Astrofisica delle alte energie
L'astrofisica delle alte energie riguarda lo studio delle più estreme condizioni ambientali presenti nell'Universo. Dalle stelle più compatte, con raggio di 10 km, ai buchi neri più grandi, con massa pari a un miliardo di volte quella del nostro Sole, l'astrofisica delle alte energie sonda fino all'estremo limite le leggi della fisica. Il plasma astrofisico, sede dei campi magnetici più intensi, è sottoposto alle collisioni più forti e alle esplosioni più violente; la materia è compressa in stati estremamente densi e portata ad altissime temperature; lo spaziotempo è distorto in prossimità dei buchi neri e le particelle subatomiche sono accelerate fino a energie di alcune decine di joule e oltre. Queste condizioni estreme non possono essere riprodotte nei laboratori realizzati sulla Terra. In tali condizioni limite, la fisica è studiata usando telescopi e rivelatori che, mettendo a frutto intuizioni teoriche e sfruttando gli elaboratori elettronici più potenti tra quelli a disposizione, coprono intervalli di molti ordini di grandezza in lunghezza d'onda e in energia (consentendo pertanto di rilevare dai fotoni di 10−7 eV ai raggi cosmici di 1020eV). Questo campo dell'astrofisica si applica non soltanto alla fisica fondamentale dei sistemi celesti, ma anche alle sfide della fisica fondamentale che travalicano le evidenze sperimentali ottenute in ambiente terrestre. La storia dell'astrofisica delle alte energie è intimamente legata ai progressi tecnici dei satelliti artificiali e degli osservatori terrestri e spaziali. Queste moderne tecnologie hanno portato, nella seconda metà del XX sec., a una visione nuova dell'Universo, con scoperte che hanno avuto per oggetto dai raggi cosmici X e gamma ai neutrini cosmici, ai raggi cosmici di energia più alta.
Affinché il breve resoconto qui presentato risulti chiaro, si è diviso questo capitolo secondo il tipo di particelle, partendo con il fotone, il messaggero cosmico più tradizionale. Dapprima vengono discussi i sistemi astrofisici scoperti attraverso i fotoni di energia più alta, da quelli dei raggi X a quelli dei raggi gamma. I sistemi astrofisici di alta energia, oltre a produrre fotoni, emettono spesso altri 'messaggeri', come protoni cosmici, nuclei cosmici e neutrini. Successivamente sono esaminate la storia dell'astronomia del neutrino e quella dei messaggeri di energia più alta.
Al fine di aprire uno sguardo ancora più innovativo sulla struttura e sul comportamento dell'Universo, sono in fase di preparazione ricerche riguardanti altri elementi di investigazione: onde gravitazionali, particelle di materia oscura e altre tracce esotiche. Nato nella seconda metà del XX sec., quello dell'astrofisica delle alte energie è un settore estremamente promettente. La combinazione di missioni spaziali e di rivelatori al suolo (che arrivano a coprire superfici di migliaia di km2) porteranno nuova luce sui molti enigmi riguardanti la produzione e la propagazione dei raggi gamma, dei raggi cosmici e dei neutrini di alta energia. Si prevede inoltre che, in un futuro piuttosto prossimo, sarà possibile osservare fenomeni di fisica di frontiera, come le onde gravitazionali e le particelle di materia oscura.
L'astronomia è nata con i fotoni visibili, che per molti fenomeni dell'Universo sono tuttora i messaggeri più evidenti. I fotoni sono elettricamente neutri, privi di massa e sono prodotti facilmente; sono le particelle cosmiche più veloci e, in assenza di intensi campi gravitazionali, la loro direzione indica la sorgente di provenienza. Al contrario, protoni ed elettroni cosmici sono elettricamente carichi e sono deviati dai campi magnetici del Cosmo; particelle instabili, quali i neutroni, decadono prima di arrivare sulla Terra. I neutrini presentano alcuni vantaggi propri dei fotoni, sono neutri e hanno una massa molto piccola, ma agiscono soltanto mediante interazioni deboli, rendendo estremamente difficile la loro osservazione. I fotoni sono facilmente rilevabili e sono generati, verosimilmente, da eventi cosmici che accelerano particelle cariche. I fotoni cosmici che osserviamo vanno da quelli di bassa energia delle onde radio (10−7 eV) ai raggi gamma con energia di qualche 1013 eV, ossia decine di TeV (1 TeV=1012 eV), i fotoni di energia più alta rilevati fino a oggi (fig. 2).
