Olimpiadi
Sotto la bandiera con i cinque cerchi
Le Olimpiadi moderne sono il complesso di competizioni sportive internazionali, dette anche Giochi olimpici, istituite nel 1896 per iniziativa del barone Pierre de Coubertin, che intendeva far rivivere lo spirito dei più famosi giochi sacri dell’antichità, celebrati in onore di Zeus a Olimpia. Sono organizzate con cadenza quadriennale dal Comitato internazionale olimpico, in città diverse e con regole precise. A esse si affiancano anche le Olimpiadi invernali, dal 1924, e le Paralimpiadi, dedicate ad atleti disabili, organizzate a partire dal 1960
Le Olimpiadi dell’Era moderna, ispirate ai giochi che si svolgevano a Olimpia nell’antichità, sono state proposte dal barone francese Pierre de Coubertin che scelse anche il motto latino Citius, altius, fortius («più veloce, più alto, più forte»), e la bandiera con cinque cerchi di colore diverso, intrecciati a simboleggiare l’unione dei popoli dei cinque continenti. I Giochi si svolgono ogni quattro anni dal 1896 (ci sono state solo le interruzioni dovute alle due guerre mondiali) e raccolgono sotto un’unica bandiera atleti provenienti da quasi tutti i paesi del mondo. Nel 2004, ad Atene, ben 10.500 atleti hanno partecipato alle gare in programma: 28 discipline sportive per un totale di 301 specialità.
I Giochi olimpici, celebrati in onore di Zeus nella città sacra di Olimpia ogni quattro anni nei mesi estivi, erano i più antichi e i più solenni fra i quattro giochi panellenici celebrati dai Greci. Gli altri erano i Giochi pitici, in onore di Apollo Pitio, che si celebravano a Delfi il terzo anno da ciascuna Olimpiade (cioè il periodo tra due Giochi olimpici); i Giochi nemei, in onore di Archemoro, figlio del re di Nemea, che si celebravano ogni secondo e quarto anno dall’Olimpiade; i Giochi istmici, in onore di Posidone, che si celebravano anche questi ogni due anni sull’istmo di Corinto. Vi era poi anche una serie di giochi minori di carattere locale, i più importanti dei quali erano i Giochi panatenaici che si svolgevano ad Atene, a partire dal 566 a.C., in onore di Atena Pallade.
La cronologia dei Giochi olimpici inizia con l’anno 776 a.C. anche se la loro origine è probabilmente più antica. Inizialmente, si disputavano solo diversi tipi di corse podistiche alle quali si aggiunsero poi pentathlon, pugilato, corse con i cavalli, quelle armate, quelle con i carri e il pancrazio (unione di pugilato e lotta). Alle gare non erano ammessi stranieri, schiavi e persone disonorate. Le donne, alle quali era vietato persino assistere alle gare (almeno fino al 396 a.C.), organizzavano ad Argo, sin dal 6° secolo a.C., propri Giochi, detti erei perché dedicati a Era. I Giochi olimpici raggiunsero l’apice verso la fine del 5° secolo a.C. e proseguirono per tutta l’epoca romana, fino al 393 d.C., quando furono vietati dall’imperatore romano cristianizzato Teodosio I perché ritenuti uno spettacolo pagano.
Con la scoperta, nel corso dell’Ottocento, delle rovine dell’antica città di Olimpia si rinnovò l’interesse per lo spirito dei Giochi dell’antichità. Pierre de Coubertin, pedagogista e sociologo, riuscì a riproporre i Giochi sia come parte di un più ampio discorso sull’importanza dello sport nella formazione dei giovani, sia come strumento di pace tra i popoli. Nel 1894, al termine di un congresso internazionale alla Sorbona di Parigi, si stabilì che i primi Giochi olimpici dell’Era moderna si sarebbero svolti ad Atene nel 1896 e si istituì il Comitato internazionale olimpico (CIO) per curarne l’organizzazione. A questi primi Giochi parteciparono 250 atleti in rappresentanza di 13 dei 21 paesi che avevano inizialmente aderito all’iniziativa.
Fu comunque la manifestazione sportiva più importante organizzata fino a quel momento, tanto che, presi dall’entusiasmo, i Greci proposero Atene quale sede permanente dei Giochi.
