cielo e costellazioni
Disegni fra le stelle
Da sempre gli abitanti del nostro pianeta collocano in cielo i propri sogni, le proprie aspirazioni, i propri miti e le proprie leggende. Anticamente gli uomini e le donne cominciarono a collegare le stelle del cielo con linee immaginarie vedendo lassù animali, personaggi mitologici o divini, oggetti o persone che accompagnavano la loro vita. Questo è accaduto in ogni angolo della Terra anche se noi oggi, per tradizione, siamo abituati a identificare in cielo le costellazioni stabilite soprattutto dagli antichi Greci. Molte di esse sono ben visibili a occhio nudo e possiamo ammirarle in una notte senza Luna piena
In una notte priva di Luna e in un luogo senza troppo inquinamento luminoso si riescono a distinguere circa 3.000 stelle senza bisogno di un telescopio. Nel cielo gli uomini identificarono anticamente figure di animali, di persone o di oggetti che noi oggi chiamiamo costellazioni. Chi guarda il cielo dal Polo Nord vede le stelle dell'emisfero settentrionale della sfera celeste, mentre chi lo osserva dal Polo Sud vede le stelle della parte meridionale. Chi invece si trova all'Equatore riesce a vedere quasi tutte le stelle. Per chi, come noi, vive nell'emisfero boreale, ma a una latitudine inferiore rispetto al Polo Nord sono visibili anche alcune costellazioni tipiche dell'altro emisfero.
Purtroppo osservare il cielo stellato sta diventando sempre più difficile e gli astri sono spesso invisibili, sommersi dall'inquinamento luminoso, cioè dalle luci cittadine. Vicino alle città capita di notte un po' quello che accade di giorno, quando il Sole non consente di vedere le altre stelle nel cielo perché produce troppa luce. Basta guardare un'immagine notturna dell'Italia vista dallo spazio per rendersi conto dell'inquinamento luminoso prodotto, per esempio, dalle zone industriali del Nord, dalle città sulla costa dell'Adriatico, dai grandi insediamenti del Centro-Sud. Gli astronomi hanno trovato rimedio a questo grande inconveniente collocando i telescopi in località remote e desertiche, quali le montagne dell'Atacama nelle Ande cilene.
Nel corso della notte le stelle, e quindi le costellazioni, sembrano muoversi nel cielo da est a ovest. Si tratta di un moto apparente dovuto al fatto che la Terra compie un'intera rotazione su sé stessa in 23 ore, 56 minuti e 4 secondi mostrandoci panorami del cielo sempre diversi. Noi non avvertiamo questo movimento e quindi ci sembra che siano le stelle a spostarsi. Perciò le costellazioni non ci appaiono sempre nella medesima parte di cielo e possono essere orientate in modo diverso: bisogna per questo abituarsi a riconoscerle nelle diverse posizioni.
Il panorama celeste non cambia solamente nelle ore notturne, esiste anche una trasformazione molto più lenta dovuta al mutare delle stagioni. In poco più di 365 giorni la Terra compie infatti un giro completo attorno al Sole, per cui il lato buio del nostro pianeta è orientato in direzioni diverse con il trascorrere delle giornate. Per fortuna, le stelle mantengono sempre la stessa posizione l'una rispetto all'altra per cui, imparando a riconoscere una costellazione, la possiamo sempre identificare al trascorrere dei giorni quando è visibile nel cielo notturno.
Utilizzando programmi informatici (alcuni liberamente disponibili anche in Internet) possiamo ottenere le mappe del cielo per un dato periodo dell'anno e per ogni luogo della Terra. Possiamo quindi procurarci la mappa corrispondente al giorno e all'ora in cui andremo a osservare le stelle. Esistono, inoltre, mappe valide, almeno approssimativamente, nelle quattro stagioni (una diversa per ogni stagione). Chiaramente, esse sono relative a una particolare ora della giornata. Infatti, quando si realizza una mappa del cielo dobbiamo preoccuparci di indicare in quale ora le stelle sono collocate nella posizione della mappa.
Alla nostra latitudine, guardando verso nord, esiste un gruppo di stelle che non sorge e non tramonta mai e si limita a descrivere dei cerchi attorno alla Stella Polare. Sono le costellazioni circumpolari e il loro numero dipende dalla distanza dell'osservatore dal Polo Nord. Guardando il cielo dall'Italia sono circumpolari l'Orsa Maggiore, l'Orsa Minore, Cassiopea, Cepheus, Drago e Giraffa che, alte o basse sull'orizzonte, si possono vedere in qualsiasi sera dell'anno e a qualunque ora.
