tiroide Ghiandola impari e mediana, situata alla base del collo, nella regione anteriore, sotto il piano muscolare.
La t. si compone di 2 lobi di forma ovoidale appiattita, uniti tra loro da un istmo dal quale spesso ha origine un’appendice di forma conica (piramide di Lalouette o appendice del Morgagni). L’organo è riccamente vascolarizzato: le arterie derivano dalla carotide esterna (arteria tiroidea superiore) e dalla succlavia (arteria tiroidea inferiore) e con una certa frequenza è presente un’arteria accessoria, impari e mediana (arteria tiroidea ima o di Neubauer); le vene formano un plesso che avvolge la ghiandola, tra la capsula e la guaina fibrosa peritiroidea. I nervi provengono dal vago e dal simpatico; i linfatici sono tributari della catena giugulare interna.
La struttura della t. è lobulare; ogni lobulo contiene numerose vescicole, dette follicoli (v. fig.), che rappresentano le unità anatomiche e funzionali della ghiandola. I follicoli sono delimitati da cellule epiteliali cilindriche o appiattite mono- o polistratificate, sostenute da una sottile membrana; in essi è contenuta una particolare sostanza colloide (➔ tireoglobulina), nella quale sono presenti gli ormoni tiroidei elaborati dalle cellule delle pareti del follicolo e di altre a ridosso di queste. Tali ormoni vengono immagazzinati per un tempo variabile (anche 2-3 settimane) nell’interno dei follicoli, per passare gradualmente in circolo in quantità proporzionata alle esigenze dell’organismo.
Nella compagine della t. sono state individuate le cellule parafollicolari, che nell’Uomo costituiscono circa lo 0,1% delle componenti parenchimali. Hanno la caratteristica di essere isolate o ammassate in piccoli gruppi, ma di non sporgere mai verso il lume follicolare.
Fatta eccezione per le cellule parafollicolari, che elaborano calcitonina e somatostatina, la funzione endocrina della t. si svolge mediante produzione di caratteristici ormoni iodati, cioè la tiroxina (➔) e la triiodotironina (➔ tironina). Grazie all’intervento di enzimi (perossidasi, sistemi citocromo-citocromossidasi ecc.), la t. capta, concentra e ossida gli ioduri circolanti, utilizzando poi iodio in fase atomica per l’elaborazione degli ormoni. Due atomi di iodio vengono incorporati, in due tempi successivi, nella molecola di un amminoacido, la tirosina (➔), presente nella sequenza peptidica della tireoglobulina: si formano così la monoiodotirosina e la diiodotirosina; 2 molecole di quest’ultima si combinano a formare uno dei 2 ormoni tiroidei, la tiroxina (o tetraiodotirosina, contrassegnata con il simbolo T4). L’altro, la triiodotironina (simbolo T3), può essere sintetizzato con 2 modalità: o per coniugazione di una molecola di monoiodotirosina con una di diiodotironina oppure dalla tiroxina per sottrazione di un atomo di iodio.
L’attività funzionale della t., come quella delle altre ghiandole endocrine, è connessa con l’attività dell’ipofisi e del diencefalo da un meccanismo a feedback negativo: il sistema diencefalo-ipofisario elabora l’ormone tireotropo (➔ tirotropina) che eccita l’attività tiroidea; a loro volta gli ormoni tiroidei condizionano, frenandola, la produzione diencefaloipofisaria di tirotropina. Gli ormoni tiroidei svolgono un’importante funzione sul metabolismo: agiscono sia sulla crescita sia sullo sviluppo e differenziazione di vari organi. Esercitano un’azione termogenica, incrementano il consumo di ossigeno, agiscono sulla sintesi e sui sistemi di degradazione del colesterolo, stimolano la lipolisi e sono dotati di un significativo effetto cronotropo e inotropo positivo sul cuore. A livello scheletrico stimolano sia la genesi sia i processi di riassorbimento osseo.
L’esame semeiologico della t. si avvale, oltre che dei dati tratti dall’esame clinico (mediante ispezione, palpazione, eventualmente ascoltazione), dei metodi di ricerca funzionali comprendenti la prova di captazione dello iodio radioattivo (131I), la scintigrafia, il dosaggio di tiroxina, triiodotironina e tirotropina. Lo studio radiologico classico della t. si limita a esaminare, eventualmente con il sussidio della stratigrafia, la presenza di deviazioni e compressioni della trachea, specie nel gozzo, o l’eventuale affondamento dell’organo nel torace. Più efficaci sono le applicazioni di ecografia, tomografia computerizzata, la risonanza magnetica nucleare.
La patologia della t. comprende principalmente malformazioni congenite (aplasia, cisti ecc.), traumi, fistole, il gozzo, l’ipertiroidismo, il morbo di Basedow, processi infiammatori (tiroiditi), tumori benigni (adenomi) o maligni (epiteliomi, sarcomi, emangioendoteliomi), con metastasi nei linfonodi regionali, nei polmoni e nelle ossa. Gli agenti infettivi delle tiroiditi possono raggiungere la ghiandola attraverso ferite, oppure per via linfatica o ematica. I sintomi locali sono quelli dell’infiammazione, cui si aggiungono la disfagia e, in alcuni casi, la voce bitonale (per paralisi dei nervi ricorrenti) e la compressione dei vasi del collo. Una particolare forma è la tiroidite cronica linfocitaria (o di Hashimoto), di origine autoimmune, con dati istologici tipici che evidenziano un infiltrato diffuso della struttura ghiandolare a carattere linfocitico; rappresenta il tipico esempio di malattia autoimmune organo-specifica, nella quale sono coinvolti meccanismi patogenetici misti, sia umorali (anticorpi antitiroide) sia cellulari (meccanismi citotossici).
La chirurgia della t. comprende l’escissione di fistole, cisti, il drenaggio di ascessi e l’asportazione della ghiandola (tiroidectomia), intervento che trova indicazione nella cura dell’ipertiroidismo refrattario alle cure mediche, del gozzo, di alcune tiroiditi acute e croniche, dei tumori della tiroide. Si distingue in parziale e totale, in rapporto all’estensione dell’ablazione della ghiandola.