Il CIO ritenne invece più opportuno che ogni edizione fosse ospitata da un paese diverso, proprio per sottolineare il carattere universale dell’iniziativa. Venne scelta Parigi per l’edizione del 1900, sia per omaggio a Coubertin, sia perché alcuni pensavano che l’abbinamento con l’Esposizione Universale, prevista per lo stesso anno nella capitale francese, avrebbe richiamato l’attenzione del pubblico. Al contrario le gare, proposte come ‘concorsi sportivi dell’Esposizione’, furono relegate in secondo piano.
Andò ancora peggio a Saint Louis (USA) nel 1904. Per molti atleti la sede era distante e questo si rivelò un ostacolo insormontabile: dei 496 partecipanti, solo 64 provenivano da altri continenti. Inoltre, i Giochi furono di nuovo inglobati in una fiera commerciale, la Louisiana purchase exposition, e affiancati da manifestazioni di contorno, tra le quali c’erano i cosiddetti Anthropological Days che proponevano gare sportive riservate ai Neri, ai popoli asiatici, ai Pellirosse in disaccordo con gli ideali olimpici contrari a qualunque tipo di discriminazione. Coubertin non assistette neanche ai Giochi!
Nella quarta edizione, quella di Londra (1908), cambiò tutto, grazie anche alla profonda cultura sportiva del paese ospitante. Parteciparono oltre 2.000 atleti di 22 nazioni (68 italiani) e il rigore e la professionalità dell’organizzazione restituirono alle Olimpiadi la dignità persa a Parigi e a Saint Louis. I Giochi di Londra sono da considerarsi il vero inizio delle Olimpiadi moderne. Progressivamente si definirono il cerimoniale e i simboli legati alla manifestazione, che ancora oggi contribuiscono a mantenerne la solennità e il fascino malgrado la crescente commercializzazione: la fiamma olimpica nel 1928 (Amsterdam), la bandiera (approvata nel 1914, utilizzata nel 1920 ad Anversa), la staffetta con la fiaccola che porta la fiamma da Olimpia alla sede dei Giochi (Berlino, 1936), il giuramento di un atleta in rappresentanza di tutti i partecipanti (1920), e quello di un giudice (1972, Monaco di Baviera).
Dal 1932 (Los Angeles), tutti gli atleti sono ospitati in un villaggio olimpico appositamente costruito, e dal 1956 (Melbourne), durante la cerimonia di chiusura, essi entrano nello stadio non più divisi per nazione, come avviene nella cerimonia di apertura, ma tutti insieme, proprio per indicare l’unità di tutti i partecipanti al termine delle gare.
Due sport del ghiaccio furono inseriti nel programma olimpico già nelle prime edizioni, il pattinaggio artistico (1908, Londra) e l’hockey (1920, Anversa). L’accresciuta popolarità degli sport invernali, in particolare dello sci, imponeva un riconoscimento olimpico, ma risultava davvero complicato organizzare queste gare nell’ambito delle Olimpiadi che si svolgevano tradizionalmente nei mesi estivi. Nacquero così le Olimpiadi invernali che raggruppano gli sport della neve e del ghiaccio e si svolgono ogni quattro anni dal 1924 (Chamonix). Fino al 1992, le Olimpiadi estive e invernali si svolgevano lo stesso anno; poi è stato deciso di separare le due manifestazioni in modo che quelle invernali non sembrassero più un’appendice di quelle estive; dal 1994 (Lillehammer) si svolgono a due anni da quelle estive. Il cerimoniale è lo stesso ma il numero di discipline è inferiore: 7 in tutto, con 15 specialità.
Il programma delle prime Olimpiadi comprendeva nove discipline sportive: atletica leggera, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, scherma, sollevamento pesi, tennis e tiro sportivo; era inizialmente previsto anche il canottaggio, annullato, poi, per via del maltempo. A questo primo nucleo di discipline se ne sono progressivamente aggiunte molte altre. Nelle prime edizioni il programma era affidato alle scelte degli organizzatori. Così, alcuni sport, quali cricket, pelota basca e jeu de paume, sono stati disputati una sola volta (i primi due nel 1900 e il terzo nel 1908), mentre il pugilato è stato escluso a Stoccolma (1912) perché le leggi svedesi ne proibivano la pratica.
