Luna
Il fascino del cambiamento
La Luna, il nostro unico satellite naturale, ha da sempre affascinato gli abitanti della Terra diventando la protagonista di tanti miti e leggende, oltre che di modi di dire. Oggi, tuttavia, la Luna è forse uno dei corpi celesti che celano meno segreti grazie alle molte ricerche fatte dagli astronomi e ai viaggi spaziali che hanno consentito agli uomini di atterrare direttamente sul nostro satellite, per ora unico corpo celeste diverso dalla Terra sui cui l’uomo ha messo piede
Molte sono le leggende che gli antichi popoli hanno legato alla Luna, il più grande corpo luminoso che risplende nei nostri cieli e che nel tempo ha ricevuto svariati nomi: Net per gli Egizi, Ixchel per i Maya, Chandra per gli Indù o Selene per i Greci.
Il periodico scomparire e riapparire della Luna ha fatto sì che la maggior parte delle leggende a essa associate raccontino di nascita e morte. Sono numerose anche le credenze popolari legate alla Luna: in campo agricolo – e non solo – si ritiene che tutto ciò che deve crescere e svilupparsi richieda la Luna crescente, mentre ciò che deve spegnersi e morire abbia bisogno della Luna calante. Si guarda la Luna prima di imbottigliare il vino, prima di seminare, prima di tagliarsi i capelli o per prevedere la nascita di un bambino. Queste credenze non hanno alcun fondamento scientifico, ma sono talmente radicate che molti continuano a seguirle.
In passato erano associate alla Luna anche molte malattie, come l’epilessia, chiamata mal di luna (lupo mannaro) e ancora oggi questo corpo celeste riappare in espressioni caratteristiche: se una persona è arrabbiata si dice che ‘ha la luna storta’, mentre chi cambia idea continuamente è ‘lunatico’. Insomma la Luna occupa ancora un ruolo centrale nelle nostre vite, non solo per le tradizioni, le leggende e i modi di dire che abbiamo citato, ma anche per le osservazioni scientifiche che ci hanno permesso di conoscere la struttura del nostro satellite, di stabilire come si comporta e come si è formato.
La Luna è l’unico oggetto dello spazio sul quale l’uomo ha messo effettivamente piede. Su Marte, per esempio, sono arrivate le sonde, ma non sono mai sbarcati direttamente gli astronauti per vedere come è fatto quell’oggetto celeste. Quella di visitare la Luna piuttosto che un altro corpo celeste è stata una scelta pressoché obbligata: infatti il nostro satellite è di gran lunga l’oggetto celeste a noi più vicino perché dista dal nostro pianeta solamente 384.400 km. Rispetto alle distanze cui siamo abituati è moltissimo, ma per gli astronomi è una distanza quasi inesistente.
La Luna è l’unico satellite naturale della Terra (mentre altri pianeti, come Giove, ne hanno più di uno) però è il satellite con le dimensioni più simili a quelle del pianeta attorno a cui orbita. Se guardassimo, per esempio, la Terra da Marte vedremmo due oggetti simili, uno più piccolo dell’altro, e certamente penseremmo a due pianeti molto vicini e non a un pianeta e a un suo satellite.
Il diametro della Luna è di circa 3.476 km, corrispondente a quasi un quarto del diametro terrestre; il suo volume è di circa 22 miliardi di km3 (la Terra potrebbe quindi contenere al suo interno 49 lune, mentre il Sole ne conterrebbe quasi 65 milioni!) ma la massa è circa 1/81 di quella della Terra perché la Luna è decisamente meno densa del nostro pianeta.
La forza di gravità lunare è solo 1/6 di quella terrestre; questo significa che un corpo in caduta libera è attirato verso la superficie della Luna con minore intensità e la caduta è circa sei volte più lenta che sulla Terra. Il gioco del calcio terrestre avrebbe, sulla Luna, esiti del tutto inaspettati: i nostri movimenti sarebbero differenti, essendo noi attirati diversamente dal suolo lunare, e anche la palla si innalzerebbe dal suolo e vi cadrebbe in modo del tutto imprevedibile per un calciatore terrestre. Chi non ci crede, può guardare le storiche registrazioni degli astronauti sulla Luna che sembrano saltellare, proprio perché la forza di gravità lì è più debole.
