sport
Mettere alla prova il fisico per competere o per divertirsi
Lo sport rappresenta oggi un settore rilevante dell’economia mondiale, con un mercato legato all’attrezzatura e all’abbigliamento ma anche allo spettacolo, alla pubblicità, all’editoria e al turismo.
È anche materia di ricerca scientifica: lo studio dello sport ha sviluppato metodi di allenamento molto sofisticati volti al mantenimento della salute, alla riabilitazione e, ovviamente, all’attività agonistica
L’allenamento è il risultato di un adattamento dell’organismo allo stimolo dell’esercizio fisico. Gli studi di fisiologia dello sport hanno permesso di individuare i principi dell’allenamento sportivo moderno: continuità, gradualità, individualizzazione (ciascun organismo risponde in maniera diversa allo stesso stimolo) e specificità; quest’ultima è la capacità di stimolare i sistemi fisiologici dai quali dipende la prestazione ottimale nella specialità prescelta, come la potenza muscolare nel lancio del peso, la resistenza nelle corse di fondo e così via.
L’approccio scientifico, associato al perfezionamento di attrezzature e di impianti, ha determinato un miglioramento straordinario delle prestazioni: Spiridon Louis ha vinto la prima maratona nel 1896 alle Olimpiadi di Atene con il tempo di 2h58'50" (su 40.000 km), mentre oggi il primato mondiale di Paul Tergat stabilito nel 2003 a Berlino è 2h04'55" (su 42.195 km).
Deve però essere tenuta in considerazione anche l’incognita del doping, l’assunzione da parte di un atleta di sostanze proibite dai regolamenti al fine di accrescere artificialmente il rendimento in gara. Tale comportamento è contrario al principio stesso dello sport che si basa sul confronto ‘ad armi pari’ ; il doping non è solo un illecito sportivo (o meglio, un imbroglio), ma è anche una scelta pericolosa per via degli effetti collaterali nocivi, spesso irreversibili, di queste sostanze.
Dando per buoni i primati attuali, non invalidati dal doping, si può notare che l’entità dei miglioramenti, riferiti agli ultimi anni, è sempre più esigua: nei 100 m il primato di Tim Montgomery a Parigi nel 2002 di 9"78 è stato migliorato da Asafa Powell nel 2005 ad Atene di un solo decimo di secondo (9"77). Se ne può dedurre forse che ci stiamo avvicinando, almeno in alcune discipline, ai limiti delle capacità umane.
L’equitazione è l’unica disciplina sportiva senza categorie di gara distinte per uomini e donne. In tutte le altre, l’attività, agonistica e non, si sviluppa separatamente, spesso con attrezzi diversi, e fino a pochi anni fa molte specialità erano precluse alle donne.
Oggi le donne possono praticare tutti gli sport ai massimi livelli agonistici, ma questo riconoscimento è più nominale che reale e non ha cambiato, anche nei paesi occidentali, la grande disparità tra uomini e donne in materia di accesso alle discipline sportive, di opportunità economiche e sociali, di notorietà sui media e di aiuto all’attività sportiva. Nel torneo di tennis di Wimbledon del 2005 il primo premio per il singolare maschile era di 630.000 sterline, quello per il singolare femminile di 600.000, differenza che sembra attribuire un valore inferiore al torneo femminile. In Italia, il calcio è onnipresente in televisione ma si tratta sempre e soltanto del calcio maschile.
Per questo, nel 2003, è stato chiesto alla Commissione per le pari opportunità del Parlamento europeo di sostenere la promozione dello sport femminile nei programmi e nelle attività comunitarie.
Imprese sportive estreme, come quella di Angelo D’Arrigo, morto in un incidente aereo nel 2006, che ha sorvolato in deltaplano la vetta dell’Aconcagua in Argentina, sono condotte a scopo prevalentemente scientifico. In questi casi si tratta di verificare l’idoneità di materiali tecnologici nuovi e di studiare le risposte dell’organismo umano in condizioni ambientali particolari, come l’altitudine nel caso di D’Arrigo.
A partire dagli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, imprese simili hanno ispirato una nuova concezione dello sport quale mezzo per raggiungere i limiti estremi delle proprie capacità fisiche e mentali. Si sono così sviluppate negli Stati Uniti diverse attività sportive, dette adventure sports, accomunate dalla ricerca di emozioni forti, del pericolo associato a un intenso impegno fisico. Intorno al 1990 questi sport estremi si sono diffusi anche in Europa e, contemporaneamente, si è sviluppato un secondo livello di pratica, meno esasperato, accessibile ai più.
Tra gli sport estremi più conosciuti ci sono il bungee jumping, salto con un elastico ai piedi che ferma la caduta a pochi centimetri da terra o dalla superficie dell’acqua, e il base jumping, lancio con il paracadute da grattacieli, torri, ponti o strapiombi naturali. Per un brivido in più si ritarda fino all’ultimo l’apertura del paracadute.