Il CIO ha poi deciso di stabilire criteri precisi, anche per dare continuità al programma, e di privilegiare le discipline largamente diffuse in tutto il mondo. Sono state così escluse discipline quali il tiro alla fune, disputato dal 1900 al 1920, e ne sono state incluse di nuove: le ultime sono il beach volley (1996) e lo snowboard (1998). Nel 1956, le prove di equitazione sono state disputate a Stoccolma anziché a Melbourne per evitare le leggi australiane sulla quarantena.
La crescita del numero di discipline crea oggi problemi organizzativi non indifferenti, tanto che si discute la possibilità di escludere prove complesse da allestire, quali la prova di fondo del concorso completo di equitazione, e le discipline meno seguite, come, per esempio il pentathlon moderno. Nel 2002, il CIO ha comunque stabilito un tetto massimo di 28 discipline per un totale di 301 specialità e 10.500 atleti.
La Carta olimpica elaborata da Coubertin per stabilire principi e regolamento delle Olimpiadi rifletteva la sua concezione decisamente partigiana dello sport. Non solo escludeva le donne, come nell’antichità, ma riservava la partecipazione ai dilettanti, ovvero a quanti avevano la possibilità di dedicarsi a un’attività sportiva nel tempo libero. Mentre, seppur lentamente, la partecipazione femminile è stata accettata (atletica e ginnastica femminili sono state introdotte solo nel 1928 ad Amsterdam), il principio del dilettantismo è stato applicato con assoluta fermezza per molto più tempo.
Ai primi Giochi di Atene, l’italiano Carlo Airoldi, che aveva fatto il viaggio a piedi attraversando Iugoslavia e Albania, non poté iscriversi alla maratona perché aveva accettato un premio in denaro per una corsa in Italia. Ancora, James Thorpe, protagonista dei Giochi di Stoccolma (1912), si è visto ritirare le medaglie d’oro vinte nel pentathlon e nel decathlon per aver accettato il rimborso delle spese di viaggio per una partita di baseball (la riabilitazione dell’atleta, postuma, è avvenuta solamente nel 1983). Alcuni anni dopo, gli sciatori svizzeri e austriaci hanno boicottato i Giochi invernali di Garmisch (1936) per protestare contro l’esclusione dei loro maestri di sci, considerati professionisti a differenza dei maestri di scherma, da sempre ritenuti ‘gentiluomini’.
Il principio del dilettantismo è stato superato dopo aspre polemiche solo negli anni Ottanta, quando il CIO ha dovuto riconoscere che, per ottenere risultati competitivi, è ormai necessario un impegno a tempo pieno. D’altra parte, per coerenza, il CIO avrebbe dovuto escludere non soltanto gli atleti finanziati dalle rispettive federazioni ma anche quelli sponsorizzati, ovvero la maggior parte degli atleti di punta di molte discipline sportive. Così nel 1988 i giocatori professionisti sono stati ammessi al torneo di tennis (Steffi Graff ha vinto il torneo femminile) e poi, nel 1989, alle altre discipline. Gli unici professionisti ancora esclusi dalle Olimpiadi sono i pugili.
L’Unione Sovietica, esclusa dai Giochi olimpici fino al 1952 (Helsinki), organizzò dal 1928 una contromanifestazione internazionale, le Spartachiadi, riservata agli atleti del blocco sovietico. Ai Giochi di Helsinki, l’URSS seguì gli Stati Uniti nel medagliere olimpico e, da allora, cominciò un’accesa rivalità tra le due grandi nazioni per un’affermazione di prestigio alla quale veniva attribuito un significato più politico che sportivo.
Già nel 1936 le Olimpiadi di Berlino erano state utilizzate dalla propaganda nazista di esaltazione dell’atleta ariano – che rimase comunque beffata dalle ripetute affermazioni dell’atleta afroamericano Jesse Owens. A partire dal secondo dopoguerra, la risonanza mondiale delle Olimpiadi è stata spesso sfruttata come occasione per attirare l’attenzione del mondo intero su determinate situazioni politiche.
L’edizione dei Giochi del 1968, a Città di Messico, è stata caratterizzata da manifestazioni studentesche duramente represse dalla polizia; in quella stessa occasione due atleti afroamericani, Thomas Smith e John Carlos, oro e bronzo nei 200 metri piani, salutarono il pubblico con il pugno chiuso, gesto del movimento Black Power dei neri americani, in segno di protesta contro il razzismo negli Stati Uniti. Un’azione di terroristi arabi contro gli atleti israeliani durante i Giochi di Monaco di Baviera (1972) causò una strage: nel tentativo di liberazione degli ostaggi presi dai terroristi, morirono i nove atleti rapiti, cinque terroristi e un poliziotto. Nel 1996 ad Atlanta, malgrado imponenti misure di sicurezza, un membro di una setta religiosa, Christian Identity, ha fatto esplodere una bomba al Centennial olympic park; il bilancio fu di due morti e oltre cento feriti.