La struttura della superficie. La Luna è ricca di montagne, valli, antichi siti vulcanici e crateri e, a differenza di altri oggetti celesti molto più lontani, la sua struttura risulta visibile anche a occhio nudo. Con un binocolo possiamo scoprire dettagli altrimenti inimmaginabili, un po’ come fece Galileo Galilei quando la osservò agli inizi del Seicento col suo telescopio. Sulla superficie lunare si distinguono zone più chiare e zone più scure. Gli antichi credevano che le zone scure fossero oceani del tutto simili a quelli terrestri e li chiamarono mari, nome che continuiamo oggi a usare anche se ormai sappiamo che si tratta di distese di lava congelata fuoriuscita dalla superficie lunare dopo l’impatto con i meteoriti. Fino a circa due miliardi di anni fa sulla Luna c’è stata infatti un’intensa attività vulcanica che ha inondato di basalto fuso queste grandi aree. Grazie alle scure lave basaltiche i mari lunari hanno quel caratteristico colore, visibile in alcuni casi anche a occhio nudo, che tanto li distingue dai nostri mari, e proprio in uno dei mari lunari, il Mare della Tranquillità, sono sbarcati i primi astronauti con la missione Apollo 11. Le regioni della Luna che invece appaiono più chiare furono chiamate da Galileo terre in contrapposizione ai mari e costituiscono circa il 70% della porzione di Luna che vediamo.
La Luna, però, non ha solamente terre e mari: molti sono i solchi, i crepacci, le catene montuose che spesso hanno preso lo stesso nome di quelle terrestri – Alpi, Appennini, Carpazi, Caucaso – e presentano cime che superano i 3.000 m e che non hanno, quindi, nulla da invidiare a quelle che esistono sulla Terra.
L’assenza di atmosfera. La superficie della Luna è segnata dai crateri e dagli avvallamenti prodotti dall’impatto con i meteoriti, cosa che non osserviamo sulla Terra, nonostante la Luna sia molto vicina al nostro pianeta. Come sappiamo, la Terra è circondata da un’atmosfera, assente invece sulla Luna, ed è proprio l’atmosfera che rallenta o disintegra i meteoriti quando cadono sul nostro pianeta.
L’assenza di aria sulla Luna, inoltre, rende il cielo del nostro satellite molto diverso da quello terrestre: che sia giorno o notte, sulla Luna il cielo è sempre nero, mentre sulla Terra il colore del cielo cambia perché è legato all’interazione tra i raggi del Sole e l’atmosfera.
L’aria serve anche a evitare bruschi sbalzi di temperatura: si pensi che sulla Luna, nonostante la sua distanza dal Sole sia più o meno come quella della Terra, di giorno si raggiungono temperature più alte del punto di ebollizione dell’acqua proprio perché l’aria non scherma né attenua i raggi solari.
Vediamo la Luna perché è illuminata dal Sole, ma non sempre la nostra stella illumina completamente la parte del satellite rivolta verso di noi e per questo si verifica il noto fenomeno delle fasi lunari.
Le fasi dipendono dalla posizione relativa che la Luna e la Terra assumono rispetto al Sole. Quando la Luna si trova fra il Sole e la Terra, il lato rivolto verso di noi si trova nella totale oscurità: la Luna è per noi invisibile, in questa fase è detta Luna nuova e siamo in presenza di un novilunio. Quando, invece, al centro dell’allineamento Sole-Luna-Terra si trova il nostro pianeta, la faccia della Luna rivolta verso la Terra è completamente illuminata: abbiamo la Luna piena e c’è un plenilunio.
