In geologia, termine, introdotto nel 1943 dallo statunitense S. W. Muller, che indica lo strato di terreno permanentemente gelato che si trova, a profondità non minori di qualche metro, nel sottosuolo di varie zone, specialmente ad alta latitudine e ad alta quota; si stima che il p. si estenda sotto circa un quinto delle terre emerse a latitudini maggiori di circa 60° e, indipendentemente dalla latitudine, alle alte quote delle grandi montagne.
Nelle regioni a clima freddo delle alte latitudini la parte più superficiale del terreno è chiamata strato attivo (mollisol); esso ha una temperatura intorno a 0 °C, che varia in funzione della stagione, e spessori variabili da 30÷50 cm fino a 1÷3 m. Al di sotto di questo strato si trova invece il p., che ha temperature costantemente al di sotto dello zero. Lo spessore del p. è variabile e raggiunge una profondità da 300 a 600 m in regioni come il Canada, l'Alasca e la Siberia; in quest'ultima può arrivare anche fino a profondità di 1500 m. Sempre in relazione alla latitudine il p. può essere più o meno continuo o addirittura sporadico. Connessi al p. sono inoltre tutta una serie di processi che traggono origine da squilibri termici interni al p. stesso, da infiltrazioni d'acqua e dalle variazioni di temperatura stagionali. Tipici delle aree periglaciali con p. sono, per es., i cunei di ghiaccio, che formano in pianta una rete poligonale, e le collinette cupoliformi, conosciute con il nome di pingo e palsa, la cui formazione è legata all'aumento di volume dell'acqua quando si trasforma in ghiaccio.