Delitti contro l’amministrazione della giustizia
I delitti contro l’amministrazione della giustizia, disciplinati dal titolo III del libro II del codice penale, si dividono in tre capi: a) delitti contro l’attività giudiziaria, il cui oggetto è il corretto funzionamento della giustizia (art. 361-384 bis: omessa denuncia di reato da parte di un pubblico ufficiale, di un incaricato di pubblico servizio, di un cittadino, omissione di referto, simulazione di reato, calunnia, falso giuramento della parte, false informazioni al pubblico ufficiale, falsa testimonianza, frode processuale, subornazione, favoreggiamento reale e personale, rivelazioni di segreti inerenti a un procedimento penale ecc.); b) delitti contro l’autorità delle decisioni giudiziarie, ovvero lesivi dell’efficacia e dell’esecuzione dei provvedimenti giudiziari (art. 385-391: evasione, mancata esecuzione di un provvedimento del giudice, mancata esecuzione dolosa di sanzioni pecuniarie, procurata inosservanza di pene, ecc.); c) delitti inerenti la tutela arbitraria delle proprie ragioni consistenti, cioè, a violare il monopolio dell’autorità giudiziaria nella risoluzione dei contrasti intersoggettivi di interessi. Di quest’ultimo gruppo sono ancora in vigore soltanto le fattispecie previste dagli artt. 392 e 393 c.p., che disciplinano rispettivamente l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose e l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone. La l. n. 205/1999 ha infatti abrogato, per esempio, le norme sulla sfida a duello e sull’uso delle armi a duello. Dal punto di vista della tecnica legislativa i reati in esame ricalcano il modello dei reati di pericolo in quanto, ai fini della loro consumazione, è sufficiente l’esposizione a pericolo degli interessi tutelati e non l’effettiva verificazione del danno.