aggressivo chìmico Ogni sostanza chimica che, diffusa nell’aria o sparsa sul terreno, anche se presente in piccola quantità, è capace di provocare malattie o alterazioni morbose agli uomini e agli animali, oppure di distruggere e danneggiare piante e coltivazioni (aggressivi biologici). Gli a. c. si possono classificare in più modi: così, si può avere una classificazione fisiopatologica (basata sull’azione prevalente sui diversi organi), o una classificazione tattica (basata sul criterio d’impiego bellico). Con varie convenzioni gli Stati contraenti hanno assunto l’impegno di non ricorrere all’uso degli a. chimici.
Da un punto di vista fisiopatologico, gli a. si possono distinguere in:
a) soffocanti, che esplicano la loro azione prevalentemente a carico dell’apparato respiratorio producendo un edema polmonare;
b) vescicanti, che producono una lesione a livello della cute e delle mucose sotto forma di aree di essudazione cellulare e plasmatica circondate da un alone di vescicazione;
c) irritanti (lacrimogeni e starnutatori), che sono caratterizzati dalla reversibilità delle lesioni da essi prodotte a carico della cute e soprattutto delle mucose, particolarmente quelle nasali e oculari;
d) tossici, che sono caratterizzati dall’assenza di lesioni superficiali, dalla loro diffusione nell’organismo per via ematica e dal danneggiamento di vari organi vitali (fegato, reni) o del sangue stesso (ossido di carbonio) così da produrre la morte o profonde intossicazioni. Un a. c. capace di alterare la trasmissione degli impulsi nervosi è il gas nervino (➔).
Dal punto di vista tattico, gli a. si possono distinguere in:
a) fugaci (cloro, fosgene, acido cianidrico ecc.): se si disperdono nell’atmosfera in breve tempo diluendosi in modo da non raggiungere più la concentrazione tossica;
b) persistenti (iprite): se la loro concentrazione tossica si conserva a lungo nel terreno o nell’aria a causa della loro bassa volatilità (bromoacetone, cloropicrina ecc.);
c) semipersistenti: se intermedi alle due classi precedenti;
d) penetranti (arsine ecc.): sostanze solide che allo stato di fine suddivisione (causata, per es., dallo scoppio di proiettili) possono attraversare i filtri delle maschere ecc.
Gli a. devono presentare diverse caratteristiche, quali:
a) stabilità, cioè non devono decomporsi facilmente con il riscaldamento; non devono attaccare i materiali dei recipienti in cui sono conservati o dei proietti in cui devono caricarsi; non devono alterarsi chimicamente;
b) persistenza, dovuta al lento diffondersi nell’atmosfera e che è tanto più alta quanto più alta è la densità di vapore (pari o maggiore di quella dell’aria), e più bassa la velocità di vaporizzazione ecc.;
c) tossicità, che viene di solito valutata determinando il numero di minuti T occorrenti per provocare la morte degli animali da esperimento, a cominciare dalla loro introduzione in un’atmosfera contenente una quantità C (in mg) di sostanza aggressiva presente per m3.
Il prodotto I = CT prende il nome di indice di tossicità di Haber: è evidente che quanto più piccolo è il valore di I, tanto maggiore è la tossicità dell’aggressivo. La difesa e la bonifica dagli a. presenta particolare difficoltà e può variare con la natura chimica dell’a. stesso. Per la difesa si possono avere mezzi individuali (maschera, autoprotettore, vestito antiipritico ecc.) o collettivi (ricoveri antigas filtranti o a chiusura ermetica con rigenerazione d’aria).