L'Orsa Maggiore è la costellazione più facilmente riconoscibile del nostro emisfero. Per osservarla basta guardare verso nord alla ricerca di sette stelle ben visibili posizionate in modo da formare una sorta di mestolo. Si tratta del Carro Maggiore, la parte posteriore della costellazione. Varie sono le figure che le diverse popolazioni associarono a queste stelle e curiosamente anche una leggenda dei Pellirosse vi individua un'orsa.
Secondo la mitologia greca, invece, la costellazione rappresenta Callisto, ninfa amata da Zeus (Giove) e, per punizione, trasformata in orsa da Era (Giunone), la sua gelosissima moglie. Il dio volle comunque darle l'onore di splendere in alto nel cielo e per questo tutte le notti dell'anno potete vedere l'Orsa Maggiore.
A differenza di quanto accade alle nostre latitudini (e anche di quanto avveniva nella Grecia antica), sugli altipiani messicani, dove vivevano gli Aztechi, l'ultima stella dell'Orsa Maggiore scompare dietro l'orizzonte. Gli Aztechi immaginavano quindi che l'Orsa Maggiore dei Greci fosse una divinità associata alla morte a cui un mostro celeste aveva divorato un piede (la stella che sparisce dietro l'orizzonte). I Romani videro, invece, fra le sette stelle più riconoscibili dell'Orsa Maggiore sette buoi (septem triones). Per questo motivo ancora oggi noi utilizziamo il termine settentrione per indicare il nord.
L'Orsa della mitologia greca ha nel cielo una coda molto lunga. Una leggenda giustifica questa 'stranezza'. Si racconta che Zeus, dopo averla trasformata in orsa, lanciò Callisto in cielo tenendola per la coda e durante il lancio la coda si allungò tanto che l'Orsa ne porta ancora il segno.
Le due stelle del bordo del Carro Maggiore sono chiamate anche puntatori. Seguendole infatti è possibile trovare la Stella Polare, l'ultimo astro della coda dell'Orsa Minore. Sfruttando L'Orsa potete anche individuare altre stelle, per esempio la luminosa Arturo nella costellazione del Boote.
Ma come si rintraccia Arturo a partire dall'Orsa Maggiore? Facile, per trovare Arturo basta prolungare l'arco formato dalla coda dell'Orsa Maggiore. Come per tutte le altre stelle, anche quando osserviamo Arturo non vediamo la stella quale è adesso ma come era quando emise la luce che vediamo ora: la luce di Arturo per giungere sulla Terra impiega circa quarant'anni. Nel 1933 alla Fiera mondiale del progresso di Chicago, un raggio di luce di Arturo catturato con l'aiuto di un grande telescopio fu utilizzato per accendere le luci dei padiglioni della fiera. Scelsero Arturo perché la fiera precedente si era tenuta proprio quarant'anni prima, cioè più o meno quando quel fascio di luce era partito dalla stella in direzione della Terra.
La coda dell'Orsa è davvero utile e serve per puntare anche su altre stelle (meno male che Zeus l'ha resa così lunga!). Così, se dopo essere passati per Arturo proseguiamo l'arco possiamo arrivate a Spica, la stella più luminosa della costellazione della Vergine.
L'Orsa Minore è composta da stelle decisamente poco visibili. Il Piccolo Carro ha infatti solo due astri abbastanza luminosi: Kohab e la Stella Polare, che dista appena 0,8 gradi dal Polo Nord celeste. Quest'ultima si trova proprio vicino l'asse di rotazione terrestre e non è soggetta quindi al moto apparente di tutte le stelle.
Poiché il Piccolo Carro è meno visibile del Grande Carro, spesso si parte da quest'ultimo per individuarlo. Con l'aiuto della mappa, se prolunghiamo cinque volte la distanza fra le ultime due stelle (come mostrato in figura) arriviamo alla Stella Polare, che fa parte del Piccolo Carro.