La prima sorgente extrasolare di raggi X a essere stata scoperta è una binaria X della costellazione dello Scorpione, chiamata Sco X-1, la più luminosa sorgente di raggi X persistente nel cielo. In tale sistema binario, la materia di una stella normale si aggrega verso un oggetto compatto, una stella di neutroni o un buco nero. Il surriscaldamento della materia che si addensa genera i raggi X. A oggi, sono note poche centinaia di binarie di raggi X, circa metà delle quali hanno stelle compagne con massa piccola, come Sco X-1 e Cygnus X-2, mentre l'altra metà ha stelle compagne con massa grande. Tra le prime sorgenti di raggi X scoperte, Cygnus X-2 e Sco X-1 sono compatibili con una binaria contenente una stella di neutroni, mentre Cygnus X-1 è stato il primo sistema binario a mostrare evidenze dell'esistenza di un buco nero con massa paragonabile con quella di una stella. Le stelle di neutroni hanno un limite massimo di massa di circa 3 M⊙, mentre Cygnus X-1 ha un oggetto compatto con massa tra 6,8 e 13 M⊙. I soli oggetti compatti conosciuti capaci di superare il limite di massa di una stella di neutroni sono i buchi neri. Sorgenti di raggi X sono anche le nebulose associate a supernovae. La prima a essere stata osservata, e ancora oggi la più evidente, è la famosa Nebulosa del Granchio: il plasma magnetizzato e fortemente energetico in tale nebulosa è stato osservato attraverso molte frequenze, fino a energie di decine di TeV.
Le stelle di neutroni che non siano pulsar e non appartengano a sistemi binari sono di solito difficilmente osservabili. Stelle di neutroni isolate emettono, comunque, radiazione termica dalla propria superficie. La difficoltà nel rilevare questi oggetti è rappresentata dalle dimensioni angolari estremamente ridotte e dalle basse luminosità; tuttavia, qualche stella di neutroni isolata è stata osservata mediante radiazione visibile e raggi X. Un esempio che vale la pena di evidenziare è costituito dalla vicina stella di neutroni isolata RX J185635-3754, osservata per la prima volta nel 1996 dal satellite ROSAT (Röntgen satellite): è la più vicina stella di neutroni conosciuta, distante soltanto 120 pc circa di distanza dalla Terra, il che permette una buona stima delle proprietà della superficie di emissione e della sua struttura d'insieme. Ci si augura che il raggio di una stella di neutroni possa alla fine essere determinato, così da permettere di precisare l'equazione di stato della più densa forma di materia conosciuta. Vi sono attualmente interpretazioni contrastanti riguardo la struttura di RX J185635-3754, che variano dalle equazioni di materia nucleare rigida, a ipotesi alternative di plasma di quark poco denso.
I telescopi a raggi X permettono di studiare, oltre alle più piccole tra le stelle della Galassia, anche i più grandi sistemi gravitazionali legati dell'Universo, vale a dire gli ammassi di galassie estremamente massivi, che emettono raggi X in conseguenza dell'emissione termica da parte di gas intergalattico caldo. Il primo ammasso di galassie osservato nella banda dei raggi X è stato il Coma, rilevato nel 1965 da un esperimento su pallone; nel suo caso, il gas è a una temperatura di 108 K circa. L'emissione dei raggi X dai gas caldi negli ammassi di galassie ben descrive il potenziale gravitazionale di un ammasso, e può essere usata per stimare la quantità di materia da quest'ultimo contenuta. L'osservazione degli ammassi di galassie mediante raggi X conferma l'ipotesi di Fritz Zwicky, che tali ammassi siano composti prevalentemente da materia oscura: insieme ad altre osservazioni cosmologiche, i dati così ottenuti hanno mostrato che l'85% circa della materia nell'Universo è oscura e non barionica.