Il nostro satellite, inoltre, scompare e riappare durante vere e proprie eclissi che si verificano quando la Luna passa nel cono d’ombra che la Terra crea nello spazio. Quando il nostro satellite naturale si oscura completamente l’eclissi è totale, ma in realtà la Luna si intravede anche durante tali eclissi perché il cono d’ombra non crea oscurità totale. Se la Luna si immerge soltanto in parte nel cono d’ombra si ha invece un’eclissi parziale.
Gli astronomi riescono a prevedere con esattezza la data delle eclissi poiché i moti della Terra, della Luna e del Sole si possono determinare grazie a calcoli matematici e in alcuni casi le eclissi lunari (come quelle solari) raccontate dagli storici hanno permesso di datare con esattezza eventi importanti.
Se osserviamo spesso la Luna, possibilmente con l’aiuto di un telescopio, notiamo poi che la faccia mostrata è sempre la stessa e non perché la Luna non ruoti su sé stessa, ma perché il suo periodo di rotazione coincide con quello di rivoluzione attorno alla Terra. Per convincerci di questo possiamo fare un semplice gioco con un amico: chiediamogli di stare al centro della stanza e giriamogli attorno guardando sempre verso di lui. Se a ogni quarto di giro verifichiamo la nostra posizione rispetto alle pareti della stanza, ci accorgeremo che abbiamo fatto anche un quarto di giro su noi stessi.
La Luna piena è uno spettacolo molto affascinante e se vogliamo osservarla con un binocolo conviene aspettare che la luce del Sole la raggiunga in modo radente, creando lunghe ombre nelle vicinanze dei rilievi, un po’ come succede alle ombre sul nostro pianeta quando il Sole è basso all’orizzonte. Per questo motivo il periodo migliore per osservare la Luna non è, come si potrebbe pensare, il plenilunio, quando il satellite brilla con la massima intensità, ma due o tre giorni dopo il primo quarto.
Fin dal 1950 la Luna è stata raggiunta da sonde e tra il 1969 e il 1972 anche l’uomo ha messo piede su di essa grazie alle missioni Apollo. Il 16 luglio 1969 dal Kennedy Space Center un gigantesco razzo, Saturno V, portò una navicella in volo verso la Luna. Il 20 luglio la navicella entrò nell’orbita lunare e poi si divise in due parti: la capsula Columbia, con Michael Collins a bordo, e il modulo Eagle, che iniziò la discesa con Neil Armstrong ed Edwin Aldrin ai comandi. Come disse Armstrong: «Questo è un piccolo passo per un uomo, un balzo gigantesco per l’umanità».
Il 14 luglio, durante l’ultima conferenza stampa prima dello storico viaggio dei tre cosmonauti, qualcuno aveva chiesto ad Armstrong quale frase avesse preparato per il fatidico momento in cui avrebbe messo piede sul suolo lunare. «Spero di non dover dire: accidenti, sono scivolato», era stata la spiritosa risposta. Nella realtà la prima camminata sulla Luna fu per gli astronauti più semplice del previsto.
Il suolo, composto da una polvere fine, sotto il peso del loro corpo si compattò formando una nitida impronta che l’assenza di vento sul satellite ha reso permanente. Dopo qualche titubanza, dovuta alla differenza di gravità fra la Terra e il nostro satellite, Armstrong iniziò a muoversi tranquillamente. Dopo circa quindici minuti fu raggiunto da Aldrin e insieme rimasero fuori per quasi tre ore: piantarono la bandiera degli Stati Uniti, raccolsero campioni della superficie e sistemarono le attrezzature scientifiche per poi rientrare a bordo senza alcuna difficoltà. Il 21 luglio il modulo Eagle lasciò la Luna, si ricongiunse con il Columbia e tre giorni più tardi gli astronauti ammararono nell’Oceano Pacifico. Dopo un periodo di isolamento di tre settimane (per cautelarsi contro possibili contaminazioni da ipotetici batteri lunari) gli astronauti poterono riabbracciare le loro famiglie e godere gli onori e la gloria che meritavano.
