batticuori. Simone Loraine è una ragazza serena e pacata che abita a Parigi con i suoi genitori, e passerebbe i suoi giorni tranquilla a vendere fiori nella sua piccola bottega. In città però ci sono molti nobiluomini che sono ricchissimi e non vogliono lavorare. Pretendono di andare solo ai balli di corte e di fare gite in carrozza senza sborsare un quattrino, perché tanto il popolo lavora per loro. Se un povero prova a gridare che non è giusto, il re e i nobili si mettono a ridere, e lo obbligano a pagare ancora più tasse. Stanca di questi soprusi, Simone decide che bisogna combattere le ingiustizie: si cuce uno splendido vestito blu col mantello, mette una maschera rossa e impugna la spada.
Da quel giorno Simone diventa 'la Stella della Senna', la paladina dei poveri. I nobili parigini hanno una paura matta, perché ora il popolo ha il coraggio per farsi giustizia. Finché, un mattino, "alla Bastiglia la gran folla si scaglia, è la vigilia di una nuova battaglia. Lungo la Senna s'arrende il bastione, il Re tentenna, c'è la rivoluzione!".
Chi pensa che dopo la Rivoluzione tutti gli uomini siano andati d'accordo, però, si sbaglia. Alcuni furboni continuano per anni a commettere ingiustizie e a maltrattare i più deboli. A un bambino di nome Gavroche capita addirittura di essere buttato fuori di casa dai genitori. È vero che sono tipi poco raccomandabili, ma sono così poveri che non sanno nemmeno cosa dargli da mangiare!
Quando Gavroche vede che in città passeggiano tante persone ricchissime, è preso dalla collera. Perché esistono i ricchi e i poveri? A quel punto si trasforma in una vera furia, con l'idea di cambiare il mondo. Un giorno ha persino sfidato alcuni soldati, e mentre quelli prendevano la mira ha rubato loro tutte le cartucce saltando come una scimmia. Se in strada sentite qualcuno che canta a squarciagola e fa sberleffi a chiunque, ora sapete chi è.
Anche nella lontana California c'è un coraggioso ribelle che fa diventare pazzi i prepotenti. È Zorro, grande spadaccino, che si trova a combattere contro i nobili arroganti per il bene del suo popolo. Molte persone sono poverissime, eppure quei ricchi mascalzoni le obbligano con la forza a pagare altre tasse.
Zorro non sopporta di veder maltrattare gli indifesi: così decide di punire i governanti corrotti. Ogni volta che viene a sapere che uno di loro sta esagerando, Zorro si veste di nero, con un mantello, una maschera e un largo cappello per non farsi riconoscere, e parte all'attacco.
Scuro come la notte, si presenta di fronte ai prepotenti, che rimangono terrorizzati. Qualcuno cerca di buttarsi dal balcone per fuggire, qualcuno si mette a piangere come un agnellino e implora pietà. Ma Zorro sfodera la spada e, con una velocità fulminea, incide una bella Z sui loro preziosi vestiti e li lascia in mutande. Chi ha conosciuto la sua formidabile arma ci pensa due volte prima di commettere altre ingiustizie.
Non troppo lontano da dove lotta Zorro, nell'America Settentrionale altri uomini sono in grande pericolo. Sono gli Indiani Dakota che, in perfetta armonia con la natura, vivono in splendide tende chiamate tepee. Un brutto giorno un esercito di sconosciuti armati di fucili e pistole arriva nelle loro terre con l'intenzione di cacciare le popolazioni indiane dai loro territori.
L'esercito distrugge il loro villaggio e non lascia in piedi neppure una tenda! Nel villaggio c'è anche una bambina di nome Minnehaha, che si arrabbia tantissimo. Minnehaha vuole dimostrare che il suo popolo è valoroso e non accetta ingiustizie. Chi la vede è colpito dai suoi occhi rossi di rabbia. Però gli invasori sono numerosi e possiedono molti fucili, mentre lei è armata solo di tanto coraggio.
Ma a volte il coraggio può bastare per mettere nei guai anche nemici più forti. Quando Minnehaha viene catturata, infatti, non si perde d'animo. Uomini grandi e grossi la circondano e la legano per costringerla a rivelare i piani segreti di guerra, ma lei rimane a bocca chiusa e non pronuncia nemmeno una parola. I nemici non riescono a credere ai loro occhi. Iniziano a urlare come forsennati: "Questa piccina è un vero demonio!", forse perché immaginano già che diventerà una terribile guerriera. Ma non sanno che il coraggio di Minnehaha ha rincuorato la sua tribù, e ora sono guai. Gli Indiani si pitturano il viso e il corpo, si mettono strani copricapi fatti di penne di uccello e ballano la danza di guerra: ha inizio la ribellione.
