(o tarantolismo) Tecnica coreutico-musicale di catarsi da crisi psichiche, conosciuta in tutta l’Italia meridionale a partire dal 14° sec. e riscontrabile nel Salento, benché in forme progressivamente attenuate, fino agli anni 1990. Il t. è stato compiutamente esaminato dal punto di vista storico-religioso nel 1959 da E. De Martino.
Nelle sue linee essenziali il t. si apre con la caduta del soggetto (per lo più femminile) in una condizione di crisi (non identificabile con una forma definita di turba psichica) attribuita al morso di una taranta (anch'essa non identificabile con questo o quel ragno). Al fine di restaurare la condizione normale si dà luogo a una terapia musicale nella quale vengono sottoposte alla tarantata, che versa in uno stato d'inerzia, melodie diverse fino a individuare quella che la stimola al ballo. Questa ‘esplorazione’ musicale è dovuta al fatto che le tarante sono concepite come una pluralità di figure mitiche articolate in categorie diverse, ciascuna delle quali è portatrice di un atteggiamento psicologico definito (tarante "libertine", se la crisi si presenta con manifestazioni erotiche; "canterine", se inducono una vistosa tendenza al canto; "tempestose", se il soggetto palesa atteggiamenti agonistici e di potenza guerriera; "tristi e mute", se la crisi si presenta con la morfologia degli stati depressivi) ed è legata a una melodia determinata. Dopo l’identificazione della taranta, ha inizio la fase più propriamente catartica. Il ballo (una tarantella molto diversa da quella di usuale intrattenimento), diretto da suonatori tradizionalmente sperimentati, si svolge in due cicli: a terra (e qui la danzatrice impersona la taranta) e in piedi (fase nella quale la tarantata entra in rapporto agonistico con il ragno, mimando fasi d'inseguimento e infine di calpestamento di esso). L'intero arco esorcistico può durare anche molti giorni, e il suo carattere simbolico è denunciato dal fatto che la crisi si rinnova di norma per molti anni secondo una periodicità calendariale che ne fissa l'insorgenza tra giugno e agosto; questo rinnovarsi è spiegato per lo più con l'idea tradizionalizzata di una "discendenza" lasciata dalla taranta; dopo l'esorcismo ha luogo un rendimento di grazie a s. Paolo (ancora oggi in una cappella del santo a Galatina nel Salento).
Pur nel suo assorbimento parziale nella pratica devozionale cristiana diretta a s. Paolo nella sua qualità di protettore dai morsi di animali velenosi in genere, il t. rivela le sue caratteristiche di istituzione catartica di tipo arcaico, profondamente affine alle tecniche diagnostico-terapeutiche del mondo antico per la cura di affezioni psichiche di vario genere, quale soprattutto il coribantismo (nello Ione Platone indica i κορυβαντιῶντες come coloro che "sono sensibili e rispondono solo a quella melodia che è del dio dal quale sono posseduti ... mentre sono insensibili a tutte le altre"), e ai cerimoniali africani bori e zar fino al vodù haitiano, nel quale i singoli loa, largamente identificati con i santi del cattolicesimo, costituiscono una pluralità di esseri sovrannaturali suscettibili anch'essi di evocazione mediante sollecitazione musicale.
Epurate delle pregnanti valenze religiose e terapeutiche che storicamente le hanno connotate, alcune modalità espressive tipiche di questo sistema rituale sono state recentemente recuperate da alcuni gruppi musicali e associazioni culturali, in un movimento di riappropriazione delle tradizioni e delle forme coreutiche originarie che ha trovato forti riscontri da parte del pubblico, divenendo un emblema sociale e ideologico di alternativa culturale alla globalizzazione.