Con la rappresentanza si opera una delle più importanti fattispecie della collaborazione giuridica in quanto si realizza un fenomeno in cui diversi soggetti dell’ordinamento giuridico direttamente interessati o indirettamente partecipi di un interesse cooperano per il raggiungimento di un fine che è o viene reso comune. Lo scopo pratico della rappresentanza è quello di consentire al titolare del rapporto di acquistare i diritti o di contrarre le obbligazioni, che derivano dal negozio concluso mediante la dichiarazione di volontà di un diverso soggetto legalmente capace. In tal modo chi conclude il negozio (rappresentante) spende il nome del titolare del rapporto (rappresentato) e fa ricadere sul rappresentato gli effetti del negozio concluso entro i limiti dei poteri ricevuti. La rappresentanza può essere diretta (propria) e indiretta (cosiddetta rappresentanza di interessi). Nella rappresentanza diretta gli effetti giuridici del negozio si producono direttamente per (o contro) il rappresentato, in quanto il rappresentante, pur partecipando al negozio con la propria volontà, emette la propria dichiarazione a nome del rappresentato. Nella rappresentanza indiretta, dove, esteriormente, non appare che il rappresentante curi interessi altrui in quanto stipula in nome proprio (salvo i rapporti interni fra rappresentante e rappresentato facenti capo a un negozio di mandato fra di loro), gli effetti giuridici del negozio si producono nella cerchia giuridica del rappresentante, che è obbligato a trasmettere gli effetti stessi (attivi e passivi) al rappresentato, sul quale, in sostanza, ricadono i rischi e i vantaggi del negozio. Dalla rappresentanza deve essere distinto il caso del nuncius o messo, che reca un documento o comunica al destinatario una dichiarazione di volontà, perché manca, in questi casi, l’estremo della rappresentanza, limitandosi l’incaricato a riportare o a riferire una volontà alla quale è del tutto estraneo. Requisiti della rappresentanza sono: l’esistenza di un rapporto tra rappresentante e rappresentato e la spendita del nome altrui da parte del rappresentante. Il rapporto di rappresentanza può derivare da un atto negoziale del rappresentato (rappresentanza volontaria) o dalla legge (rappresentanza legale) o da un provvedimento del giudice (rappresentanza giudiziale). La rappresentanza volontaria nasce da un negozio unilaterale di procura con cui il rappresentante conferisce al rappresentato il potere di agire in suo nome e rende noti ai terzi i limiti della procura conferita. Quanto alla forma, la procura deve rivestire ad substantiam la medesima forma prescritta per il negozio il cui compimento è demandato al procuratore (art. 1392 c.c.). Così una procura ad alienare immobili deve avere ad substantiam la forma scritta. Quanto al contenuto, la procura può essere generale o speciale a seconda che al rappresentante sia conferita la trattazione di tutti gli affari del rappresentato o solo alcuni specificamente indicati; individuale o collettiva a seconda che sia conferita a una o più persone. A sua volta la procura collettiva può essere congiunta o disgiunta a seconda che i rappresentanti debbano agire congiuntamente o ciascuno di essi possa agire da solo per l’intero affare. La rappresentanza legale nasce da uno stato d’incapacità legale di agire di un soggetto titolare di diritti. Le ipotesi in cui ricorre la rappresentanza e i suoi limiti sono fissati dalla legge stessa che attribuisce a un soggetto diverso dal titolare dei diritti l’ufficio o la funzione di rappresentanza. Caso tipico di rappresentanza legale si ha nella potestà dei genitori. Esula invece dalla ipotesi della rappresentanza legale quella dei rapporti tra le società, e in genere gli enti dotati di personalità giuridica, e i loro amministratori. Qui invero si rientra nel concetto di ‘organo’ che presuppone che l’atto compiuto dall’amministratore sia riferito direttamente alla società o all’ente. È, in altri termini, la società o l’ente che agisce a mezzo del suo organo-persona fisica. Tuttavia, poiché, almeno in apparenza, si ha una situazione simile a quella della rappresentanza, la dottrina parla di rappresentanza organica. La rappresentanza giudiziale costituisce una figura affine alla rappresentanza legale e ricorre nell’ipotesi in cui spetta al giudice in sede di giurisdizione volontaria scegliere il rappresentante che agisca in nome del rappresentato incapace o impossibilitato ad agire. Casi tipici di rappresentanza giudiziale si hanno nella tutela e nella curatela. Figure speciali di rappresentanza sono la rappresentanza processuale, che non attiene al compimento di atti negoziali, ma riguarda gli atti processuali nei giudizi in cui la parte deve per legge farsi assistere da procuratore o da avvocato iscritto negli appositi albi, e la rappresentanza gestoria, che si verifica quando un soggetto abbia spontaneamente assunto la gestione di un affare altrui e questa gestione sia utile inizialmente.
Per poter essere efficace, la rappresentanza deve comprendere un conferimento di poteri da portare a conoscenza dei terzi con i quali il rappresentante è destinato a entrare in rapporto. Nel caso della rappresentanza procuratoria i terzi devono essere messi in grado di conoscere il tenore della procura e i limiti di essa. Anche la eventuale revoca della procura deve essere portata a conoscenza dei terzi. La procura è irrevocabile solo quando sia stata conferita o nel prevalente interesse dello stesso rappresentato o nell’interesse comune del rappresentato e del rappresentante o nell’interesse di un terzo. Dalla procura come atto unilaterale rivolto ai terzi va distinta la procura come contratto sottostante di mandato che s’instaura tra rappresentante e rappresentato. Tale distinzione fa sì che può darsi mandato senza rappresentanza quando il mandatario non impegna il mandante verso i terzi, o rappresentanza legale dove non esiste nessun mandato sottostante. Dalla rappresentanza nascono per il rappresentante talune obbligazioni tipiche. Così il rappresentante non può eccedere dai limiti dei poteri conferitigli e non può agire dopo la revoca o la cessazione della rappresentanza oppure in ogni caso in cui si trovi in conflitto d’interessi con il rappresentato. Dalla violazione di questi obblighi nascono responsabilità del rappresentante tanto nei confronti del rappresentato, in base al rapporto sottostante, quanto nei confronti dei terzi che abbiano senza loro colpa fatto affidamento sull’ampiezza della procura o sulla sua efficacia. Pertanto la revoca o la cessazione della procura non può essere opposta al terzo in buona fede. Ogni eccesso di delega compiuto dal rappresentante può tuttavia essere retroattivamente sanato dalla ratifica. La rappresentanza si estingue: per il venir meno della procura, che è di regola limitata nel tempo, o per la sua revoca; per la morte e incapacità sopravvenuta del rappresentante o del rappresentato; perché si è esaurito l’affare per cui fu conferita la procura speciale; per rinuncia del rappresentante; per raggiungimento della maggiore età del minore rappresentato; per revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione o infine per ritorno dell’assente nei casi specifici di rappresentanza legale. Fra rappresentante e rappresentato può verificarsi un conflitto d’interessi quando l’attività del rappresentante appaia ispirata al soddisfacimento di un interesse proprio o altrui che sia in contrasto con quello del rappresentato. Tale conflitto si riflette sulla validità del negozio compiuto dal primo in nome del secondo, il quale può chiedere l’annullamento del negozio stesso se e in quanto il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo contraente (art. 1394 c.c.), salva l’azione di responsabilità nei confronti del rappresentante. Quando si tratti di rappresentanza legale, l’esistenza del conflitto d’interessi può dar luogo alla revoca del rappresentante, o, se essa riguardi soltanto singoli affari, alla nomina di un curatore speciale per la tutela dell’incapace in ordine a quegli affari stessi.