È possibile osservare anche i raggi X provenienti da galassie singole, in special modo da galassie attive, nel cui nucleo centrale si pensa che s'accresca un buco nero supermassivo, che ingloba gas ultrarelativistici provenienti dalla materia interstellare, emettendo raggi X e gamma. Esiste, infine, un fondo diffuso di raggi X, che finora non è stato possibile associare ad alcuna sorgente puntiforme. L'origine di questa radiazione X non è ben chiara: potrebbe risalire a numerose sorgenti non risolte, oppure potrebbe rimandare a un passato violento durante l'epoca della formazione delle stelle.
L'astronomia dei raggi gamma si è sviluppata insieme a quella dei raggi X. Quando i razzi e i palloni superarono l'atmosfera terrestre opaca, i rivelatori di raggi gamma e di raggi X furono installati a bordo più o meno contemporaneamente. La scoperta più sorprendente degli inizi dell'astronomia dei raggi gamma è stata realizzata dalla serie di satelliti statunitensi Vela, progettati per garantire il rispetto del trattato Limited test ban del 1963, nel quale ci si proponeva di limitare, appunto, gli esperimenti sulle esplosioni nucleari. Nel 1967 Vela 4A e 4B e nel 1969 Vela 5A e 5B scoprirono, invece, molti lampi di raggi gamma, provenienti dallo spazio e non dalla Terra. Questi lampi (GRB, Gamma ray bursts) sono esplosioni brillanti di raggi X altamente energetici e di raggi gamma, che durano frazioni di secondo o anche minuti, durante i quali predominano su tutti gli altri raggi gamma del cielo. Appaiono improvvisamente, da direzioni casuali e, a differenza delle sorgenti galattiche o delle galassie vicine, danno luogo a una distribuzione isotropica (fig. 3).
I raggi gamma cosmici di energie al di sopra dei 100 GeV sono fuori della portata degli esperimenti su satellite, ma possono essere studiati da osservatori sulla Terra. I raggi gamma di alta energia, penetrando nell'atmosfera, interagiscono con le particelle ivi contenute e danno luogo a uno sciame di particelle esteso. Lo sciame elettromagnetico può essere visualizzato dai telescopi atmosferici Čerenkov (ACT, Atmospheric Čerenkov telescopes), quali i telescopi Whipple di 10 m in Arizona, CAT nei Pirenei, Cangaroo in Australia e il telescopio HEGRA alle Canarie. Gli ACT rilevano la radiazione Čerenkov generata dalle particelle elettromagnetiche contenute nello sciame prodotto da raggi gamma primari di energia di circa 100 GeV o maggiore. Per soglie più basse, gli esperimenti STACEE e CELESTE utilizzano grandi sistemi (arrays) di eliostati, per raccogliere luce Čerenkov e osservare la distribuzione laterale dello sciame; è possibile sovrapporre i dati ottenuti mediante questa tecnica con quelli acquisiti dal satellite. A energie molto alte, lo sciame è osservabile al suolo per mezzo di sistemi detti EAS (Estensive air shower), come CASA e CYGNUS, che osservano a campione gli sciami e hanno una soglia di circa 100 TeV. L'esperimento Milagro, al fine di abbassare la soglia degli sistemi EAS a 1 TeV circa, ha una grande area attiva, che impiega l'acqua come mezzo sensibile, e una rete di tubi fotomoltiplicatori. I sistemi di rivelatori del Tibet possono arrivare a energie anche minori, dato che sono localizzati a una altitudine notevole, dove gli sciami, a parità di energia delle particelle primarie, contengono un numero più grande di raggi secondari. Per osservare quindi raggi gamma in un ampio spettro di energia, vari rivelatori al suolo integrano i rivelatori di più bassa energia posti sui satelliti.
Per gli esperimenti al suolo, vi è il problema degli eventi di raggi cosmici di fondo. I rivelatori di raggi gamma installati sui satelliti possono essere circondati da alcuni rivelatori che registrano il passaggio di particelle cariche. Al suolo, la struttura di composizione dello sciame è l'unico mezzo disponibile per distinguere la particella primaria che ha generato l'EAS. Le tecniche di rappresentazione della struttura dello sciame sono notevolmente migliorate negli ACT moderni e hanno portato a un significativo aumento della capacità di scartare gli sciami del fondo. Gli ACT sono stati i primi telescopi capaci di osservare sorgenti con energia dell'ordine dei TeV. È da ricordare che i satelliti forniscono una base dalla quale esplorare tutto il cielo e studiare il fondo, mentre i telescopi a terra sono più adatti a osservare sorgenti puntiformi conosciute: questi due approcci sono complementari sia nell'intervallo di energia sia nel tipo di sorgenti studiate e, insieme, aiuteranno a comprendere alcuni degli ambienti a più alta energia dell'Universo.
