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In nome del principio di auto-determinazione, al quale tutte le comunità del paese possono potenzialmente appellarsi, il governo dell’Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front (Eprdf) ha guidato un processo di radicale mutamento sociale e istituzionale, ispirato a un modello federale su base etnica. L’Etiopia è oggi costituita da 9 regioni etniche (Tigray, Afar, Amhara, Oromiya, Somali, Pinishangul-Gumuz, Nazioni, nazionalità e popoli del Sud, Gambela e Harar). Alle città di Addis Abeba e Diredaua è stato riconosciuto un particolare status di autonomia.
Nel 1991 la guerriglia del Tigray People’s Liberation Front (Tplf) ebbe ragione dell’esercito del Derg, ormai in rotta, e occupò la capitale, Addis Abeba, decretando la definitiva caduta del regime militare di ispirazione socialista che governava il paese dal 1974, quando fu deposto Hailè Selassiè, l’ultimo imperatore d’Etiopia. Insieme all’Eritrean People’s Liberation Front (Eplf), Ethiopian People’s Democratic Movement (Epdm), Oromo People’s Democratic Organisation (Opdo) e Southern Ethiopia People’s Democratic Front (Sepdf), il Tplf fondò un partito di coalizione, l’Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front (Eprdf), dove confluirono gli altri movimenti ognuno in rappresentanza di un’etnia. Attraverso il controllo dell’Eprdf, il Tplf ha di fatto conquistato il controllo della nuova Repubblica Federale, escludendo dal processo costituente l’opposizione pan-etiopica che godeva di un forte consenso nell’élite urbana della capitale e tra gli intellettuali amhara.
A fronte della devoluzione istituzionale dei poteri, l’Eprdf ha mantenuto un fortissimo controllo sull’apparato statale, riproducendo di fatto un sistema politico a partito unico e impedendo una reale transizione al multipartitismo. Il federalismo ha permesso l’emersione di nuove élites locali, ma non ha alterato una politica di governo paternalistica e autoritaria. La reale partecipazione delle diverse forze di opposizione alle elezioni federali e regionali, che si sono susseguite dal 1995 al 2010, è stata impedita o limitata da una serie di intimidazioni e discriminazioni riconducibili al partito di governo. L’opposizione anche su base etnica all’egemonia dell’Eprdf ha acquisito anche una tendenza violenta. Un’eventuale secessione della nazione Oromo, che conta circa 27 milioni di abitanti (circa il 34% della popolazione totale) e attraversa tutto lo stato, causerebbe di per sé l’implosione della stessa Etiopia. La morte del primo ministro Meles Zenawi, leader del Tplf dai tempi dell’opposizione al Derg, avvenuta nell’agosto del 2012 dopo pochi mesi di malattia, ha messo la leadership etiopica di fronte alle difficoltà di una transizione non attesa e rischia di sconvolgere i delicati equilibri etnici che sono alla base della tenuta dello stato. Il presidente Hailemariam Desalegn, di etnia wolayta, vice di Meles e succeduto allo stesso secondo quanto previsto dalla costituzione, è una soluzione che temporaneamente tiene sotto controllo le spinte dentro e fra i gruppi etnici.
Approfondimento
La riorganizzazione dell’Etiopia sulla base dell’autonomia locale attraverso il principio di auto-determinazione ha costituito la premessa della secessione dell’Eritrea già nel 1991. L’ex colonia italiana ha mantenuto un ruolo strategico importantissimo per l’Etiopia in ragione della sua complementarietà culturale, economica e geopolitica: i porti eritrei di Massaua e Assab costituiscono lo sbocco naturale per i commerci dell’Etiopia. Il progressivo deterioramento dei rapporti bilaterali ha innescato una grave crisi, ben presto passata alla dimensione militare.
L’uscita dell’Eritrea dall’area monetaria del birr nel 1997, non ha solo portato alla ritorsione da parte etiopica di non accettare pagamenti in nakfa, la nuova valuta eritrea, ma ha innescato una crisi sfociata in una vera e propria guerra. I combattimenti sono iniziati nel 1998, prendendo il via da una controversia confinaria, e sono terminati solo nel 2000 con l’intervento di una missione di interposizione delle Nazioni Unite. Dopo che nel 2008 la missione internazionale si è conclusa per il ripetuto boicottaggio da parte eritrea, la tensione è andata periodicamente aumentando lungo il confine tra i due paesi. Nel 2012 la tensione è tornata alle stelle in seguito a un’azione dell’esercito etiopico all’interno dei confini eritrei.
