Causa estintiva dei reato applicabile nel caso in cui il fatto incriminato sia commesso da un soggetto minore di età. È stata introdotta nell’ordinamento italiano nel 1930, dall’art. 169 c.p., poi modificato dal r.d. 1404/1934, che impone al giudice di non pronunciare condanna quando «avuto riguardo alle circostanze dell’art. 133 c.p., presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati». La concessione può applicarsi soltanto ai minori che non siano stati condannati a pena detentiva per delitto e non siano delinquenti o contravventori abituali o professionali. Secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, il perdono giudiziale può essere concesso una sola volta, salvo non si tratti di reati uniti a vincolo di continuazione a quelli per i quali è stato concesso il beneficio (sent. n. 108/1973), o di reato commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, quando il cumulo della pena non superi i limiti di applicabilità del beneficio (sent. n. 154/1976). Fondamento di questa sentenza è evitare al reo una preclusione che discenderebbe solo dalla circostanza che i giudizi per i vari reati si sono svolti separatamente, pur potendo in realtà confluire in un unico processo, dando luogo, quindi, a un’unica sentenza. Il motivo per cui lo Stato tramite questo istituto rinuncia a condannare il colpevole di un reato, in considerazione della sua giovane età, è quello di consentirgli un più rapido recupero sociale. Il perdono giudiziale non può essere concesso più di una volta ed è rimesso al prudente apprezzamento del giudice. In ogni caso, una volta ottenuto, il provvedimento è irrevocabile.
Minore. Diritto processuale penale