I lampi di raggi gamma sono prodotti quasi certamente nelle condizioni più estreme che si verificano nell'Universo, come accade per le altre sorgenti di raggi gamma, quali i resti delle stelle esplose e i getti ultrarelativistici che emergono dai buchi neri di massa estremamente elevata al centro delle galassie attive. Quali siano gli ambienti nei quali queste esplosioni avvengono e quale sia la loro origine resta ancora da stabilire precisamente, ma la risposta a questo mistero sembra essere più vicina che non in passato: nei primi anni Novanta del Novecento, non era neanche chiaro se i GRB fossero prodotti nella Galassia oppure in sorgenti a distanze cosmologiche (vi era un'incertezza di 5 ordini di grandezza nella distanza, ca. da 10pc a 1 Gpc). Oggi, dopo trent'anni dalla loro scoperta, se ne è stabilita la natura cosmologica. Le distanze cosmologiche dei flussi di GRB osservati implicano energie di emissione isotropica minori di 6×1053 TeV circa. Gli spettri dei GRB sono non termici e richiedono qualche processo di accelerazione. Il numero N di fotoni a unità di energia E segue una legge di potenza N(E)∝E−α, dove α vale circa 1 a basse energie, mentre è 2 o 3 circa a energie maggiori di 1 MeV, fino a 1 GeV circa in molte esplosioni. Le strutture temporali dei GRB, inoltre, risultano abbastanza diverse.
Le esplosioni hanno una durata che va da qualche millisecondo a diversi minuti e mostrano andamenti temporali differenti: crescite graduali e veloci, seguite da decadimenti quasi esponenziali, oppure curve di luce con molti picchi e sottostrutture, di ampiezza fino a qualche millisecondo. La scala di tempo di 1 s indica, data la casualità, che questa grande quantità d'energia è liberata entro una regione di circa 100 km di diametro. Un'intensa luminosità in un'esplosione breve e localizzata, indipendente dalla natura del progenitore e del meccanismo di attivazione, implica la formazione di quello che si chiama fireball relativistico in espansione. Per evitare che i raggi gamma si degradino al di sotto dell'energia corrispondente alla massa dell'elettrone (0,511 MeV), il flusso deve avere un'espansione relativistica con un fattore di Lorentz maggiore di 102. La dinamica dettagliata del fireball relativistico che genera i GRB è ancora argomento di dibattito, con scenari differenti che coinvolgono accelerazioni di urto interne ed esterne.
Il modello di fireball relativistico è riuscito a spiegare i dati delle osservazioni; tuttavia, l'evento che lo genera non è ancora noto, nascosto dietro lo 'spesso' flusso di radiazione visibile. Molti modelli suggeriscono un flusso uscente, che riduce i requisiti energetici per un singolo evento e incrementa il numero di progenitori per galassia. Attualmente, le proposte riguardanti i progenitori vanno dalle stelle massive che subiscono un brusco collasso del nucleo, chiamate collapstar o ipernovae, alla fusione di due oggetti compatti, quali stelle di neutroni o buchi neri. I residui di entrambi questi scenari sono buchi neri di poche masse solari circondati da dischi di accrescimento; la materia precipita nel buco nero originando i getti. Alcuni scenari alternativi riguardano la distruzione di marea delle stelle compatte da parte dei buchi neri e la rotazione veloce di stelle di neutroni magnetizzate intensamente. L'enorme fuoriuscita di energia dai GRB, indipendentemente da quale sia il progenitore, e la trasparenza dell'Universo al di sotto di 100 MeV permettono l'osservazione dei GRB. I raggi gamma, come fari che emettono alta energia, hanno la capacità di sondare l'Universo in tempi molto remoti, nonché di studiare, su distanze cosmologiche, la propagazione dei fotoni di elevata energia e, probabilmente, anche dei neutrini.
