Denominazione inglese, prevalsa nell’uso internazionale, del calcolatore (➔) elettronico.
Insieme delle operazioni o dei programmi che permettono di realizzare, correggere o modificare immagini per mezzo di calcolatori elettronici (e strumenti a essi collegati, come monitor, plotter, penne ottiche ecc.).
Fino agli anni Ottanta del Novecento, le operazioni tipiche di c. graphics richiedevano l’uso di calcolatori sofisticati e di prezzo elevato, ma l’evoluzione successiva ha reso possibili molte operazioni grafiche anche su piccoli calcolatori e sui personal computer. Le immagini trattate elettronicamente possono essere di tipo sintetico, se sono state realizzate mediante opportuni programmi di elaborazione, oppure di tipo reale, se sono state acquisite mediante sensori ottici. In ogni caso, quando un’immagine è memorizzata su un calcolatore, è possibile eseguire su di essa una vasta gamma di operazioni, per migliorarne la qualità (riduzione del rumore, eliminazione di sfocature, aumento del contrasto) o per mettere in evidenza particolari aspetti (estrazione dei contorni, identificazione di oggetti ecc.). Le potenzialità dei procedimenti elettronici sono particolarmente evidenti, per es., nella realizzazione di alcuni filmati. Si possono in tal modo ottenere non solo i classici filmati di animazione, ma anche filmati nei quali immagini realizzate sinteticamente si trovano a coesistere, virtualmente, nella stessa scena con immagini reali. Procedimenti di c. graphics sono anche usati per produrre sinteticamente scene con immagini di attori ormai scomparsi, utilizzando come elementi base immagini già disponibili.
Nel campo della tecnica, procedimenti di c. graphics sono utilizzati nel disegno industriale, nella simulazione di sistemi fisici di complessa osservabilità (per es., nella fisica dei fluidi, nello studio di oggetti frattali ecc.), così come in campi quali la geofisica, la metallurgia, la medicina, l’astronomia, oltre che nell’analisi visiva di dati sperimentali e statistici.
Espressione inglese che individua, approssimativamente, i cosiddetti contratti per la fornitura di dati elaborati e i contratti di elaborazione dati. Si dibatte se essi vadano ricondotti nell’ambito dell’appalto d’opera o configurino uno speciale appalto di servizi, essendo presenti elementi caratterizzanti entrambi gli istituti, e cioè una elaborazione o trasformazione di ‘materia’, ivi intesa nel senso di dati forniti dal cliente medesimo, e un facere diretto a elaborare i dati medesimi in funzione dell’ottenimento di una diversa utilità. L’oggetto consiste nello scambio del servizio di elaborazione dati contro il corrispettivo di un prezzo: in relazione al concreto contenuto del servizio, che deve essere dettagliatamente indicato nel contratto, si rileva che esso può diversificarsi in rapporto alla quantità e alla varietà di operazioni fattibili con il computer. In riferimento al corrispettivo del servizio prestato, si parla più propriamente di canone: sull’ammontare e sulle modalità di pagamento del canone può eventualmente incidere la durata dell’esecuzione; qualora la prestazione sia di natura occasionale, o comunque non ricorrente, il prezzo è invece unitario in rapporto all’entità del servizio stesso. Non può escludersi, inoltre, il diritto dell’assuntore di variare il canone, anche a condizioni diverse da quelle pattuite o previste per legge. Tale diritto risulta bilanciato dal potere di recesso riconosciuto al cliente, entro un termine convenuto come congruo dalle parti, decorso il quale, il silenzio del cliente vale come accettazione della intervenuta variazione.
Si tratta di contratti consensuali, non solenni, eccezionalmente onerosi, a effetti obbligatori, bilaterali o a prestazioni corrispettive, commutativi e normalmente di durata. Discussa è la sussistenza della natura fiduciaria del rapporto tra cliente e centro di calcolo. Si segnala l’obbligo, in capo al centro di calcolo, di mantenere riservati e non divulgare i dati forniti dal cliente, nel rispetto della protezione dei dati personali (➔ privacy).