Le popolazioni scandinave ritenevano un tempo che la Stella Polare fosse attraversata dall'asse attorno al quale gira l'Universo intero. Anticamente era l'astro che consentiva ai naviganti di orientarsi in mare perché mostrava proprio il Nord. Ancora oggi quando qualcuno perde la pazienza diciamo che "ha perso la tramontana", il nome attribuito dai naviganti veneziani proprio alla Stella Polare. Questo modo di dire significa che perdere la Stella Polare è qualcosa di molto spiacevole, che un tempo metteva a rischio la vita dei naviganti e che oggi ci fa semplicemente perdere le staffe. Ancora una curiosità: nelle sere di ottobre il Carro Minore ci sembra rovesciato. Secondo una leggenda dei Pellirosse il Carro si è rovesciato mentre trasportava dei colori, poi caduti sulla Terra. È per questo che in autunno i boschi sono pieni di alberi dalle foglie rosse.
Per trovare la costellazione di Cassiopea basta individuare l'ultima stella del timone del Grande Carro e dirigersi verso la Stella Polare. Bisogna quindi proseguire questa linea immaginaria per incontrare finalmente un gruppo di stelle a forma di W.
Secondo la leggenda, Cassiopea era la bella, ma vanitosa regina d'Etiopia, moglie di Cefeo e madre di Andromeda. Orgogliosa della propria bellezza, volle competere con le Nereidi (secondo alcuni racconti addirittura con Era, moglie di Zeus) che chiesero a Poseidone (Nettuno) di vendicare tale affronto: il dio inviò allora un mostro affinché devastasse l'Etiopia. Un oracolo, interpellato da Cefeo, disse al re che per liberare il paese dal flagello avrebbe dovuto offrire in sacrificio la figlia Andromeda come capro espiatorio. Ma la giovane fu salvata da Perseo e Cassiopea fu trasformata in costellazione.
Orione è la principale costellazione del cielo invernale. Si individua facilmente grazie alla cintura formata da tre stelle molto vicine e incredibilmente allineate. Al di sopra della cintura si vedono altri due astri, Betelgeuse e Bellatrix, le spalle del cacciatore Orione, mentre al di sotto si notano le ginocchia; qui è Rigel, la stella più luminosa. Il Gigante del cielo, come viene anche chiamato Orione, ha, subito sotto la cintura, una spada, vicino alla quale, con un semplice binocolo, è possibile vedere la nebulosa di Orione, una 'culla' di stelle, cioè una nuvola di gas dove si formano nuovi astri. Omero racconta che il gigante Orione fu prima ucciso dallo scorpione e resuscitato da Asclepio e poi eliminato dalla dea della caccia, Artemide (Diana), gelosa della sua abilità come cacciatore. Anche gli Arabi individuarono nelle sette stelle più luminose di Orione un gigante.
Ognuno vede negli astri del cielo qualcosa che gli è familiare. Per esempio gli indiani Chinook vedevano in quella che per noi è la cintura di Orione una canoa, imbarcazione da essi usata quotidianamente. I Ju/Wasi dell'Africa raccontano invece di un dio che andando a caccia di zebre ne scorse tre una dietro l'altra e scagliò allora la freccia per colpirle, ma senza fortuna. Per questo nella costellazione di Orione si possono vedere tre stelle allineate che rappresentano le tre zebre che scappano via e una freccia che se ne va in un'altra direzione.
Sotto Orione, un po' spostata a sinistra, c'è la stella Sirio, l'astro più luminoso del cielo invernale. Sirio è così brillante per due ragioni. Prima di tutto essa è di per sé stessa molto splendente. Poi ha il vantaggio di essere piuttosto vicina a noi: la luce impiega solo nove anni per arrivare qui (sono solo tre le stelle più vicine di Sirio). Naturalmente quando si parla di vicinanza cosmica bisogna intendersi: per arrivare fin là un'astronave terrestre impiegherebbe più di centomila anni! Sirio fa parte della costellazione del Cane Maggiore. Nella mitologia greca si racconta che l'animale fu donato da Aurora a Cefalo. Correva velocissimo e riuscì addirittura a uguagliare in velocità Zeus: per questo fu premiato e messo in cielo.
Gli antichi Egizi osservarono che qualche settimana prima delle inondazioni del Nilo, Sirio sorgeva con un po' d'anticipo rispetto al Sole. Nella piramide di Cheope, inoltre, gli astronomi e gli archeologi hanno notato che nella camera della regina c'è un condotto orientato proprio verso la posizione che era occupata da Sirio al tempo dei faraoni. L'altro cunicolo della piramide, quello della camera del re, sembra invece diretto verso una stella della cintura di Orione, altra costellazione molto importante per gli antichi Egizi.
