Unione Europea
Organizzazione internazionale regionale di integrazione economica e politica, sorta dal processo avviato, negli anni 1950, con l’istituzione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA).
Introdotta nell’ordinamento comunitario dal Trattato di Maastricht del 1992, l’UE si è configurata inizialmente quale organismo politico ed economico a carattere sovranazionale e intergovernativo, privo – a differenza delle tre Comunità – di una personalità giuridica propria, distinta da quella dagli Stati membri (Personalità internazionale). Il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (in vigore dal 1° novembre 2009) ha poi modificato sia il Trattato sull’UE, sia quello istitutivo della Comunità Europea (CE), sostituendo l’Unione Europea alla Comunità Europea, quale organizzazione internazionale successore della CE, dotata di personalità giuridica (artt. 1 e 47 del Trattato). Conseguentemente, il Trattato istituivo della CE ha assunto la nuova denominazione di Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
L’UE si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani (art. 2 del Trattato); essa si pone finalità generali, prefiggendosi, in particolare: la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne; l’instaurazione di un mercato interno e lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata, su un’economia di mercato competitiva e su un elevato livello di tutela e miglioramento dell’ambiente; la lotta all’esclusione sociale e alle discriminazioni; la coesione economica, sociale e territoriale e la solidarietà tra gli Stati membri; l’unione economica e monetaria, che ha per moneta l’euro; e, nelle relazioni esterne, la promozione dei valori e degli interessi dell’UE, contribuendo alla pace, alla sicurezza e allo sviluppo sostenibile, all’eliminazione della povertà, alla tutela dei diritti umani e al rispetto del diritto internazionale e dei principi della Carta delle Nazioni Unite (art. 3).
Alla luce del ruolo storico svolto dall’Eu nel garantire la pace al proprio interno, nel 2012 le è stato conferito il premio Nobel per la pace. Un riconoscimento che arriva però in un periodo di grave crisi, in cui cresce il sentimento antieuropeista.
Gli Stati membri dell’UE sono 27 (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria); il Regno Unito, membro fondatore dell'organizzazione, ne è fuoriuscito nel gennaio 2020. Al marzo 2024, nove altri Stati (Albania, Bosnia Erzegovina, Georgia, Repubblica di Macedonia del Nord, Moldavia, Montenegro, Serbia, Turchia, Ucraina) sono candidati all’ammissione; l'Islanda ha ritirato la sua candidatura nel 2015.
Gli elementi di sovranazionalità presenti nel processo di integrazione fanno sì che l’UE sia dotata di un sistema di fonti e atti di diritto derivato direttamente efficaci e applicabili in tutto il territorio degli Stati membri (Diritto dell’Unione Europea).
L’UE è altresì dotata di un apparato istituzionale che opera in funzione e nel perseguimento primario degli interessi e delle politiche dell’UE, nonché di un sistema giurisdizionale in grado di garantire l’applicazione e l’interpretazione uniforme del diritto dell’UE. Il quadro istituzionale si compone di 5 principali istituzioni: il Consiglio europeo, il Consiglio dell’Unione Europea, la Commissione europea; la Corte di giustizia dell’Unione Europea, il Parlamento europeo, o Europarlamento.
Nel perseguire i propri obiettivi, l’UE esercita le competenze che le sono attribuite dai Trattati, alcune aventi natura esclusiva, altre concorrente con la competenza degli Stati membri; nell’esercizio delle proprie competenze l’UE applica i principi di sussidiarietà e di proporzionalità (Principio di sussidiarietà. Diritto dell’Unione Europea). L’UE si caratterizza, inoltre, per essere un’unione economica e monetaria (Unione economica e monetaria. Diritto dell’Unione Europea) ed è dotata di istituzioni proprie per l’esercizio della competenza esclusiva in materia monetaria, la Banca Centrale Europea e il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC).