Nonostante ci siano stati successivi atterraggi umani sulla Luna, quello dell’Apollo 11 è certamente il più memorabile: un essere umano per la prima volta aveva messo piede su un suolo diverso da quello del pianeta Terra.
Il primo a occuparsi della Luna dal punto di vista scientifico è stato nel 1610 Galileo Galilei che così la descriveva nel suo Sidereus nuncius: «Bellissima cosa e oltremodo a vedersi attraente è il poter rimirare il corpo lunare, da noi remoto per quasi sessanta semidiametri terrestri, così da vicino come se distasse di due soltanto di sette misure [...] e quindi, con la certezza che è data dall’esperienza sensibile,
si possa apprendere non essere affatto la Luna rivestita di superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e allo stesso modo della faccia della Terra, presentarsi ricoperta in ogni parte di grandi prominenze, di profonde valli e anfratti».
Varie sono le teorie sull’origine della Luna e notevole il disaccordo tra gli astronomi che se ne sono occupati. Secondo alcune teorie la Luna si è formata milioni di anni fa da un grande pezzo di materia che si è staccato dalla Terra e che poi si è messo a ruotare attorno al nostro pianeta; secondo altre invece la Luna si è formata insieme alla Terra, esattamente dalla stessa materia; altri scienziati ancora pensano invece che la Luna sia un corpo celeste originatosi in altre regioni dell’Universo e poi catturato dal campo gravitazionale terrestre mentre passava vicino al nostro pianeta. Grazie alle rocce lunari e ai campioni di suolo riportati sulla Terra dalle missioni Apollo (1969-72) la maggior parte degli scienziati oggi segue una teoria ancora diversa, indicata come ‘Grande botta’ (in inglese Big wrack). Secondo questa teoria quando la Terra, 4,5 miliardi di anni fa, si era appena formata si scontrò con un grande pianeta, di dimensioni simili a Marte. Nell’urto il pianeta si vaporizzò e un getto di vapore bollente cominciò a ruotare attorno alla Terra. I frammenti contenuti in quel getto di vapore in decine di migliaia di anni diedero origine alla Luna, la cui crosta si raffreddò e si solidificò con il passare del tempo.
Ecco un brano tratto dalle Cosmicomiche di Italo Calvino, racconti in cui la fantasia dell’autore si è lasciata ispirare da un’ipotesi scientifica.
«Una volta, secondo Sir George H. Darwin, la Luna era molto vicina alla Terra. Furono le maree che a poco a poco la spinsero lontano: le maree che lei Luna provoca nelle acque terrestri e in cui la Terra perde lentamente energia.
Lo so bene! – esclamò il vecchio Qfwfq, – voi non ve ne potete ricordare ma io sì. L’avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quand’era il plenilunio – notti chiare come di giorno, ma d’una luce color burro –, pareva che ci schiacciasse; quand’era lunanuova rotolava per il cielo come un nero ombrello portato dal vento; e a lunacrescente veniva avanti a corna così basse che pareva lì lì per infilzare la cresta di un promontorio e restarci ancorata».
La Luna interagisce con il nostro pianeta grazie alla luce del Sole che essa riflette e per i fenomeni gravitazionali che provoca. Gli effetti prodotti dalla luce riflessa si possono vedere su alcune piante, ma sono molto lievi: la luce della Luna non è, infatti, sufficiente per permettere la fotosintesi clorofilliana anche se alcune piante cercano il chiarore lunare.
Le maree invece sono fenomeni rilevanti dovuti proprio all’attrazione gravitazionale fra Terra, Luna e Sole tanto che in occasione del novilunio e del plenilunio si registrano le maree decisamente più alte. Nel 2° secolo a.C. fu Eratostene di Cirene il primo a mettere in relazione le maree con la Luna, ma la sua teoria venne ignorata per centinaia di anni e gli scienziati si convinsero della correlazione fra la Luna e le maree soltanto grazie alla legge della gravitazione universale di Isaac Newton (1687).