storica, scuola Nel campo di varie discipline, indirizzi di studi, che, ripudiando ogni concezione aprioristica, astratta, dogmatica, affermano di volersi avvicinare all’oggetto delle loro ricerche con criteri strettamente storici.
Uno dei maggiori indirizzi teorici dell’etnologia dei primi decenni del 20° sec. fu la cosiddetta scuola storico-culturale. Sorta come reazione alla scuola evoluzionistica, si basava su una visione diffusionistica della cultura, che incontrò grande favore in Germania e in Austria a opera di L. Frobenius, che ne fu uno dei rappresentanti più espressivi. Nell’opera Der Ursprung der afrikanischen Kulturen (1898) egli definì il suo concetto di cicli e aree culturali risultanti dalla diffusione di elementi culturali riconoscibili e identificabili in base a un certo numero di caratteristiche comuni.
Il metodo fu ripreso più sistematicamente da B. Ankermann e da F. Graebner che, in base alle loro ricerche, individuarono «cicli» (tipi di culture estendentisi anche a culture lontane), e «strati culturali» (più cicli sovrapposti e stratificati). Su queste basi prese appunto l’avvio la scuola storico-culturale, le cui teorie furono formulate negli anni 1930 da F. Graebner e W. Schmidt. La critica di questi studiosi all’evoluzionismo si fondava sull’osservazione che ogni invenzione, in ogni campo, non si è realizzata autonomamente nello stesso modo in ogni epoca e presso ogni popolazione, ma ha avuto uno o più centri di sviluppo, da cui si è diffusa, spesso modificandosi, fra altre popolazioni. Essa non deriva quindi da istituzioni precedenti seguendo una universale legge di sviluppo. La prospettiva proposta dalla scuola storico-culturale, che molti storici dell’antropologia considerano come una reazione della cultura cattolica allo scientismo evoluzionista del 19° sec. (forti erano infatti i legami tra i fondatori della scuola, la Chiesa cattolica e il Vaticano), pur apportando importanti contributi alla conoscenza di dinamiche e processi culturali, è stata gradualmente abbandonata negli anni 1950-60 e non costituisce più un riferimento tecnico o metodologico nella concreta ricerca antropologica.
Particolare importanza questa prospettiva di studi ha avuto in Italia, dove si può dire che gli inizi dell’etnologia abbiano coinciso con l’applicazione di teorie e prospettive direttamente derivate dalla scuola storico-culturale. V. Grottanelli (➔), tra i fondatori della etnologia italiana, fu infatti allievo di padre W. Schmidt a Vienna e a lungo seguace dei metodi e delle teorie diffusioniste.
Nella storia delle dottrine economiche il termine vecchia scuola s. è stato adoperato soprattutto per distinguere polemicamente dall’indirizzo storicistico di G. von Schmoller gli economisti precedenti (in particolare B. Hildebrand, K. Knies e W. Roscher), i quali, pur dando importanza all’osservazione storica, non mostrarono ostilità verso la teoria economica astratta e deduttiva e cercarono di tracciare le leggi dello sviluppo s. dell’economia.
Il termine di giovane (o nuova) scuola s. designa invece una vera scuola che ha tra i suoi maggiori esponenti G. von Schmoller, A. Wagner, L. Brentano, A. Schäffle e G. Schönberg e che applicò sistematicamente il metodo storico delineato dagli economisti precedenti, rivedendone le premesse considerate troppo legate ancora ai principi dell’economia classica e del diritto naturale. Pur ritenendo essenziale, in opposizione alle vedute degli economisti classici e marginalistici, l’indagine sui fatti e pur sostenendone la preminenza sull’indagine teoretica (all’accesa controversia metodologica parteciparono in primo piano K. Menger e G. von Schmoller), questa scuola combinò le ricerche storiche, per lo più a carattere monografico, con la trattazione di problemi economici concreti e accentuò l’importanza dell’aspetto sociale delle questioni, tanto che, dopo il congresso di Eisenbach (1872), fu chiamata anche socialismo della cattedra. Il nome di giovanissima scuola s. è attribuito al gruppo poi costituito da V. Spiethoff, M. Weber e W. Sombart.
Con l’espressione scuola s. (o anche scuola del metodo s.) si designano complessivamente gli studiosi che in Italia nella seconda metà del 19° sec. operarono nel campo della filologia e della storia ed erudizione letteraria.
Essi innestarono le dottrine del dominante positivismo su impostazioni estetiche e sentimentali nettamente romantiche, nel tentativo di conferire alle discipline letterarie dignità di scienza, descrivendole ‘obiettivamente’, volgendosi a recuperare il certo, il documentabile esternamente, e rifuggendo da problemi estetici e filosofici. Si deve ai filologi di questo indirizzo una grandiosa esplorazione delle biblioteche e degli archivi, alla caccia di testi inediti e documenti in base ai quali ricostruire biografie, ambienti familiari e sociali, fortune di libri, vicende di edizioni.
Altro elemento caratterizzante tale approccio fu l’amore per la filologia testuale, che peraltro nella prima generazione della scuola restò (per i testi medievali e se si eccettui P. Rajna) amore piuttosto platonico, data l’impossibilità di applicare a testi, in genere rappresentati da decine o centinaia di codici, i rigidi criteri elaborati da K. Lachmann per i testi classici. Nel campo delle letterature classiche vanno ricordati D. Comparetti, G. Vitelli, R. Sabbadini, N. Festa, G. Pasquali, G. Funaioli, L. Castiglioni; nella filologia romanza e nella letteratura italiana, accanto a G. Carducci e allo stesso Comparetti, A. D’Ancona, F. D’Ovidio, Rajna, A. Bartoli, B. Zumbini, E. Monaci, R. Renier, A. Mussafia, F. Novati ecc. Contro le esagerazioni del metodo storico (erudizione fine a sé stessa e straripante filologismo), particolarmente evidenti presso gli autori minori, si levò l’estetica idealistica e la prassi critica di B. Croce, il quale con una vigorosa polemica sostenne che le ricerche erudite potevano, sì, avvicinare il lettore a quel grande fatto spirituale che è la poesia, ma mai arrivare a spiegarlo. E.G. Parodi, V. Rossi, F. Torraca, G. Bertoni, C. De Lollis, F.F. Benedetto, M. Barbi fecero tesoro di questa lezione e, senza rinunciare al rigoroso accertamento filologico, mediarono tra filologia e critica estetica e spirituale.