La nascita dell’Europa comunitaria ha una data storicamente certa. Il 9 maggio 1950 l’allora ministro degli Esteri francese R. Schuman presentò il piano, da lui elaborato insieme a J. Monnet, per la creazione di quella che, l’anno successivo, fu la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, e lo illustrò con una ‘dichiarazione’ che rappresentava il programma di base dell’integrazione politica europea. Schuman proclamava che l’Europa “non potrà farsi in una volta sola, né sarà costruita tutta insieme, essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. In questo modo, nella disputa tra ‘federalisti’, assertori di un’organizzazione politica dell’Europa con poteri sovrani, e fautori di una più morbida ‘cooperazione intergovernativa’, egli sosteneva una terza via che consentisse di mediare le opposte tesi sulla base di un’integrazione progressiva, limitata di preferenza al settore economico. Proprio questo metodo e questi contenuti avrebbero caratterizzato, per il seguito, il processo europeo. I grandi progetti politici, al contrario, a causa delle diffidenze nazionali, non approdarono a risultati concreti. Sintomatico al riguardo fu il progetto del piano per la costituzione della Comunità europea di difesa (CED), che, dopo un dibattito durato 4 anni, fu respinto nel 1954 dall’Assemblea francese, preoccupata all’idea della ricostituzione dell’esercito nazionale tedesco. Al contrario, il successo della CECA, dovuto alla sua filosofia dell’integrazione economica, favoriva l’esplorazione di forme simili di cooperazione sia a livello settoriale sia a carattere ‘orizzontale’, estesa, cioè, contemporaneamente a più settori di intervento.
Nel giugno 1955 i ministri degli Esteri della CECA dettero mandato a un comitato intergovernativo, presieduto dal belga P.-H. Spaak, di studiare la possibilità di creare un’unione economica generale e un’unione in campo nucleare. Nascevano così, il 25 marzo 1957, a Roma, in Campidoglio, con un trattato firmato dai rappresentanti di 6 paesi (Italia, Francia, Repubblica Federale di Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo), la CEE) e la CEEA, o Euratom. I tentativi ulteriori di far procedere l’Europa sulla via dell’integrazione ruotarono attorno alla CEE, certamente delle tre Comunità la più importante, sia per l’ampiezza dei suoi programmi economici sia per valenza politica. In questa ottica gli anni 1960 videro, anzitutto, il puntuale rispetto del programma CEE concernente la realizzazione dell’unione doganale: l’azzeramento dei dazi doganali e dei contingenti intracomunitari fu acquisito a partire dal 1° luglio 1968, con un anno e mezzo di anticipo sulla data fissata (Unione doganale. Diritto dell’Unione Europea). Alla fine del decennio era stata già creata la maggior parte delle organizzazioni di mercato, vale a dire degli strumenti fondamentali della politica agricola comunitaria.
Dal punto di vista istituzionale, nel periodo considerato il dato più significativo ha riguardato la cosiddetta ‘fusione degli esecutivi’, sancita nel 1965 da un trattato entrato in vigore il 1° luglio 1967, il quale istituiva un Consiglio unico e una Commissione unica per le tre Comunità, accanto all’Assemblea e alla Corte di giustizia, che fin dall’inizio erano organi comuni.
Nello stesso periodo, però, l’Europa comunitaria doveva registrare una grave crisi: la Francia il 1° luglio 1965 ritirò i suoi rappresentanti dai lavori del Consiglio, mettendo in atto la cosiddetta politica della ‘sedia vuota’. In questo modo C. De Gaulle, che perseguiva un progetto europeo in cui confluissero, allo stesso tempo, elementi confederalisti e funzionalisti, intendeva superare la disputa che l’opponeva a quanti (e tra questi, in primo luogo, il presidente della Commissione, il tedesco W. Hallstein) erano in favore di maggiori poteri al Parlamento, di una Commissione che assumesse il profilo di un vero esecutivo e, di conseguenza, a quanti speravano in un indebolimento del Consiglio. La controversia si incentrava sul passaggio, nelle delibere del Consiglio, dal sistema di votazione all’unanimità alle altre regole di voto (di preferenza a maggioranza). In effetti il mantenimento del criterio dell’unanimità avrebbe garantito i singoli Stati dal rischio di veder progredire la Comunità verso traguardi che non fossero stati da tutti concordati. Il ‘compromesso di Lussemburgo’(1966) ritenne ‘augurabile’ che, prima di adottare una proposta di particolare importanza, la Commissione “prendesse appropriati contatti con i governi degli Stati membri, attraverso i loro rappresentanti permanenti”. La Commissione ne uscì ridimensionata, mentre il Consiglio conservò il ruolo centrale nell’assetto istituzionale della Comunità.