L’Etiopia è membro delle Nazioni Unite, dell’Intergovernmental Agency for Development (Igad), l’organizzazione regionale del Corno d’Africa, e dell’Unione Africana (Au) che ha la sua sede proprio ad Addis Abeba (dove già nel 1963 venne fondata l’Organizzazione per l’unità africana).
Le relazioni con gli Stati Uniti sono oggi molto strette, dopo che il regime rivoluzionario del Derg aveva indotto durante gli anni Settanta a un ribaltamento delle alleanze nell’intera regione con il passaggio dell’Etiopia al blocco sovietico e la Somalia al campo occidentale.
La controversia con il Sudan per le reciproche interferenze incrociate è andata smorzandosi con la firma nel 2000 di un trattato bilaterale per la pacifica risoluzione dei conflitti e la sicurezza del confine. L’Etiopia ha tratto qualche vantaggio dalla secessione del Sud Sudan ed è impegnata a risolvere le tensioni tra Khartoum e Juba.
Il conflitto con l’Eritrea si è riprodotto indirettamente anche durante l’intervento militare che l’Etiopia ha compiuto in Somalia dal dicembre 2006 al gennaio 2009 e poi dalla fine del 2011 a difesa della propria sicurezza nazionale e a servizio della politica statunitense nella regione. Le truppe etiopiche sono intervenute in aiuto del governo federale di transizione somalo contro i gruppi islamisti che godevano dell’appoggio del governo eritreo. L’evoluzione della situazione in Somalia non lascia pensare a un rapido disimpegno delle truppe etiopiche dal paese.
Popolazione, società e diritti
La popolazione etiopica costituisce un mosaico di più di 70 gruppi etnici e oltre 200 tra lingue e dialetti. Tra i gruppi maggiori vi sono gli Oromo e i Somali che parlano lingue cuscitiche, mentre gli Amhara e i gruppi che parlano tigrino sono linguisticamente semiti. Almeno la metà della popolazione parla l’amharico come prima o seconda lingua. L’amharico utilizza i caratteri del ge’ez, l’antica lingua dell’impero di Axum che è sopravvissuta come lingua liturgica della Chiesa ortodossa di rito copto. L’oromo e il somalo, che utilizzano i caratteri latini, hanno acquistato una crescente importanza nelle province occidentali e meridionali. Nell’istruzione superiore l’inglese ha ampiamente sostituito il francese e l’italiano.
Nell’altopiano centro-settentrionale il cristianesimo ortodosso di rito copto costituisce la religione più diffusa. La Chiesa copta d’Etiopia fu storicamente uno dei pilastri del potere imperiale etiopico e fu formalmente dipendente dal patriarcato di Alessandria d’Egitto fino al 1959, quando divenne autonoma sotto le pressioni dell’imperatore Hailè Selassiè. Il cristianesimo copto rimase religione ufficiale dello stato fino alla rivoluzione del Derg del 1975. Secondo le stime odierne, circa il 42% della popolazione etiopica è cristiano-ortodossa, mentre il protestantesimo e il cattolicesimo, diffusisi nel paese in epoca coloniale e pre-coloniale, costituiscono una minoranza. Le chiese evangeliche registrano una crescente influenza negli ultimi anni.
Ribaltando una tendenza storica di lungo periodo, i musulmani hanno superato oggi i cristiani e ammontano al 45-50% della popolazione totale, concentrati soprattutto nelle regioni orientali, occidentali e meridionali. I Beta Israel, denominati spregiativamente falasha (“straniero” in amharico), sono la comunità ebraica d’Etiopia, che fa risalire le proprie origini a eventi connessi alla mitica fondazione del regno di Axum attraverso l’unione tra la regina di Saba e re Salomone: a causa delle carestie e della guerra, gran parte dei Beta Israel è stata trasferita in Israele su iniziativa del governo israeliano tra il 1984 e il 1991.
In contrasto con il principio di auto-determinazione incardinato nella nuova costituzione federale, il rispetto dei diritti civili rimane fortemente limitato per la repressione operata dal governo verso i diversi movimenti di opposizione e in particolare contro gli studenti universitari. Gravi violazioni dei diritti umani sono state inoltre perpetrate dal governo quando, a seguito della guerra del 1998-2000, tutti gli eritrei e gli etiopici di origine eritrea furono espulsi dal paese secondo la logica di una deportazione di massa che non ha risparmiato donne e bambini. I mezzi di comunicazione e la stampa continuano a subire limitazioni, nonostante la legge statuisca la piena libertà di informazione.