Non tutti i GRB si originano nello stesso modo. Esistono oggetti che mostrano GRB ripetuti con uno spettro molto meno energetico rispetto ai classici GRB considerati finora. Questi GRB sono stati catalogati, alla fine degli anni Ottanta del Novecento, come una classe distinta e chiamati Soft gamma-ray repeaters (SGR). Si conosce un numero molto piccolo di questi oggetti, con differenti gradi di attività, da pochi getti osservati a centinaia di brevi lampi di bassa energia per singolo SGR. Anche il singolo getto può avere una struttura temporale diversa, da semplici lampi di 10 ms a decine di piccoli lampi consecutivi, ognuno di durata pari a decine di ms. La distribuzione dell'intensità di emissione dei getti dagli SGR è analoga a quella dei terremoti sulla Terra. Gli SGR sono localizzati, in genere, all'interno o nei pressi dei resti di una supernova e si ritiene che siano associati alle stelle di neutroni di campo magnetico più intenso (induzione di 1014÷1015 gauss), chiamate magnetar. La relazione degli SGR con le stelle di neutroni fortemente magnetizzate è rafforzata dall'osservazione, in alcuni sistemi, di pulsazioni e di un periodo di rotazione che aumenta.
Alcune galassie mostrano nella parte centrale, o nucleo, fenomeni di alta energia; si parla quindi di galassie attive, o di nuclei galattici attivi (AGN, Active galactic nuclei). Queste particolari galassie emettono una quantità straordinaria di radiazione, che va dalle radiofrequenze fino ai raggi gamma con energie dei TeV. Nel 1959 Lodewijk Woltjer aveva già dimostrato come le galassie di Seyfert (galassie attive che, come osservato da Carl Seyfert, presentano nuclei dalla superficie molto luminosa e larghe righe di emissione) avessero una massa molto grande (dell'ordine di 109 M⊙) concentrata in meno di 100 pc, e come fossero molto rare oppure rappresentassero fasi di breve durata in galassie comuni. Si ritiene attualmente che gli AGN siano buchi neri di massa straordinariamente grande, 108÷1010 M⊙, che risucchiano materia dal nucleo di una galassia ospite. Il processo di accrescimento di un buco nero può rilasciare, in modo dipendente dalla rotazione del buco nero stesso, circa il 10% o anche più dell'energia a riposo della materia precipitata. Questo processo estremamente efficiente spiega l'entità dell'energia totale, ma i dettagli del processo di emissione sono abbastanza complessi e rappresentano un'area di ricerca attiva.
Gli AGN a radiofrequenze emettono getti di particelle relativistiche, che si pensa siano allineati con l'asse di rotazione del buco nero. Questi getti generano lobi radio alla scala spaziale del Mpc, che riducono le dimensioni della galassia ospite. Il moto relativistico dei getti AGN, rispetto all'osservatore, aumenta la luminosità apparente della sorgente a causa della contrazione di Lorentz del tempo e dello spostamento verso il blu della frequenza dei fotoni emessi. L'irraggiamento relativistico, inoltre, tende a ridurre le interazioni dei fotoni, che altrimenti porterebbero a un degradamento dei raggi gamma maggiormente energetici. Più il getto relativistico è allineato con la linea dell'orizzonte, maggiore è l'energia dei fotoni osservati. Gli oggetti BL Lacertae (BL Lac) e i radio quasar a spettro piatto (FSRQ, Flat spectre radio quasar) sono i tipi di AGN più facilmente rilevabili per mezzo dei raggi gamma ad alta energia. Queste sorgenti sono generalmente denominate blazar ed emettono gran parte della propria radiazione sotto forma di raggi gamma, con luminosità di 1045÷1047 erg/s.
I blazar emettono radiazione non termica a banda larga da un nucleo compatto. La radiazione è altamente polarizzata e questo fa pensare a un'emissione di sincrotrone in un campo magnetico locale. L'alta luminosità e la rapida variabilità indicano getti altamente relativistici, strettamente allineati all'orizzonte terrestre. La distribuzione dello spettro di energia mostra due picchi di potenza comparabile, come si può osservare nella fig. 5 . Il primo è nella zona delle bande UV e X ed è associato comunemente all'emissione di sincrotrone dagli elettroni energetici. In base al modello Synchrotron self-Compton (SSC), il secondo picco, nella zona dei raggi gamma dal GeV al TeV, proviene dalla diffusione Compton inversa tra fotoni di sincrotrone ed elettroni della stessa energia. Le previsioni di questo modello sono compatibili con le osservazioni, incluse quelle relative alla distribuzione dello spettro di energia e alle correlazioni nell'andamento temporale a energie diverse.
