Alterazione a carattere degenerativo e necrobiotico del parenchima e proliferativo dello stroma di organi vari (fegato, polmone, rene, stomaco ecc.), con tendenza alla sclerosi interstiziale e alla retrazione fibrosa. Il termine fu usato per la prima volta nel 1805 da R.-T.-H. Laënnec, per indicare una malattia epatica caratterizzata da uno speciale colorito giallo del parenchima.
La c. epatica consiste in una degenerazione progressiva delle cellule epatiche che si atrofizzano e scompaiono, mentre lo stroma connettivale prolifera, formando un tessuto sempre più sclerotico che dissocia i lobuli epatici e nel tempo stesso circoscrive più lobuli insieme (c. plurilobulare), li serra entro anelli fibrosi e infine si ritrae; la rigenerazione del parenchima distrutto avviene in modo anomalo, non riproducendo la normale architettura e dando luogo alla formazione di pseudoadenomi: ne consegue un completo sovvertimento strutturale dell’organo che, dopo una fase di modico ingrandimento, finisce col rimpicciolirsi e atrofizzarsi gravemente. Il fegato diventa duro al tatto, deformato, con margine assottigliato, talora tagliente, e superficie granulosa. La circolazione viene progressivamente ostacolata dalla connettivizzazione e dalla disordinata attività rigenerativa, donde forte ristagno o stasi in tutto il territorio portale, a partire dalle radici della vena porta, e quindi versamento sieroso trasudativo nel cavo peritoneale, cioè ascite (fino a 10-15 l e più, nei casi non trattati) con un aumento di volume dell’addome, che si presenta spesso svasato ai fianchi (ventre batraciano). A questo fattore dinamico (ipertensione portale) si aggiunge l’iperaldosteronismo secondario che è dovuto alla ridotta inattivazione dell’ormone e all’attivazione del sistema renina-angiotensina. Altre conseguenze sono la splenomegalia e la costituzione di un circolo collaterale venoso di compenso, con dilatazione delle vene anastomotiche tra territorio portale e territorio delle vene cave: si inturgidiscono, specialmente le vene sopra e periombelicali, formando una rete assai ricca (il cosiddetto caput Medusae), e altrettanto accade per le vene esofagee e per le vene mesenteriche ed emorroidarie, donde varici e, per rottura di esse, emorragie (ematemesi e melena) anche gravi, talora mortali. I sintomi della c. sono turbe digestive e motorie intestinali, spesso lieve subittero con tracce di pigmenti biliari nelle urine, oliguria, talora emorragie cutanee e mucose, anemia e dimagramento generale, epatosplenomegalia, in un secondo tempo atrofia del fegato e ascite, progressiva insufficienza epatica. La c. ha decorso cronico, di solito progressivo. Importanti per la diagnosi sono le alterazioni caratteristiche del quadro proteico del plasma (diminuzione delle albumine e aumento relativo delle globuline) e la biopsia epatica. Le complicazioni più frequenti della c. sono l’ittero, le tromboflebiti, le emorragie, le anemie gravi, l’insufficienza cardiaca, la cachessia. Fra le principali cause di c. predominano l’abuso protratto di alcool e l’infezione da virus epatitici (di tipo B, C e delta). La terapia è complessa: contempla misure dietetiche, mira a rallentare il processo fibrotico e di retrazione fibrosa, a favorire la rigenerazione degli epatociti, a prevenire complicazioni metaboliche (iperammoniemia) e a ridurre il versamento ascitico (paracentesi, diuretici, correzione del deficit albuminemico). In caso di rottura di varici esofagee, si ricorre al tamponamento con sonda a palloncino o ad altri interventi sotto guida endoscopica e a trasfusioni di sangue. Al fine di ridurre l’ipertensione portale, possono essere indicati interventi chirurgici o rivascolarizzazioni mediante tecniche di radiologia interventistica.
Oltre alla c. ‘classica’, descritta da Laënnec, si annoverano tra le c. epatiche altre epatopatie a evoluzione più o meno lenta. La c. biliare è caratterizzata da evoluzione fibrosclerotica connessa con una patologia del sistema biliare. Forme particolari di c. sono quelle che si riscontrano nell’emocromatosi e nella degenerazione epatolenticolare (malattia di Wilson).