Economia, energia e ambiente
Le guerre e l’instabilità politica hanno condizionato negativamente l’economia etiopica per tutti gli anni Novanta. La chiusura del confine con l’Eritrea ha portato allo spostamento della maggior parte dei traffici dai porti eritrei a quello di Gibuti, che è collegato con la capitale etiopica dalla linea ferroviaria costruita dai francesi in epoca coloniale e oggetto ora di un processo di riabilitazione e di totale rifacimento. All’inizio del 21° secolo, circa l’85% della popolazione etiopica era occupata nel settore agricolo, che costituiva il 47% del pil e l’80% delle esportazioni. Le politiche di liberalizzazione e privatizzazione intraprese dal governo federale non sono riuscite a invertire un trend economico negativo fino al 2004, quando l’economia ha preso a crescere a ritmi elevati, grazie anche al robusto sostegno degli aiuti internazionali. Ciononostante, l’Etiopia resta uno dei paesi più poveri al mondo e il più povero tra gli stati della regione.
Tra il 2008 e il 2011 l’economia etiopica ha subito una vera e propria trasformazione strutturale con la fortissima e rapidissima crescita del settore dei servizi, che è arrivato a contare per il 45,5% del prodotto nazionale, trainando la crescita del settore industriale e delle costruzioni. L’agricoltura, praticata in gran parte del paese per la sussistenza, ha iniziato a mutare in direzione di una produzione maggiormente orientata ai prodotti d’esportazione (caffè, cereali e khat).
L’economia etiopica ha una capacità attrattiva relativamente più elevata degli altri paesi del Corno d’Africa, ma sconta una fortissima concorrenza da parte del Kenya. Il sistema paese rimane dipendente dagli aiuti esteri e a rischio di inflazione. Nonostante gli investimenti effettuati, le infrastrutture rimangono molto limitate e le potenzialità idroelettriche sono sotto-sfruttate, determinando una conseguente dipendenza dall’importazione di idrocarburi, per la maggior parte proveniente dai pozzi del Sud Sudan. In questo quadro si inscrivono i progetti per la costruzione di una diga sul Nilo, che potrebbero però portare a un aumento delle tensioni con l’Egitto. L’erosione del suolo e la cronica scarsità d’acqua sono alla base dell’insicurezza alimentare che interessa ancora diverse parti del paese e che degenera in periodiche carestie.
Difesa e sicurezza
Con i suoi 138.000 effettivi l’esercito etiopico è uno dei più grandi dell’intero continente. Durante la guerra con l’Eritrea l’esercito è arrivato a contare 350.000 soldati, poi in gran parte smobilitati. La situazione generale della sicurezza nel territorio è compromessa in diverse zone del paese dove sono attive forze anti-governative. La situazione è particolarmente critica nella regione dei Somali, dove opera il movimento armato dell’Ogaden National Liberation Front (Onlf), e in Oromia, territorio d’azione dell’Oromo Liberation Front (Olf). Le truppe etiopiche sono impegnate a sostegno del Governo federale di transizione in Somalia e nelle operazioni di pace delle Nazioni Unite in Darfur e ad Abyei, lungo il confine tra Sudan e Sud Sudan.
La costituzione federale etiopica del 1995 ha incluso nel nuovo stato le diverse nazionalità su base etnica, ridefinendo anche i contenuti della stessa cittadinanza alla luce del principio di auto-determinazione. La nascita della Repubblica Federale Democratica d’Etiopia ha di fatto incentivato il rafforzamento delle identità etniche a livello delle diverse province, disegnate secondo confini che riprendono in parte quelli dell’Africa Orientale Italiana (Aoi). I confini delle province che componevano l’Aoi, creata nel 1936 dopo l’occupazione fascista dell’Impero etiopico, furono tracciati sulla base di un criterio di omologazione e sistemazione etno-linguistica che tendeva a premiare le popolazioni della periferia a discapito dell’élite dominante amhara del centro.
Questa sistemazione territoriale sconta un’evidente semplificazione e riduzione della complessità sociale e culturale del paese. Gli Oromo, oggi la nazionalità più numerosa della repubblica, sono solo in parte raggruppati nella regione etnica dell’Oromiya, mentre la stessa denominazione data alla regione ‘Nazioni, nazionalità e popoli del Sud’ (Snnpr) rinvia ad una complessità evidentemente maggiore. Gli Amhara, che non sono propriamente un gruppo etnico, ma costituiscono l’élite culturale dominante nella storia del paese, sono stati costretti a identificarsi con un territorio e ad auto-definirsi in termini etnici. Gli Amhara hanno perso gran parte del loro potere all’interno della nuova Repubblica Federale in favore delle popolazioni della periferia di quello che un tempo era l’Impero etiopico.