Vi sono, per i blazar, modelli alternativi, basati su sciami indotti di protoni pittosto che su sciami di elettroni. Se si hanno campi magnetici intensi, che agiscono su grandi regioni per un tempo sufficientemente lungo, i protoni possono raggiungere alte energie più facilmente che non gli elettroni, in quanto questi ultimi perdono energia per radiazione di sincrotrone ed effetto Compton inverso. Se i protoni sono accelerati nei getti AGN a energie molto alte, allora interagiscono con gli abbondanti fotoni infrarossi e generano pioni. I pioni neutri decadono ciascuno in due fotoni gamma, dando così origine, in questi modelli detti adronici, a raggi gamma. A sua volta, il decadimento dei pioni carichi genera neutrini energetici, che possono essere rilevati dagli osservatori di neutrini di alta energia con volumi dell'ordine del km3. Un'altra caratteristica interessante dei modelli adronici è la possibilità di spiegare l'origine dei raggi cosmici di energia estremamente elevata.
Vi sono alcune sorgenti di raggi gamma associate a supernovae che è opportuno menzionare. La più nota è il Granchio, che rappresenta la 'candela' di riferimento nell'astronomia a energia di TeV; il flusso di fotoni vale circa 2,8×10−7 E−2,59 m−2s−1 TeV−1, esprimendo l'energia E in TeV. Pochi altri resti, come la pulsar PSR 1706-44, forse la pulsar della Vela, i resti della supernova Cas A, SNR 347,3-00,5, SN1006, RXJ 1713,7-3946, e PSR B1509-58, sembrano raggiungere energie dell'ordine del TeV. Si pensa che i siti di accelerazione dei raggi cosmici da ∼1 GeV a ∼100 TeV siano quelli dove avvengono le collisioni intorno ai resti di supernova, ipotesi che deve ancora essere confermata con certezza dall'osservazione di raggi gamma provenienti dal decadimento dei pioni nei resti di supernova. Una delle più evidenti osservazioni di supernovae relativamente all'emissione ad alta energia riguarda i raggi gamma dal decadimento radioattivo del cobalto 56 da SN1987a, rilevata dal Solar maximum mission (SMM) gamma-ray spectrometer; grazie a essa ha avuto conferma il modello teorico delle curve di luce delle supernovae, che spiega l'emissione di radiazione ottica ritardata dalle supernovae in termini di decadimento del cobalto 56 e del ferro 56. Il decadimento del cobalto 56 ‒ prodotto dal nichel 56 ‒ in ferro è stato osservato mediante le linee poste a 837 keV e a 1238 keV.
Si pensa che nelle esplosioni di supernovae siano emessi neutrini di alta energia, la cui ricerca con rivelatori capaci di controllare volumi straordinariamente grandi rappresenta la nuova frontiera nell'astronomia dei neutrini: i flussi stimati indicano una scala minima di km3 o di 1 miliardo di tonnellate di materiale sensibile. Un'altra sorgente di neutrini, di energia ancora maggiore, è rappresentata dai raggi cosmici extragalattici (UHE), che, quando attraversano l'Universo, interagiscono con la radiazione di fondo cosmico di microonde e generano pioni. Questi decadono generando neutrini con energie che variano da circa 1 EeV (1018 eV) fino probabilmente a 1 ZeV (1021 eV), a seconda della natura della sorgente di protoni UHE, non ancora nota. È possibile verificare l'esistenza di nuove particelle, quali le Weakly interacting massive particles (WIMP), candidate favorite per spiegare la materia oscura, mediante osservazioni di raggi gamma. Si pensa che tali particelle possano rappresentare una buona parte dell'alone di materia oscura della Galassia; la loro annichilazione porta all'emissione di linee di raggi gamma, oppure a radiazione continua per decadimento dei pioni prodotti nell'annichilazione stessa. Il tasso di annichilazione delle WIMP è proporzionale al quadrato della densità e nelle regioni ad alta densità, come nel centro della Galassia, può generare un segnale rilevabile. Rivelatori di nuova generazione, su satelliti e a terra, ricercheranno questa radiazione emessa dalla materia oscura.