A partire dai primi anni 1970 gli avvenimenti più significativi furono: l’ampliamento della Comunità che passò, con adesioni successive, da 6 a 12 Stati (Gran Bretagna, Danimarca e Repubblica d’Irlanda dal 1° gennaio 1973; Grecia dal 1° gennaio 1981; Spagna e Portogallo dal 1° gennaio 1986); l’approvazione del sistema delle ‘risorse proprie’ (il regime di autofinanziamento CEE, i cui cespiti erano dati dai dazi derivanti dalla tariffa doganale esterna comune, dai prelievi agricoli – i cespiti, cioè, gravanti sulle importazioni di derrate alimentari provenienti da paesi extracomunitari – e dal gettito dell’IVA nella misura dell’1,4%), l’elezione a suffragio universale diretto del Parlamento europeo.
Ma è solo nella seconda metà degli anni 1980 che la costruzione europea registrò significative accelerazioni. Il metodo seguito fu quello pragmatico di ampliare, con successive modifiche dei Trattati, la sfera di interessi e di competenze della Comunità. In tale prospettiva furono approvati l’Atto unico europeo (AUE), firmato il 17 e 18 febbraio 1986 rispettivamente a Lussemburgo e all’Aia, e successivamente il Trattato sull’Unione Europea (TUE), firmato a Maastricht (Paesi Bassi) il 7 febbraio 1992. Dopo il Trattato di Maastricht, che ha abrogato la clausola limitativa prevista nel Trattato CEE, l’ammissione alla Comunità, in origine riservata ai soli Stati europei, è stata in teoria aperta a qualunque paese che lo richieda. Con questi due atti vennero altresì inclusi nel progetto politico europeo settori quali la politica estera (Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea) e di difesa (Politica di sicurezza e difesa comune dell’Unione Europea), oltre che una stretta cooperazione nazionale nel campo della giustizia e degli affari interni (Cooperazione giudiziaria. Diritto dell’Unione Europea).
Una delle più rilevanti realizzazioni dell’integrazione europea, l’unione economica e monetaria, entrò nella sua fase conclusiva il 1° gennaio 1999, con l’introduzione della moneta unica, l’euro, in 12 Stati membri, dove esso divenne effettivamente circolante dal 1° gennaio 2002 (Unione economica e monetaria. Diritto dell’Unione Europea, Euro).
Era inevitabile che gli storici sviluppi prodottisi in Europa dopo la caduta del muro di Berlino si ripercuotessero sull’integrazione europea: a partire dall’inizio degli anni 1990 gran parte dei paesi ex socialisti dell’Europa centrale e orientale si avvicinarono rapidamente all’Unione, presentando domanda di ammissione. In tal modo prese avvio un processo di allargamento dell’UE senza precedenti, sia per quantità sia per condizioni economiche e politiche dei paesi aspiranti.