La storia delle Olimpiadi registra anche diverse azioni di boicottaggio per motivazioni politiche: ancora nel 1968 diversi paesi africani minacciarono di boicottare i Giochi per protesta contro la politica di apartheid allora praticata dalla Repubblica Sudafricana. In quell’occasione il CIO ha escluso il Sudafrica (riammesso nel 1992), ma ciononostante nel 1976 (Montréal) gli atleti di 22 paesi africani decisero di lasciare il villaggio olimpico dopo che il CIO aveva rifiutato di escludere dalle Olimpiadi la Nuova Zelanda, che aveva partecipato a un torneo di rugby in Sudafrica adducendo a motivo il fatto che il rugby non era una disciplina olimpica.
Nel 1980, gli Stati Uniti e altri 64 paesi hanno boicottato i Giochi di Mosca in segno di protesta per l’invasione dell’Afghanistan; nel 1984 l’URSS e 14 paesi del blocco sovietico disertarono i Giochi di Los Angeles sostenendo che gli organizzatori non erano in grado di garantire la sicurezza dei loro atleti in un ambiente ostile ai paesi comunisti. La protesta più recente risale ai Giochi di Atene: il judoka iraniano Arash Miresmaeili ha volutamente superato il peso della sua categoria per evitare di combattere contro l’israeliano Ehud Vaks.
Oggi il CIO, oltre a dover affrontare problemi pressanti che minano la credibilità delle Olimpiadi, quali il doping degli atleti o il comportamento non sempre imparziale dei giudici di gara, è impegnato nel conciliare le pur indispensabili esigenze economiche con una commercializzazione eccessiva sempre più invadente, cercando di non tradire gli ideali olimpici di lealtà, eccellenza sportiva e cooperazione. Ciononostante, le Olimpiadi rappresentano ancora oggi la più grande manifestazione sportiva del mondo e, per un atleta, una medaglia olimpica ha un sapore assolutamente diverso da qualsiasi altro successo sportivo.
Formidabile lottatore vissuto nel 6° secolo a.C., Milone di Crotone è l’atleta più celebre delle Olimpiadi antiche. La sua forza era tale che, si racconta, durante una lezione di Pitagora, Milone si sostituì a una colonna della sala che minacciava di crollare dando così il tempo al maestro e agli altri discepoli di uscire. È anche l’unico atleta ad avere conquistato una vittoria in ben sei Olimpiadi diverse.
Olympia è il titolo del film documentario sulle Olimpiadi di Berlino del 1936 girato da Amalie (detta Leni) Riefenstahl con mezzi straordinari messi a disposizione dal Ministero della cultura e della propaganda del Terzo Reich. Il film
è ancora osteggiato da molti per il suo scopo propagandistico a favore del nazismo. La Riefenstahl realizzò comunque un grande film dal quale emergono una ricerca estetica sul corpo umano e una riflessione sul senso delle Olimpiadi e dello sport di grande effetto.
Le Paralimpiadi sono una manifestazione sportiva internazionale dedicata agli atleti con una disabilità fisica (handicap). Sono state organizzate per la prima volta a Roma nel 1960. Oggi, sia quelle estive sia quelle invernali, si svolgono due settimane circa dopo le Olimpiadi, nella stessa città. Dal 1924 ogni quattro anni vengono organizzati giochi specifici per gli atleti sordi, detti Giochi silenziosi; nel 2000 si sono svolti a Roma e la denominazione ufficiale è stata cambiata in Deaflympics (in inglese deaf significa appunto «sordo»).
Dal 1912 al 1948 le Olimpiadi prevedevano anche i cosiddetti Concorsi d’arte con medaglie per opere di architettura, letteratura, musica, pittura e scultura ispirate allo sport. Nel 1954 i Concorsi sono stati annullati, perché gli artisti potevano
essere considerati professionisti, e sostituiti con manifestazioni ed esposizioni d’arte.