Nella tecnologia dei materiali, struttura, cristallo, fase ecc. caratterizzati dal possedere dimensioni estremamente piccole, dell’ordine dei nanometri. I materiali le cui strutture raggiungono queste dimensioni presentano proprietà e caratteristiche (meccaniche, elettriche, magnetiche ecc.) in genere sensibilmente diverse da quelle degli stessi materiali con struttura di dimensioni maggiori, a causa del diverso rapporto tra il numero di atomi che sono presenti all’interno della struttura e quelli presenti alla sua superficie.
Il settore della ricerca scientifica che si occupa della preparazione, della caratterizzazione e della comprensione teorica delle proprietà delle n. è andato rapidamente crescendo nella seconda metà degli anni 1990 e ha avuto un’ulteriore espansione all’inizio del 21° sec., configurandosi come campo di studio multidisciplinare cui afferiscono discipline quali la fisica dello stato solido, la chimica inorganica e organica, la scienza dei materiali, la biologia. In termini generali, si può affermare che l’obiettivo di controllare la sintesi di un materiale sulla scala dei nanometri (talora fino alla scala atomica) è in parte raggiunto. I progressi nei metodi di preparazione e caratterizzazione hanno aperto la strada allo sviluppo di materiali di natura estremamente varia (inorganici, organici, supramolecolari, polimerici mono- bi- o tridimensionali), aventi quale elemento comune una struttura la cui lunghezza caratteristica è, almeno in una direzione dello spazio, inferiore a 100 nm, tipicamente 1-10 nm. Ciò vuol dire che le proprietà macroscopiche del materiale sono in buona parte determinate dalle caratteristiche strutturali e chimiche di porzioni di materia che si estendono su tali lunghezze.
Secondo una delle possibili classificazioni, i materiali di questo tipo vengono suddivisi in tre grandi categorie: la prima comprende materiali che si presentano in forma di singole nanoparticelle (isolate o supportate su substrato); la seconda include i materiali in cui la n. è limitata a un sottile strato superficiale; la terza comprende i materiali di bulk (macroscopici) interamente o prevalentemente costituiti da un grande numero di entità nanoscopiche. Esempi di materiali appartenenti alla prima categoria sono i nanocristalli singoli e i semiconduttori in strato sottile usati nei dispositivi detti a singolo pozzo quantico (single quantum well). Nella seconda categoria si possono far rientrare i dispositivi scolpiti mediante tecniche litografiche speciali, capaci di controllare la struttura con risoluzioni inferiori ai 100 nm. Nella terza categoria rientrano, infine, tutti i materiali le cui unità costituenti hanno almeno una dimensione di lunghezza nanometrica. Questi ultimi sono i materiali propriamente detti materiali nanostrutturati (o materiali a n. o materiali nanofasici o nanomateriali). Le unità che li compongono possono essere di vario tipo.
Molti materiali nanostrutturati sono costituiti da nanocristalliti inorganici. Essi differiscono dai comuni materiali policristallini per la ridottissima dimensione dei cristalliti, a causa della quale l’estensione relativa delle zone tra un grano e l’altro è elevata, e molti atomi si trovano in tali regioni di confine. Nella fig. è rappresentato un modello assai semplificato di tali materiali. Le interfacce tra i diversi cristalliti possono essere coerenti o non coerenti, a seconda della struttura atomica, dell’orientazione cristallografica e della composizione chimica. Ciò determina la presenza di una microstruttura intrinsecamente eterogenea, costituita dai cristalliti e dalle regioni di confine tra un cristallite e l’altro. Questa eterogeneità microstrutturale, dovuta alla dimensione nanometrica dei cristalliti, è responsabile di molte proprietà peculiari dei materiali nanostrutturati, che li differenziano dai tradizionali materiali policristallini.
Si può calcolare che in un materiale policristallino formato da cristalliti di 100 nm (già molto piccoli rispetto a quelli comunemente presenti, per es., in una lega trattata termicamente, la cui dimensione lineare tipica è di 100 volte superiore), il rapporto tra gli atomi presenti nei bordi intergranulari e gli atomi interni è dell’ordine di 150, mentre tale valore sale a circa 15.000 se la dimensione dei granuli scende a 10 nm, e supera 25.000 per granuli di 5 nm. Poiché le proprietà degli atomi che formano la parte interna dei cristalliti e di quelli che si interpongono ai loro bordi sono diverse, molte caratteristiche macroscopiche dei materiali vengono fortemente influenzate dalla dimensione dei grani. Per es., materiali ceramici con grani di dimensione dell’ordine di 10 nm possono essere sintetizzati a temperature fino ad alcune centinaia di gradi inferiori a quelle necessarie per sintetizzare i corrispondenti materiali a grani più grandi; il prodotto ottenuto risulta più facilmente deformabile a caldo e, quindi, agevolmente lavorabile allo stato plastico, in qualsiasi forma, anche con dettagli minuti. Questa proprietà è di grande interesse per lo sviluppo di materiali ceramici avanzati. Anche metalli e leghe in n. presentano durezza, carico di rottura, allungamento maggiori rispetto ai materiali ordinari.
