Impiego della misura quantitativa nell’indagine economica. Il termine è stato introdotto nel 1926 da R. Frisch.
Tentativi sistematici di esprimere i fenomeni economici in forma quantitativa risalgono alla seconda metà del 15° sec.; nel 17° sec. le opere pionieristiche di W. Petty, creatore dell’aritmetica politica, e di altri studiosi portarono agli sviluppi di quella che diverrà poi la statistica economica. L’impiego delle misurazioni quantitative fu altresì largamente utilizzato nello studio dei cicli economici, nella elaborazione dei numeri indici, nell’indagine sulla distribuzione personale dei redditi e notevoli, al riguardo, furono i contributi di W.S. Jevons, I. Fisher e V. Pareto. L’e. si differenzia, peraltro, da questi indirizzi, in quanto tende a utilizzare congiuntamente la teoria economica, l’analisi matematica e la statistica, considerando che ciascuna di esse costituisca una condizione necessaria ma non sufficiente per una comprensione effettiva delle relazioni quantitative dei sistemi economici moderni.
L’e. ha una data di nascita, che può farsi coincidere con la pubblicazione della rivista Econometrica, organo ufficiale, dal 1933, della Econometric Society fondata nel dicembre 1930 per iniziativa di R. Frisch, I. Fisher e C.F. Roos e con la successiva adesione di molti studiosi in tutto il mondo. Da allora l’e. si è sviluppata in un indirizzo prevalentemente di carattere teorico e in un altro prevalentemente di carattere applicativo, entrambi concorrendo ad affinare i metodi per la determinazione di concrete leggi quantitative che si manifestino nella vita economica.
I problemi tipici cui l’e. cerca di rispondere sono la rilevanza effettiva dei modelli teorici, la determinazione di valori incogniti delle variabili economiche e la possibilità di valutare in termini quantitativi gli effetti delle decisioni di politica economica. Le difficoltà che l’e. incontra nel far fronte a tali problemi dipendono dalla natura frequentemente imprevedibile del comportamento umano, dalle carenze della documentazione statistica di base, dall’eventuale mancanza di un adeguato vaglio critico dei modelli teorici sottoposti a verifica. D’altro canto, l’uso sempre più esteso delle tecniche econometriche è stato agevolato dall’impiego dei metodi di aggregazione delle variabili economiche; metodi che hanno permesso di ridurre a un numero ragionevole le equazioni dei modelli econometrici e stabilire connessioni tra le variabili aggregate e le serie statistiche temporali.
L’utilizzazione dei modelli econometrici si articola in tre direzioni: a) analisi strutturale, con finalità prevalentemente scientifiche e che facilita il confronto fra teorie rivali; b) previsione, come base dell’azione, usando modelli stimati con opportuni valori delle variabili esogene e predeterminate; c) valutazione politica, per la scelta fra varie alternative, raggiunta simulando e facendo previsioni condizionate, per ciascuna variante, sui valori futuri di variabili rilevanti. L’e. dispone ormai di una quantità considerevole di metodi e procedure di stima; tuttavia, malgrado le tecniche abbiano raggiunto un alto livello di qualità, beneficiando del rapido sviluppo della teoria economica e della metodologia statistica, e nonostante i progressi conseguiti nella concettualizzazione, nella tecnica e nell’esecuzione delle indagini statistiche, i dati di cui l’e. può disporre presentano ancora un grado non elevato di accuratezza. Peraltro, lo sviluppo della capacità degli elaboratori elettronici non soltanto ha consentito di trattare simultaneamente centinaia di equazioni, ma altresì ha aperto la strada a procedure iterative di stima di equazioni e sistemi non lineari, nonché alla simulazione statica e dinamica (deterministica e stocastica) e alla verifica della stabilità delle soluzioni dei modelli econometrici.
