Dispositivo a basso costo, affidabile e molto versatile, che, realizzato in versione integrata, rappresenta uno degli elementi base per l’elettronica analogica; il suo nome, infatti, si deve alla possibilità di realizzare vari circuiti elettronici capaci di svolgere alcune operazioni matematiche: somma, sottrazione, derivata, integrale ecc. A bassa frequenza, l’amplificatore o. presenta un comportamento particolarmente semplice che può essere schematizzato convenientemente introducendo il cosiddetto amplificatore o. ideale (fig. 1A e B). Si ha un morsetto di ingresso invertente (−) e uno non invertente (+). Le equazioni che lo caratterizzano sono: A=Vu/(V+−V−)=Vu/Vi→∞; I+=I−=0, avendo indicato con A l’amplificazione e con V+, V−, I+ e I− rispettivamente le tensioni e le correnti relative al morsetto non invertente e invertente. Un circuito più rispondente al comportamento dell’amplificatore o. reale a frequenze maggiori di circa 10 kHz è mostrato in fig. 1C. Le impedenze Z+, Z−, Zi indicate possono essere considerate puramente resistive, con al più una piccola capacità in parallelo. L’amplificazione A decresce con la frequenza tanto più quanti più sono gli stadi di amplificazione dell’amplificatore, per cui si adotta in genere una rete di compensazione interna che rende l’andamento dell’amplificazione e dello sfasamento in funzione della frequenza simile a quello di fig. 2A e B, rispettivamente. L’amplificatore o. è utilizzato secondo due schemi circuitali di base: la configurazione invertente e la configurazione non invertente. Nella prima (fig. 3A), realizzata applicando la tensione d’ingresso Vi sul morsetto invertente, si realizza una reazione negativa tramite l’impedenza Zr: nell’ipotesi che sia A≫(Zi+Zr)/Zi si ottiene un valore dell’amplificazione totale pari a −Zr/Zi; è da notare che, agli effetti pratici, si può correttamente ritenere che oltre al nodo N anche l’ingresso M risulti virtualmente a massa. Nella seconda configurazione (fig. 3B), invece, la tensione di uscita Vu risulta in fase con la tensione d’ingresso Vi, essendo quest’ultima applicata al morsetto non invertente dell’amplificatore o.; se risulta verificata la condizione A≫(Zi+Zr)/Zi l’amplificazione totale è pari a (Zi+Zr)/Zi. Quindi, nell’ipotesi anzidetta, per entrambe le configurazioni, il legame uscita/ingresso risulta definito in modo estremamente semplice dai soli componenti esterni passivi presenti, Zi e Zr, e quindi particolarmente stabile nel tempo e sufficientemente immune dal rumore, dalla deriva termica ecc. Scegliendo opportunamente gli elementi aggiuntivi inseriti in ingresso e nella rete di reazione è possibile ottenere, a partire da entrambe le configurazioni circuitali appena descritte, una grande varietà di funzioni di trasferimento tra ingresso e uscita del dispositivo, corrispondenti a relazioni funzionali molto diverse tra loro; infatti, oltre ai circuiti combinatori, invertitori, moltiplicatori per una costante, sommatori, derivatori (fig. 3D) e integratori (fig. 3E), tipicamente presenti nei microprocessori di ogni calcolatore, l’impiego di amplificatori o. integrati consente la realizzazione di una vasta gamma di dispositivi elettronici con caratteristiche di funzionamento di elevata qualità: amplificatori non lineari logaritmici (fig. 3C) ed esponenziali (o antilogaritmici), comparatori, rilevatori di zero, limitatori, convertitori da tensione alternata a continua, amplificatori differenziali, inseguitori di tensione (buffer) ecc.