Importanti differenze tra materiali ordinari e nanostrutturati si osservano anche nelle proprietà termodinamiche. Così, due metalli usualmente immiscibili allo stato cristallino o liquido possono talora diventare ‘solubili’ in n., perché gli atomi di uno dei due metalli (il soluto) possono segregarsi negli spazi tra i cristalliti. La dimensione dei grani e la loro composizione chimica non sono i soli parametri a determinare le proprietà del materiale. A parità di dimensione, la struttura interfacciale può risultare diversa a seconda dei metodi di preparazione e l’estensione complessiva degli spazi di confine tra un grano e l’altro può variare considerevolmente. Inoltre, i cristalliti possono avere forma (e quindi dimensionalità) diversa: piatta (una dimensione spaziale nanometrica), a bastoncino (due dimensioni spaziali nanometriche), sferica o equiassiale (tre dimensioni spaziali nanometriche).
Oltre ad aumentare drasticamente il rapporto tra atomi superficiali e atomi interni, la riduzione della dimensione dei cristalliti può portare all’insorgere di un fenomeno ancora più importante: la dimensione caratteristica del cristallo può diventare confrontabile con le scale di lunghezza tipiche su cui avvengono i fenomeni subatomici (cammino libero medio di elettroni e fononi, coerenza spaziale ecc.), con conseguenze notevoli sulla struttura elettronica del materiale; es. tipico di tale comportamento è la discretizzazione dei livelli energetici elettronici in un nanocristallo.
I materiali nanocompositi sono materiali compositi nanostrutturati e, più in particolare, costituiti da una nanofase organica e una nanofase inorganica tra loro interconnesse. Esempi comuni sono quelli contenenti una poliimmide come fase organica e silice come fase inorganica. I materiali nanocompositi differiscono notevolmente dagli analoghi materiali compositi tradizionali, nei quali le fasi hanno dimensioni maggiori e sono disconnesse, essendo la fase inorganica aggiunta a quella organica sotto forma di particelle o fibre discontinue.
Il nanofilo è un conduttore avente due dimensioni nanometriche e una dimensione micrometrica, e quindi caratterizzato da una struttura simile a quella di un sottilissimo filo.
Nelle nanotecnologie, così come nelle microtecnologie, si possono distinguere due tipi di approccio: a) l’approccio top down, in cui le n. vengono scolpite da un blocco di materiale; b) l’approccio bottom up, nel quale i materiali nanostrutturati vengono prodotti e assemblati a partire da nanoblocchi (building blocks).
Tra le tecniche di fabbricazione top down vi sono le tecniche litografiche e quelle soft litografiche. Tra le tecniche litografiche la prima è quella standard, in cui si utilizza la luce ultravioletta, la cui lunghezza d’onda molto difficilmente può scendere sotto i 100 nm. A partire da questa tecnica se ne sono sviluppate altre in grado di lavorare nel campo dei nanometri (nanolitografia): la litografia a fasci di elettroni; la tecnica SCALPEL (scattering with angular limitation in projection electron-beam lithography), anch’essa a fasci di elettroni, quale evoluzione della microlitografia proiettiva (cioè con la maschera non in contatto con il substrato); la tecnica EUV o litografia nell’estremo ultravioletto, nella quale riducendo la lunghezza d’onda della radiazione impiegata si riducono le dimensioni lavorabili; infine, la litografia a raggi X (LIGA, lithographie galvanoformung abformung), con maschere in tantalio, nella quale il disegno della maschera viene riprodotto sul substrato senza essere ridotto. Il termine soft lithography comprende quelle tecniche che utilizzano, come maschera litografica, un materiale della famiglia dei siliconi, chiamato PDMS (polidimetilsilossano). Tali tecniche sono in grado di generare pattern e strutture tra 10 nm e 0,5 nm, su superfici piane e non (lenti, fibre ottiche), senza i problemi tipici della litografia convenzionale; inoltre hanno un basso costo, consentono di utilizzare vari materiali (dai polimeri al vetro, alla ceramica) e di lavorare ampie superfici (fino a qualche decina di cm2). Tuttavia il pattern trasferito dallo stampo può essere distorto a causa delle deformazioni di quest’ultimo.
Le tecniche di fabbricazione bottom up consentono di effettuare la sintesi di materiali nanostrutturati, sotto forma di film o polveri, tramite produzione e compattazione di nanopolveri, deposizione con compattazione fisica o reazione chimica di materiali nanostrutturati su substrati, assemblaggio di nanoblocchi molecolari ecc. Tra le numerose tecniche figurano: a) quelle basate sulla deposizione da fase vapore fisica (PVD, physical vapor deposition) o chimica (CVD, chemical vapor deposition); b) le tecniche di manipolazione atomica, che utilizzano strumenti come il microscopio a scansione a effetto tunnel (STM) o il microscopio a forza atomica (AFM), con i quali si può eseguire il posizionamento anche di un singolo atomo con risoluzione subatomica.