I lampi di raggi gamma dimostrano che l'Universo è abbastanza trasparente ai raggi gamma di 100 MeV, ma non sembra che si possa dire altrettanto relativamente ai raggi gamma più energetici. Per esempio, lo Energetic gamma ray experiment telescope (EGRET), a bordo del Compton gamma-ray observatory (CGRO), pur avendo rilevato molti blazar, fino a ∼30 GeV, non ha permesso di osservarne con energie dell'ordine del TeV. In linea di principio ciò potrebbe essere dovuto a un taglio nello spettro del blazar ma, dato che le poche osservazioni di blazar con energie dell'ordine del TeV corrispondono tutte a un red shift relativamente basso (z∼0,03-0,1), è più probabile che questa mancanza sia dovuta a un orizzonte di raggi gamma dipendente dall'energia. Ad alto red shift, i fondi extragalattici diffusi possono degradare l'energia dei raggi gamma dal TeV all'EeV (1018 eV), mediante produzione di coppie. I raggi gamma con energia dell'ordine del PeV (1015 eV) ad alto red shift sono fortemente soppressi dal ben noto fondo cosmico di microonde, ma il fondo infrarosso e quello di onde radio, che influenzano rispettivamente la propagazione dei raggi gamma TeV ed EeV, sono noti con minore precisione. È possibile studiare questi fondi meno conosciuti, confrontando sorgenti a distanza diversa nell'emissione di alta energia. Dalla scarsa emissione TeV dai blazar molto lontani segue una stima del fondo infrarosso. Se gli spettri di tali sorgenti gamma si estendessero oltre il TeV, l'effetto dei fondi diffusi sarebbe quello di spostare la radiazione ad alta energia verso il campo di energie nel quale opera EGRET; in questo modo, i limiti di EGRET sul fondo gamma extragalattico vincolano strettamente a modelli secondo i quali i raggi gamma UHE risultano prodotti in ogni parte dell'Universo.
La storia dei raggi cosmici inizia nel 1912, quando Victor Hess dimostrò l'esistenza di una misteriosa radiazione ionizzante, che proveniva dallo spazio e non dalla Terra. Questa sorgente naturale di protoni di alta energia permise di scoprire nuove particelle, per mezzo di emulsioni fotografiche posizionate in altitudine, dove il flusso ad alta energia risulta meno attenuato. Come mostrò nel 1938 Pierre Auger, i raggi cosmici di energia molto elevata generano ampi sciami nell'atmosfera terrestre, ripartendo la propria energia tra miliardi di particelle di energia minore che arrivano contemporaneamente al suolo. Gli sciami estesi hanno permesso di individuare raggi cosmici di energie macroscopiche, intorno alle decine di joule (1020 eV), che rappresentano le particelle con la più grande energia tra quelle mai osservate. Tecniche diverse hanno consentito di rilevare raggi cosmici con energie da circa 108 eV a circa 1020 eV: fino a 1014 eV l'osservazione diretta è realizzabile con palloni ed esperimenti nello spazio; al di sopra di questa soglia, il flusso dei raggi cosmici è troppo piccolo per rivelatori posti nello spazio e i raggi sono studiati attraverso l'impronta al suolo degli sciami. Lo spettro dei raggi cosmici (fig. 6) ha una flessione a energie minori, a causa della magnetosfera solare, che agisce come uno schermo per le particelle cariche. Lo spettro dei raggi cosmici nella regione compresa tra i GeV e i PeV è descritto bene da una legge di potenza con indice spettrale ∼2,7. A energie E maggiori, lo spettro diventa più ripido e segue una legge di potenza del tipo E−3; la regione di transizione è chiamata 'ginocchio'. A energie ancora maggiori lo spettro sembra cambiare di nuovo andamento, sebbene il comportamento preciso non sia ancora chiaro.
