Dottore della Chiesa latina (Stridone, nei pressi di Aquileia, 347 circa - Betlemme 419); di un'agiata famiglia cristiana, Girolamo venne a Roma giovanissimo, con l'amico Bonoso, per compiervi eccellenti studî di grammatica e retorica. Qui, sotto maestri valenti (Elio Donato fu uno di questi), inclinò definitivamente per la filologia e le lettere con un atteggiamento e una passione che hanno caratterizzato il suo ascetismo e hanno fatto di G. il simbolo dell'umanesimo cristiano. Con Bonoso, alla fine degli studî romani, passa in Gallia, a Treviri, dove trascorre alcuni anni, studiando e trascrivendo opere. Poi lo ritroviamo ad Aquileia, in un circolo dotto raccolto attorno al vescovo Valeriano e frequentato anche dal suo amico Rufino; ma nel 373 G., con Bonoso e due altri amici, cerca la via dell'Oriente. Nel 374 è ad Antiochia dove Evagrio lo accoglie e l'assiste durante una lunga malattia. In questi anni a Calcide si colloca la rivoluzione intellettuale di G., il suo netto ripudio della letteratura pagana e la decisione di dedicare alla Scrittura ogni sua passione: causa ne sarebbe stato - raccontava egli stesso a Eustochio, in una lettera famosa (XXII, 30) - un sogno in cui Cristo gli aveva rimproverato d'essere "ciceroniano, non cristiano". Lasciata Antiochia e ritiratosi nel deserto, egli attende alacremente allo studio dell'ebraico e dell'esegesi biblica. Indotto a uscire dal suo isolamento dalle ripercussioni del conflitto tra Paolino e Melezio, durante il cosiddetto scisma di Antiochia, G. fu persuaso da Evagrio a prendere le parti del primo (che lo ordinò sacerdote), ma combatté contro l'estremismo dei luciferiani (379). L'anno seguente lasciava però Antiochia per seguire a Costantinopoli le lezioni di Gregorio Nazianzeno e perfezionare lo studio del greco: nel 382, con Paolino ed Epifanio di Salamina, G. viene a Roma e partecipa al concilio indetto da papa Damaso per risolvere lo scisma antiocheno. Assai apprezzato dal papa letterato, è incaricato di rivedere sui testi greci l'antica versione latina della Bibbia: da quest'opera è nato il Psalterium Romanum (il Gallicanum sarà preparato dallo stesso G. in seguito). Non solo gli studî biblici tengono impegnato G.: sull'Aventino, nella casa di Marcella, egli riunisce attorno a sé nobili matrone delle quali è guida ascetica e maestro spirituale. Senonché la sua impaziente predicazione di ascetismo restringe il gruppo degli amici, mentre gli avversarî personali si fanno minacciosi: alla morte di Damaso (dic. 384), G. preferisce lasciare Roma e tornare alla quiete studiosa. Ad Antiochia lo raggiungono però Paola e sua figlia Eustochio, e con loro G. si stabilisce (estate 386) a Betlemme, dove dirige un monastero maschile, mentre a Paola è affidata la cura di uno femminile. Per oltre un trentennio G. compie un lavoro imponente di traduttore, esegeta e polemista. Prepara i commentarî biblici: Filemone, Galati, Efesini, Tito (386-87); Ecclesiaste (389-90); Nahum, Sofonia, Michea, Aggeo, Abacuc (393); Giona e Abdia (396); Matteo (398); Osea, Gioele, Amos, Malachia e Zaccaria (406); Daniele (407); Isaia (408-10); Ezechiele (411-14); Apocalisse; Geremia (incompl., 415-19). La sua esegesi procede dall'allegorismo origeniano a un esame più aderente e letterale, e consente di seguire l'evoluzione dell'atteggiamento di G. verso il testo biblico. Ovviamente la parte maggiore in questa evoluzione l'ha avuta la lunga esperienza (non meno di 15 anni) di traduttore dell'Antico Testamento (libri protocanonici e Daniele, Geremia e Ester), che sarà accolta in tutto l'Occidente come la Vulgata. Tutto questo lavoro non si compì pacificamente: a parte la pausa del 393, dovuta alla polemica contro Gioviniano (v.), la più violenta per linguaggio fra le polemiche di G., dove si riafferma l'assoluta superiorità dell'astinenza e della verginità, o la breve disputa epistolare con Agostino, lo scontro con Rufino assume particolare importanza. Questo scontro, che ha i suoi documenti principali in alcuni scritti (400-01) di Rufino e in quelli di risposta (401-02) di G., riguardava l'accusa di origenismo fatta a quest'ultimo e da lui furiosamente respinta. Nelle ultime polemiche contro Vigilanzio, e contro Pelagio (Adversus Pelagianos, 415), domina la preoccupazione di evitare nella pratica ascetica turbamenti e mitigazioni che altri tentano di giustificare con ragioni teologiche. Importante fonte per la storia della letteratura cristiana è il De viris illustribus riguardante, sull'esempio di Svetonio, gli scrittori cristiani. La sua rielaborazione del Chronicon di Eusebio ebbe importanza fondamentale nella cultura del Medioevo e del primo Umanesimo, ed è tuttora fonte insostituibile di notizie, soprattutto per ciò che concerne la cronologia della letteratura latina. Mirabile letterato e scrittore pregevole, di grandissima erudizione profana oltre che sacra, G. deve la sua maggior fama allo stupendo stile delle lettere (circa 150) forse ancor più che alla traduzione della Bibbia: questa lo raccomandò alla cultura medievale, ma nelle epistole gli umanisti quattro-cinquecenteschi ritrovarono la testimonianza di un dramma culturale, nel contrasto fra Cicerone e Cristo, che era ancora vivo in loro. Festa, 30 settembre.