Il progresso dell’e. ha seguito in parallelo l’affinamento metodologico e lo sviluppo delle nuove ricerche della statistica, che hanno visto anzitutto il consolidamento dello studio delle proprietà asintotiche degli stimatori connessi con i vari metodi di stima di modelli uniequazionali e pluriequazionali. I procedimenti di simulazione, fornendo un singolare laboratorio di esperimenti controllati, consentono anche di analizzare le proprietà asintotiche degli stimatori per piccoli campioni e di valutare, per es., l’influenza dell’ampiezza del campione. L’interazione con la statistica ha permesso di sviluppare varie metodologie inferenziali per il trattamento di dati non sperimentali, con riguardo sia alla stima dei parametri economicamente significativi, sia alle tecniche e alle procedure di validazione dei modelli econometrici, sia alla migliore utilizzazione dell’informazione a priori nel contesto dell’approccio bayesiano ai metodi di stima econometrica, approccio in cui i parametri sono trattati come variabili casuali e descritti in termini di probabilità. Successivamente la ricerca econometrica si è decisamente orientata verso una maggiore attenzione per la modellizzazione statistica del problema economico. Ciò è avvenuto sia dosando le variabili esplicative (distinte in funzione della loro performance previsionale e dell’informazione disponibile), sia verificando la specificazione delle equazioni e dei sistemi di equazioni che costituiscono i modelli.
L’e., in parallelo con la statistica, ha anche affrontato le problematiche relative alla struttura causale e alle tecniche di analisi in presenza di dati qualitativi o di variabili non osservabili e perciò misurate mediante indicatori ( variabili proxy). Modelli con variabili latenti emergono dalla saldatura di due approcci, l’uno prettamente econometrico, incentrato sui sistemi di equazioni simultanee, l’altro psicometrico, concernente procedure riconducibili all’analisi fattoriale.
Allo sviluppo e al consolidamento delle tecniche di analisi regressiva si sono accompagnati fecondi filoni di ricerca sull’analisi di serie temporali, particolarmente finalizzati alle applicazioni econometriche. Malgrado l’analisi di regressione tenda a individuare le variabili esogene che spiegano altre variabili e meccanismi del tipo causa-effetto tra grandezze economiche e, d’altro canto, l’analisi delle serie temporali miri all’esplorazione degli aspetti dinamici dei fenomeni economici e all’identificazione dei meccanismi della loro evoluzione, tra i due approcci non esistono differenze sostanziali. Entrambi, infatti, interagiscono positivamente nel contesto della teoria econometrica e della costruzione di modelli. L’utilizzazione dell’analisi di serie temporali, per una più immediata costruzione di un modello econometrico mediante equazioni simultanee e regressioni multiple, rappresenta un’evoluzione importante verso una sintesi tra questi due settori della statistica utilizzati nell’econometria. L’influenza delle tecniche d’analisi delle serie temporali ha avuto, in particolare, un forte impatto sull’analisi econometrica dinamica. Il problema di una migliore modellizzazione si è posto anche nell’ambito dell’analisi delle serie temporali.
Essendo le serie economiche tipicamente evolutive, l’attenzione si è incentrata su come trattare la non stazionarietà, cioè la proprietà di ‘memoria’ infinita della serie storica, dove gli shock casuali hanno una natura permanente sulla dinamica della serie piuttosto che temporanea, come le proprietà statistiche del modello econometrico invece richiedono. Questo filone di ricerca, sviluppatosi intorno alla fine degli anni 1980, ha saputo sfruttare tali proprietà di non-stazionarietà per pervenire a metodi di stima basati su un approccio dinamico caratterizzato da sentieri dinamici di equilibrio di lungo periodo (analisi di co-integrazione). Ciò ha provveduto ad aumentare il contributo che l’e. può dare all’economista teorico, avvicinando il modello econometrico a quello strutturale teorico. Le ricerche condotte hanno segnalato l’insorgenza di considerevoli complicazioni del quadro concettuale tradizionale, da cui conseguono la non applicabilità, salvo casi ben definiti, delle tecniche inferenziali classiche e la necessità di dover far ricorso a tecniche inferenziali non standard.
L’evidenza empirica delle serie economiche ha spostato l’attenzione da rappresentazioni espresse da serie stazionarie intorno a un trend deterministico (in cui shock esogeni hanno un effetto transitorio sull’andamento della serie) a rappresentazioni espresse da un modello in cui shock esogeni hanno un effetto permanente e trend e ciclo manifestano importanti interazioni. Le stime di regressione (multipla) con il metodo dei minimi quadrati, relative a processi del secondo tipo, perdono in genere la caratteristica della normalità asintotica, e da ciò derivano le complicazioni inferenziali sopra dette. Su questi aspetti di notevole rilevanza, diversi problemi sono ancora aperti, come pure sulla possibilità di pervenire a una teoria unificante fra l’analisi di regressione, la costruzione di modelli di equazioni simultanee e l’analisi delle serie temporali.