L’allargamento ai paesi dell’Europa centro-orientale, peraltro, sollevò problemi di maggiore complessità. In primo luogo, occorreva che i paesi aspiranti si ponessero in condizioni economiche e giuridiche tali da poter rispettare completamente il diritto comunitario. Per raggiungere questo obiettivo, l’Unione si dotò di un sistema di assistenza e di graduale avvicinamento dei paesi candidati, attraverso una serie di complessi accordi (Accordi europei), affiancati da programmi comunitari di assistenza, con cui l’UE si proponeva di fornire ai paesi candidati assistenza tecnica e sostegno finanziario nel processo di recepimento dell’acquis comunitario e di transizione verso un’economia di mercato in libera concorrenza; inoltre, negli Accordi erano previste clausole relative al rispetto dei principi di democrazia e dello stato di diritto, nonché dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e meccanismi in materia di dialogo politico tra il paese interessato e l’Unione. Il rispetto dei principi suindicati divenne una condizione per l’ammissione all’Unione (Diritti umani. Diritto dell’Unione Europea). Entrarono così a far parte dell’UE, con tre successivi allargamenti, Austria, Finlandia e Svezia nel 1995; Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria nel 2004; Bulgaria e Romania nel 2007.
Sotto un diverso profilo, la prospettiva dell’allargamento sollevò una serie di problemi di ordine istituzionale all’interno dell’Unione, dando l’avvio al processo di riforma delle istituzioni e del loro funzionamento che fu l’obiettivo principale dei trattati di Amsterdam del 1997 (entrato in vigore il 1° maggio 1999) e di Nizza (26 febbraio 2001). La Conferenza di Nizza del dicembre 2000 aprì la strada a un ulteriore processo di riforma dell’UE, allegando al Trattato di Nizza una Dichiarazione sul futuro dell’Unione in cui gli Stati membri delineavano le tematiche che avrebbero dovuto costituire oggetto di un ulteriore ripensamento istituzionale e di una migliore sistemazione nei trattati.
Nel 2001 il Consiglio europeo radunato a Laeken pose all’ordine del giorno il problema della stesura di un trattato-costituzione, volto a delineare un nuovo assetto istituzionale dell’UE. Il progetto di “Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa” fu firmato a Roma il 29 ottobre 2004, ma il processo di ratifica ebbe esito negativo (Costituzione europea). La prevista Costituzione fu quindi abbandonata, a favore di un nuovo progetto di trattato, diretto non già a sostituire, ma a riformare i Trattati in vigore.
Il 13 dicembre 2007, veniva adottato a Lisbona il Trattato di riforma, che ha modificato il Trattato sull’UE e il Trattato istitutivo della CE (oggi Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). Punti salienti del Trattato di Lisbona sono: l’istituzione di un presidente del Consiglio dell’Unione, con un mandato di due anni e mezzo; l’incremento dei compiti dell’Alto rappresentante per gli esteri; la riduzione del numero dei componenti della Commissione, in misura corrispondente a 2/3 degli Stati membri; il potenziamento dei compiti dell’Europarlamento; la limitazione del diritto di veto degli Stati membri a politica estera, sicurezza sociale e fisco; l’estensione del voto a maggioranza qualificata a 45 settori, fra cui la cooperazione giudiziaria e di polizia, la cultura, la politica economica; l’introduzione di una politica comune su energia e lotta al cambiamento climatico (Energia. Diritto dell’Unione Europea). L’art. 6 del Trattato, inoltre, ha riconosciuto alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea valore giuridicamente vincolante.
Per divenire effettivo, il Trattato di Lisbona ha richiesto la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali e, nel caso dell’Irlanda, un referendum popolare. Respinto una prima volta dalla popolazione irlandese, nel 2008, è stato riproposto e approvato l’anno successivo, ciò che ha consentito l’entrata in vigore del Trattato il 1° dicembre 2009.
Unione economica e monetaria. Diritto dell’Unione Europea
Concorrenza. Diritto dell’Unione Europea
Politica regionale dell’Unione Europea
Politica industriale dell’Unione Europea
Energia. Diritto dell’Unione Europea
Ambiente. Diritto dell’Unione Europea
Diritti umani. Diritto dell’Unione Europea
Cooperazione giudiziaria. Diritto dell’Unione Europea
Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea
Politica di sicurezza e difesa comune dell’Unione Europea
Relazioni esterne dell’Unione Europea
Dalla sentenza del Bundesverfassungsgericht alla ratifica del Trattato di Lisbona di Rosita Forastiero