Studi a basse energie mostrano come nella Galassia vi sia la diffusione dei nuclei contenuti nei raggi cosmici. Alle energie più basse, i raggi cosmici sono composti prevalentemente da nuclei leggeri (protoni e nuclei di elio), mentre in corrispondenza del ginocchio le particelle componenti sembrano diventare più pesanti. Ciò sarebbe in accordo con l'idea che la propagazione dei raggi cosmici sia di tipo diffusivo nel campo magnetico galattico e che la probabilità di fuga cresca all'aumentare dell'energia, in modo dipendente dalla rigidità del fascio. In questo quadro, il ginocchio rappresenterebbe la transizione dalle traiettorie vincolate a quelle che sfuggono dalla Galassia, da cui la variazione nell'indice spettrale. Tra le molte ipotesi riguardanti l'origine dei raggi cosmici, quella più accreditata è l'accelerazione violenta nei resti di supernova, proposta nel 1949 da Enrico Fermi. Il processo di accelerazione dovrebbe generare interazioni tra raggi cosmici, in numero sufficiente a produrre un flusso osservabile di raggi gamma dal decadimento di pioni nei pressi del luogo di accelerazione; è difficile, comunque, immaginare che questo meccanismo possa valere per energie molto oltre i 1015 eV ed è plausibile che, alle energie più alte, siano necessarie sorgenti più potenti. Inoltre, all'aumentare dell'energia di un raggio cosmico primario, si ha una diminuzione dell'effetto del campo magnetico galattico sulla traiettoria della particella. Quando l'energia dei raggi cosmici raggiunge circa 10 EeV, le traiettorie dovrebbero iniziare a puntare indietro verso le sorgenti stesse, e quindi l'astronomia dei raggi cosmici dovrebbe diventare accessibile. Le osservazioni, fino alle più alte energie esaminate sino a ora, mostrano invece una distribuzione isotropica della direzione di provenienza. Vista l'assenza di indicazioni relative al piano della Galassia o ad altre strutture vicine, l'isotropia indica un'origine extragalattica delle sorgenti di più alta energia per i protoni cosmici.
La prima osservazione di un raggio cosmico UHE è stata effettuata nel 1991 e ha riguardato un evento di energia 3,2×1020 eV, che ha suscitato considerevole interesse intorno all'origine e alla natura di queste particelle. Nel caso in cui esse fossero protoni, sarebbero probabilmente originati da sorgenti extragalattiche, dato che il campo magnetico galattico non può confinare nella Galassia protoni di tali energie. Protoni extragalattici con energie maggiori di qualche 1019 eV possono, comunque, produrre pioni attraverso interazioni con il fondo cosmico di microonde e di conseguenza, percorrendo le distanze intergalattiche, perdere una parte significativa della propria energia. Oltre alla richiesta di una energia straordinaria perché le sorgenti astrofisiche possano accelerare i protoni fino a 1020 eV, vi è quindi il fatto che la reazione di soglia fotopionica sopprime, al di sopra di 1020 eV, il flusso osservabile. Si pensava quindi che queste condizioni determinassero un limite naturale di alta energia per lo spettro dei raggi cosmici, conosciuto come taglio Greiser-Zatsepin-Kuzmin (GZK).
Secondo la più recente analisi dei dati, lo spettro dei raggi cosmici non sembra terminare in corrispondenza del taglio GZK. Oltre al fatto che sono presenti eventi che superano tale taglio, non è stata identificata una chiara corrispondenza con la direzione di arrivo negli eventi di energia più alta. I dati relativi ai raggi cosmici UHE (UHECR, UHE cosmic rays) sono compatibili con una distribuzione isotropica delle sorgenti, in netto contrasto con la distribuzione anisotropica della luce nella regione compresa entro una distanza di 50 Mpc dalla Terra. Ciò mette in discussione le spiegazioni classiche dell'astrofisica, stimolando possibilità alternative di nuova fisica. Si tratta di un campo di ricerca nuovo, con molti scenari proposti ma nessun modello chiaramente favorito. Non soltanto l'origine di queste particelle potrebbe essere dovuta a fenomeni di fisica ancora non contemplati nell'attuale Modello Standard delle particelle elementari, ma la loro esistenza potrebbe essere usata per vincolare le estensioni dello stesso, come, per esempio, le violazioni dell'invarianza di Lorentz.
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