Il controllo è la verificazione della regolarità di una funzione. I controlli presentano rilevanza giuridica, quando sono oggetto di una disciplina normativa. Tra questi ve ne sono alcuni di rilievo politico, altri giurisdizionali ed altri propriamente amministrativi.
Il controllo amministrativo è stato anche definito quale combinazione di un giudizio (sulla regolarità della funzione) e di una misura (intesa a ripristinare la regolarità violata). Il fine del controllo è il miglioramento dell’azione amministrativa, anche se gli esiti del controllo possono condurre a vere e proprie ipotesi di responsabilità (ad esempio, di natura dirigenziale) o ad altre forme sanzionatorie (ad esempio, l’annullamento dell’atto oggetto del controllo).
Il controllo esplicita un rapporto tra amministrazioni, che può essere di subordinazione (in quanto espressione di una relazione gerarchica, di direzione o di delega), ma anche di equiordinazione (come nei controlli di ragioneria) o di reciproca indipendenza ed autonomia (come nel caso dei controlli della Corte dei conti).
La generalizzazione della funzione di controllo amministrativo si estende concettualmente a tutta l’attività di amministrazione attiva, in qualche modo – come è stato ritenuto – fino a “doppiarla”.
Nell’ambito dei controlli amministrativi vengono operate alcune distinzioni.
A seconda del momento in cui intervengono, vi sono controlli preventivi e successivi: nei primi l’esito positivo del controllo realizza una integrazione dell’efficacia dell’atto amministrativo rendendolo idoneo a produrre i suoi effetti, mentre i secondi si esplicano dopo che l’atto ha già prodotto i suoi effetti.
A seconda del parametro del controllo, si distinguono controlli di legittimità – i quali apprezzano la conformità ad un paradigma previsto dalla legge - e di merito, i quali invece valutano profili di opportunità.
A seconda della collocazione istituzionale del soggetto titolare della funzione di controllo, si distinguono controlli esterni e controlli interni
La Costituzione ha disciplinato i controlli sugli atti dello Stato (art. 100), delle regioni e degli enti locali (art. 125 e 130 vecchia formulazione).
In particolare, l’art. 100, co. 2 della Costituzione ha previsto alcuni tra i controlli svolti dalla Corte dei Conti: il controllo preventivo di legittimità sugli atti di governo, il controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato e il controllo degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.
La Corte dei conti è titolare anche di altri compiti di controllo – non oggetto di disciplina costituzionale – e di competenze giurisdizionali in materia di responsabilità contabile ed amministrativa.
Alcune riforme intervenute negli anni ’90 del secolo scorso (in particolare, la l. 14 gennaio 1994, n. 20, in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti e il d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286, che ha introdotto i controlli interni) hanno profondamente modificato il sistema dei controlli, rendendolo coerente con le altre numerose riforme amministrative intervenute in quel decennio.
Così, il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti ha significativamente ridotto il proprio ambito applicativo obbligatorio e – di fatto – risulta ormai una modalità recessiva di controllo. Sono stati, peraltro, ampliati i controlli successivi sulla legittimità e regolarità di gestioni ed introdotti controlli interni. Tra questi ultimi il controllo strategico (preordinato alla verifica di congruenza tra gli obiettivi posti dall’organo di indirizzo politico-amministrativo ed i risultati conseguiti dagli organi di gestione), la valutazione dei dirigenti, il controllo di gestione e il controllo di regolarità amministrativo-contabile.
La riforma dei controlli ha inteso valorizzare un approccio collaborativo tra soggetti controllori e amministrazioni controllate, volto a limitare disfunzioni gestionali, sviluppando al contempo una cultura della misurazione dell’azione amministrativa, e una maggiore responsabilizzazione delle amministrazioni rispetto ai rapporti tra costi e risultati della loro azione.
Il nuovo titolo V della Costituzione, introdotto con la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, ha peraltro ridefinito i rapporti tra Stato ed altri enti territoriali, riconoscendo la equiordinazione tra le varie componenti della Repubblica (Comuni, Province, Regioni e Stato). Il nuovo assetto istituzionale, ordinato al principio di sussidiarietà, secondo una prospettiva di paritarietà tra livelli di governo ha così imposto di innovare il relativo sistema di controlli, prima ispirato ad un assetto territoriale gerarchizzato.
Sono stati abrogati - nella vecchia formulazione - gli articoli 125 e 130 Cost. che disciplinavano rispettivamente i controlli esterni sulle regioni e sugli enti locali. Tali controlli – che erano svolti da un organo dello Stato sugli atti regionali, e da un organo della regione nei confronti degli enti locali – potevano, tra l’altro, condurre all’annullamento degli atti.
Anche sulla base di altre normative già intervenute nel corso degli anni ’90 del secolo scorso in quest’ambito viene ora ad essere confermata la sparizione del controllo di merito e abbandonata la logica del controllo generalizzato; sono introdotti anche negli enti locali i controlli interni, e si modifica il panorama istituzionale degli organi titolari delle funzioni di controllo (si pensi ai Co.re.co., ed ora al Difensore civico al Collegio dei revisori).
Approvazione. Diritto amministrativo