Biologo (Coblenza 1801 - Berlino 1858); la più grande personalità della biologia tedesca nella prima metà dell'Ottocento. È ritenuto il creatore della fisiologia moderna e il più grande fisiologo di tutti i tempi. I suoi sforzi furono sempre rivolti a spiegare meccanicamente i fenomeni vitali. Nel campo della fisiologia e della chimica fisiologica sono noti i suoi studi sul sistema nervoso, sui movimenti riflessi, sull'apparato digerente, sulla biochimica del sangue e della linfa; nel campo dell'anatomia umana descrittiva contribuì notevolmente alla conoscenza dell'angiologia, degli organi erettili in genere, del ganglio otico e di altri gangli nervosi; nel campo dell'anatomia e istologia patologica descrisse per primo alcune neoformazioni e fu tra i pionieri della tecnica microscopica.
Allievo di K. A. Rudolphi, a differenza del maestro fu in gioventù attratto dalla «filosofia della natura». Nel 1824 fu abilitato all'insegnamento privato nella facoltà medica di Bonn; nel 1826 fu nominato professore straordinario, e nel 1830 ordinario. Nel 1833 successe a Rudolphi sulla cattedra di anatomia e fisiologia di Berlino, e nella direzione del teatro e del museo anatomico.
Nel 1824 ebbe inizio per M. quella fase «soggettivo-psicologico-filosofica» della sua attività, il cui frutto furono Zur vergleichenden Physiologie des Gesichtssinnes des Menschen e Phantastischen Gesichtserscheinungen (1826). Risultato durevole di queste ricerche fu la legge delle «energie specifiche» degli organi di senso. In base a essa, si ammette che il soggetto percepisca non il mondo esterno, ma le modificazioni indotte dagli oggetti nelle «sostanze sensoriali». M. si basava su tre ordini di fatti: l'identità della risposta d'uno stesso organo di senso a stimoli diversi, la diversità delle risposte a uno stesso stimolo di diversi organi di senso, l'unicità delle immagini «fantastiche», illusorie o allucinatorie, d'un organo di senso dato. Alla fase filosoficheggiante dell'attività di M. ne seguì una «oggettivo-fisiologico-anatomica», caratterizzata dalle ricerche embriologiche sullo sviluppo dell'apparato genitale e dai lavori morfo-fisiologici sulle radici spinali, sul sangue e sui «cuori linfatici». Chiamato a Berlino nel 1833, M. dava inizio alla pubblicazione di quello Handbuch der Physiologie des Menschen für Vorlesungen (1833-1840), che ricreò dalle fondamenta l'edificio della fisiologia umana. Il presupposto vitalistico dell'opera si traduce nell'affermazione che soltanto la vita potrebbe produrre composti chimici ternari o quaternari - intendendosi come tali le sostanze dove tre o quattro elementi «sono uniti tra loro nello stesso modo». Pertanto il problema dell'origine della vita «sta al di fuori di ogni esperienza e d'ogni sapere», e la sua soluzione spetta «non alla fisiologia empirica, ma alla filosofia». Le proprietà della vita sono lo sviluppo, l'accrescimento, l'eccitabilità, la riproduzione, la corruttibilità; la vita animale possiede la capacità di sentire e di muoversi. L'opera di M. abbraccia un orizzonte molto ampio, che comprende la fisiologia propriamente detta, l'embriologia, la psicologia. Dalla scuola di M. uscirono i più grandi anatomici e fisiologi tedeschi dell'Ottocento, da Th. Schwann a E. du Bois-Reymond, da E. W. Brücke e H. Helmholtz a R. Virchow, che ebbero in comune il precetto metodologico dell'«osservazione» rigorosa dei fenomeni, pur distinguendosi tra loro per una diversa posizione rispetto all'eredità meccanicistica e alle proposte della biologia romantica. ▭ Dotti di M.: i dotti genitali femminili (ovidutti). Negli Elasmobranchi derivano dalla divisione longitudinale del dotto del pronefro che si sdoppia in dotto di Wolff e in dotto di M., il quale resta in rapporto con il pronefro e i suoi derivati. Si apre infatti anteriormente nel celoma attraverso i tubuli pronefrici e i nefrostomi. Dalla coalescenza di questi, negli Elasmobranchi, deriva un ostio, l'ostium tubae abdominale (ve n'è uno per lato, ma talora i due sono uniti in un unico ostio impari), attraverso il quale l'uovo discende nell'ovidutto rivestendosi del guscio secreto dalle ghiandole nidamentali della parete di esso. Nei Selaci vivipari, una porzione dell'ovidutto si allarga e funziona da utero. Negli altri Vertebrati, il dotto di M. trae origine da una gronda della parete peritoneale adiacente al dotto di Wolff, gronda che poi si chiude in un tubo, che resta aperto anteriormente nell'ostio della tuba. In certi Anfibi, invece, i tubuli pronefrici e i nefrostomi partecipano ancora alla formazione dell'ostium tubae e del tratto anteriore del dotto di M., ma in tutti gli altri Tetrapodi l'ovidutto deriva da una doccia della parete celomatica e lo stesso ostio, come accade negli Amnioti, non è di natura pronefrica. Perciò l'omologia fra l'ovidutto dei Vertebrati Tetrapodi e il dotto di M. degli Elasmobranchi è discussa; ma se nell'adulto si tiene conto della somiglianza di posizione degli osti e degli sbocchi all'esterno dei condotti e dei loro rapporti con le parti adiacenti, i dubbi sull'omologia perdono di consistenza. Come nella femmina degli Amnioti i dotti di Wolff degenerano, e ne rimangono soltanto alcune vestigia, così nel maschio i dotti di M. si atrofizzano rimanendo rappresentati da pochi rudimenti (idatide non peduncolata del Morgagni, utero mascolino). Tuttavia nei maschi di alcuni gruppi (Pesci e Anfibi) i dotti di M. possono persistere, così come nei Lacertili fra i Rettili. Va infine notato che la condizione pari dei dotti di M., tipica della femmina dei Vertebrati, trova eccezione negli Uccelli, dove generalmente, per atrofia dell'ovario destro, persiste solo l'ovario di sinistra con relativo ovidutto. Nei Mammiferi, dal dotto di M. si differenziano la tuba ovarica o tromba di Falloppio, l'utero, la vagina, quest'ultima fra l'utero e il seno urogenitale. ▭ Fibre di M.: elementi della retina, di forma allungata, derivanti da cellule ependimali trasformate. Le loro terminazioni formano alla superficie esterna e interna della retina rispettivamente la membrana limitante esterna e la membrana limitante interna. ▭ Larva di M.: stadio larvale di molti Turbellari Policladi, caratterizzato dal corpo ovale, provvisto di 8 lobi ciliati situati al disotto dell'equatore e che, a differenza della trocofora degli Anellidi, manca dell'apertura anale e della corona equatoriale ciliata.