L’art. 85 c.p. stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto di reato se al momento in cui lo ha commesso non era imputabile, cioè non era in grado di intendere e di volere. Le cause che escludono o incidono sulla imputabilità sono tassativamente indicate dal codice penale: vizio totale di mente (art. 88); vizio parziale di mente (art. 89); ubriachezza e intossicazione da sostanze stupefacenti derivanti da caso fortuito o da forza maggiore (art. 91); cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti (art. 95); sordomutismo determinante l’incapacità di intendere e di volere (art. 96); minore età degli anni 14 (art. 97); immaturità del soggetto di età compresa tra i 14 e i 18 quando ha determinato l’incapacità di intendere e di volere (art. 98). Qualora tali situazioni non escludano l’imputabilità, ma la scemino grandemente, il giudice può applicare una diminuzione di pena. Gli stati emotivi e passionali (art. 90) non escludono, né attenuano la pena. Se taluno mette altri nello stato di incapacità di intendere e di volere allo scopo di fargli commettere un reato risponde lui stesso del reato (art. 86); analogamente, non è esclusa la punibilità per chi mette se stesso in condizioni di commettere un reato o prepararsi una scusa (art. 87). Rispetto all’infermità mentale, la giurisprudenza prevalente si riferisce al cosiddetto modello medico, ossia al disturbo psichico che poggia su una base organico-patologica riconducibile a un preciso quadro nosografico-clinico; la giurisprudenza minoritaria qualifica come malattia mentale anche le cosiddette alterazioni mentali atipiche, rivendicando pertanto una maggiore autonomia della valutazione giuridica rispetto ai criteri medico-nosografici.
Minore. Diritto processuale penale
Sentenza. Diritto processuale penale