A seguito della formale negazione della scrittura o della sottoscrizione da parte di colui contro cui è prodotta la scrittura privata, la controparte, se intende valersi della scrittura disconosciuta, deve chiederne la verificazione in un apposito giudizio (giudizio di verificazione).
L’art. 220 c.p.c. stabilisce che sull’istanza di verificazione deve sempre decidere il collegio; tuttavia, l’art. 9, co. 2, c.p.c. tra le materie di competenza esclusiva del tribunale non pone il giudizio di verificazione (ma solo la querela di falso), né nell’ambito delle disposizioni espressamente dedicate alla verificazione viene prevista l’eventuale sospensione del giudizio ove penda davanti al giudice di pace. Da ciò si desume che l’istanza debba essere decisa dal collegio solo se il procedimento penda davanti al tribunale. Né sembra che ci sia una competenza esclusiva del tribunale se l’istanza venga proposta in via principale: perciò soccorrono necessariamente i criteri della competenza per valore. L’istanza per la verificazione può essere proposta in via incidentale o principale (in quest’ultimo caso, se il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico dell’attore); si devono proporre i mezzi di prova che si ritengono utili e produrre o indicare le scritture che possono servire da comparazione. Relativamente a quest’ultime, in mancanza di accordo delle parti il giudice ammette quelle scritture la cui provenienza sia riconosciuta ovvero accertata con sentenza o per atto pubblico. Il giudice nomina un consulente tecnico, alla cui presenza può ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura. Se la parte invitata non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato motivo, la scrittura si può ritenere riconosciuta. La scrittura privata riconosciuta in giudizio fa piena prova fino a querela di falso e il giudice che dichiara la scrittura o la sottoscrizione di mano della parte che l’ha negata può condannarla al pagamento di una pena pecuniaria.
Scrittura privata. Diritto civile