Ad alcune latitudini Sirio è particolarmente luminosa: nelle Ande subequatoriali si può vedere la propria ombra anche nelle notti di Luna nuova senza utilizzare nessuna torcia o lampadina! Questo grazie principalmente a Sirio, la cui luce è in grado di generare le ombre.
La Via Lattea appare come una striscia biancastra che attraversa molte costellazioni. Si vede bene a occhio nudo solo osservando il cielo da un luogo molto buio, lontano dalle luci della città.
Secondo una leggenda greca, Zeus scelse la saggia Alcmena per generare un figlio tanto forte da impedire lo sterminio degli uomini e degli dei. Quando nacque il bambino, chiamato Eracle (Ercole), la madre lo abbandonò temendo la reazione di Era moglie legittima di Zeus. Su suggerimento di Zeus Atena (Minerva) portò Era a passeggiare fuori dalle mura di Tebe dove il bambino era stato lasciato e, vedendolo, Era lo avvicinò al seno per allattarlo. Il bambino succhiò il latte con tanta forza da spargerlo ovunque: da quel momento Eracle divenne immortale e nel cielo fu visibile la Via Lattea.
Secondo gli Incas la Via Lattea sarebbe invece il grande fiume attraverso il quale il dio del tuono invia la pioggia sulla Terra. In molte culture la Via Lattea è la strada che collega il mondo dei vivi a quello dei morti. Per alcuni popoli delle Ande si tratterebbe del fiume che viene utilizzato dagli spiriti dei morti per tornare nel mondo e comunicare con i vivi.
I Pawnee e i Cherokee sostengono che "le anime dei morti sono accolte da una stella all'estremità settentrionale della Via Lattea, là dove questa si biforca, la quale indirizza i guerrieri lungo il sentiero fioco e difficile. Le donne e coloro che muoiono di vecchiaia sono accolti dalla Stella degli Spiriti e là dimorano".
Una leggenda polinesiana racconta invece di un terribile squalo blu che si nutriva di uomini.
Quando due giovani decisero di ucciderlo, gli dei lo misero in salvo nel cielo, dove ancora oggi nuota, nel fiume rappresentato dalla Via Lattea.
Guardando le costellazioni, è facile dimenticare che le stelle che noi vediamo in cielo non sono sullo stesso piano. Anche se a noi paiono tutte disegnate sulla stessa superficie alcune sono molto più distanti di altre. Il cielo, a dire il vero, non è una cupola, ma ha una sua profondità! Per esempio nella costellazione di Orione Bellatrix dista da noi circa 240 anni luce, mentre Alnilam è lontana ben 1.340 anni luce. Se noi facessimo un viaggio nello spazio e guardassimo queste stesse stelle da un'altra angolazione, osserveremmo figure completamente diverse e probabilmente non le raggrupperemmo neppure nella medesima costellazione.
Lo stesso si può dire per la seconda stella del timone del Carro Maggiore. In realtà non si tratta di una sola stella, ma di due stelle chiamate Mizar e Alcor che, pur essendo molto distanti, sembrano vicinissime perché allineate una dietro l'altra secondo il punto di osservazione terrestre.
Le costellazioni che oggi gli astronomi riconoscono ufficialmente nel cielo sono 88 e in parte esse sono note come costellazioni zodiacali.
A causa dal moto di rivoluzione della Terra, ogni giorno il Sole sembra spostarsi tra le stelle descrivendo sulla volta celeste un cerchio massimo chiamato eclittica. Durante il suo moto apparente il Sole percorre le dodici costellazioni dello zodiaco più una tredicesima, Ofiuco, che, per ragioni di comodità, non è stata inserita nello zodiaco. Queste costellazioni sono per lo più figure di animali e poiché nella lingua greca zodiaco significa "fascia degli animali", queste costellazioni sono state chiamate zodiacali.
Ulisse conosceva certamente molto bene le principali costellazioni, come appare chiaro da questi versi:
"Lieto l'eroe dell'innocente vento,
La vela dispiegò. Quindi al timone
Sedendo il corso dirigea con arte,
Né gli cadea su le palpébre il sonno
Mentre attento le Pleiadi mirava.
E il tardo a tramontar Boote e l'Orsa
Che detta è pure il Carro, e là si gira
Guardando sempre in Orione, e sola
Nel liquido Ocean sdegna lavarsi
L'Orsa, che Ulisse, navigando, a manca
Lasciar dovea, come la diva ingiunse".
Odissea, Libro V, versi 345-350