SQUID In fisica, sigla di superconducting quantum interference device, che indica il magnetometro a effetto Josephson. Gli SQUID possono essere in corrente continua o a radiofrequenza.
Lo SQUID in corrente continua è costituito da due giunzioni Josephson realizzate in un anello superconduttore (fig. 1). Una corrente elettrica (corrente di polarizzazione) di intensità I è fatta fluire nello SQUID e, se è sufficientemente intensa (maggiore di un valore critico), provoca una differenza di potenziale ΔV ai capi del dispositivo, il cui valore dipende con legge periodica (fig. 2) dal flusso Φ del campo magnetico concatenato al circuito superconduttivo. Il periodo T di questa legge è pari al quanto di flusso di induzione magnetica hc/2e=2,07∙10–15 T∙m2, con h costante di Planck, c velocità della luce nel vuoto, e carica dell’elettrone: ΔV è massima ogniqualvolta il flusso è pari a un numero intero di quanti di flusso, minima per un numero semintero. Questo andamento è riconducibile all’interferenza, estremamente sensibile al flusso, fra le due funzioni d’onda che descrivono le coppie di Cooper di elettroni che transitano per effetto tunnel nelle due giunzioni. A questa estrema sensibilità della differenza di potenziale ai capi dello SQUID al flusso del campo magnetico è dovuta la possibilità di misurare variazioni di campo magnetico fino a circa 10–15 T (raggiungibili utilizzando un cosiddetto trasformatore di flusso, consistente in una bobina di materiale superconduttivo, accoppiata allo SQUID, che ne aumenta fino a un fattore 100 l’area).
Lo SQUID a radiofrequenza è costituito da una singola giunzione Josephson realizzata in un anello superconduttore accoppiato a un circuito risonante nel quale viene fatta circolare una corrente (di polarizzazione) a radiofrequenza nel campo del MHz; l’ampiezza della radiofrequenza in questo circuito varia, sempre con legge periodica, in funzione del flusso magnetico. Gli SQUID a radiofrequenza sono meno sensibili di quelli in corrente continua, anche se costruttivamente più semplici.
Grazie alla scoperta dei superconduttori ad alta temperatura critica che possono operare alla temperatura dell’azoto liquido (77 K), l’impiego degli SQUID risulta molto meno complesso e costoso di quelli realizzati fino alla metà degli anni 1980, che operavano alla temperatura dell’elio liquido (4,2 K) con tutte le difficoltà connesse.