Anche a molti chilometri di distanza, dall'altra parte della Terra, c'è qualcuno che vuole impadronirsi di grandi ricchezze e per questo calpesta la vita dei più deboli. Vicino all'India c'è un piccolo reame, e in questo reame il principe Sandokan è molto amato da tutti. Un giorno però il potente esercito inglese, di fronte a quel territorio così bello, dichiara che deve assolutamente essere regalato alla regina d'Inghilterra. Per questo Sandokan viene cacciato e non può più mettere piede in casa sua e aiutare i suoi sudditi. Preso dalla rabbia, il principe decide di vendicarsi. Ora è un terribile pirata che assalta le navi inglesi, sotto lo spaventoso nome di Tigre della Malesia. La sua ira è così grande che sembra impossibile da placare.
Spesso, quando qualcuno è infuriato, ha bisogno di qualcosa di piacevole per calmarsi. È così anche per Sandokan che, se incontra la bellissima Lady Marianna, smette all'istante di essere una tigre e diventa docile come un gattino... Marianna è però la nipote di un grande nemico di Sandokan, Lord Guillonk, uno dei governatori del dominio coloniale inglese dell'India. Ma come è possibile innamorarsi della nipote di un uomo così perfido? Sandokan non può nemmeno torcere un capello al nemico, perché Marianna è comunque affezionata a suo zio. Ma non può nemmeno mostrarsi gentile con lui dopo quello che gli ha fatto! Certo, deve essere molto difficile andare alla riscossa in questa situazione, ma Sandokan non si fermerà. Anzi, appena possibile, riprenderà la lotta, con la dolce Marianna al suo fianco.
Se c'è qualcuno al mondo invece impossibile da addolcire, è il Capitano Nemo.
È un burbero che sembra detestare tutti gli umani, così tanto che ha voluto addirittura dimenticare il suo vero nome: adesso si fa chiamare Nemo, che nell'antica lingua dei Romani vuol dire "nessuno". Per non incontrare più anima viva ha costruito un sottomarino gigantesco, il Nautilus, e vive lì dentro, sotto i mari, dove nessuno lo può fare arrabbiare. "Il mare non appartiene ai tiranni. Alla sua superficie sì, possono ancora esercitarvi i loro diritti iniqui, battersi, divorarsi, trasportarvi tutti gli orrori della terra. Ma, trenta piedi sotto questa superficie, il loro potere cessa… Ah, signore! Vivete, vivete nel grembo del mare! Solo qui troverete l'indipendenza!".
Nemo dice che solo sott'acqua è riuscito a trovare la libertà. Il Capitano conosce tutto del mare e vuole bene anche alle meduse e ai pesci più pericolosi, ma non vuole sentire parlare di uomini. In realtà, Nemo un tempo amava tutte le opere dell'uomo: infatti il Nautilus contiene migliaia di libri e di quadri famosi. Nemo è diventato così cupo dopo aver subito un grosso torto, ma non vuole assolutamente svelare il suo segreto. Nessuno diventa furioso così, all'improvviso. Prova a pensare a quando ci arrabbiamo. C'è sempre un motivo. Magari è successo qualcosa di ingiusto, o qualcuno ci tratta male senza una ragione. È così per tutti, anche per i ribelli più famosi; perché se una persona si ribella vuol proprio dire che c'è qualcosa che non va. (Nicola Galli Laforest)
Henriette Bichonnier, Il mostro peloso, Edizioni EL, Trieste 1985
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Mino Milani, La storia di Tristano e Isotta, Einaudi Ragazzi, Trieste 1992 [Ill.]
Edith Nesbit, I salvatori del Paese, Edizioni C'era una volta…, Pordenone 1992 [Ill.]
Edith Nesbit, L'ultimo dei draghi, in Roald Dahl, Topi sottosopra e altri animali, Bompiani, Milano 1995
John Ronald Reuel Tolkien, Il cacciatore di draghi, ovverosia, Giles l'agricoltore di Ham, Einaudi Ragazzi, Trieste 1993 [Ill.]
John Ronald Reuel Tolkien, Lo Hobbit, Rusconi, Milano 1991
John Ronald Reuel Tolkien, Lo Hobbit o la riconquista del tesoro, Mondadori, Milano 1994 [Ill.]
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