Genere di piante appartenente alla famiglia Rosacee Rosoidee.
Diffuse nell’emisfero boreale e sui monti dei tropici, le r. mancano del tutto nell’emisfero australe. Dato il polimorfismo straordinario di alcuni tipi, il numero delle specie spontanee è incerto, da 100 a 2000 secondo i vari autori, ma si può ritenere che si aggiri oltre il migliaio. La coltivazione e l’ibridazione hanno creato migliaia di forme, coltivate per ornamento. Per l’ordinamento sistematico delle specie sono state proposte soluzioni diverse e manca per ora una sistemazione accettata universalmente. Il polimorfismo di numerosi gruppi è dovuto alla frequenza di popolazioni ibride e di stirpi apomittiche.
Il genere ha fiori disposti in racemi semplici o composti, talora raccorciati in corimbo o ridotti al fiore terminale; il ricettacolo fiorale, fatto a orciolo, porta al margine superiore 5 sepali, di cui 3 spesso pennato-partiti, 5 petali obcordati, bianchi, rosei, rossi o gialli, e numerosi stami. Nelle varietà coltivate i petali sono solitamente numerosi, e derivano dal ripetuto raddoppiamento dei 5 petali originari, con la trasformazione di parte degli stami in organi petaloidei. All’interno del ricettacolo vi sono parecchi pistilli, che si trasformano in altrettante nucule, a pericarpo legnoso, mentre il ricettacolo assume apparenza di frutto carnoso, rosso, giallo-rosso, rosso-bruno, detto cinorrodo; la parete interna del ricettacolo e la superficie degli ovari sono rivestite da numerosi peli setolosi; la disseminazione è ornitocora. Le r. sono arbusti eretti, meno spesso scandenti, muniti di aculei sugli organi caulinari e fogliari, con foglie di solito pennatocomposte, provviste di ampie stipole; le foglie di norma sono caduche.
La letteratura sul genere Rosa è vastissima. La storia della coltivazione delle r. risale alla remota antichità: circa 4500 anni fa il re Sargon di Ur e Akkad introdusse le r. in Mesopotamia attraverso i Monti Tauri. In Iran i giardini di r. sono di antichissima tradizione; gli Ebrei e gli Egiziani conobbero le r. da giardino più tardi; presso i Greci furono introdotte dall’Asia Minore, e dalla Grecia passarono in Italia. All’epoca imperiale le r. erano coltivate estesamente, anche in speciali serre durante l’inverno, perché formavano il principale ornamento dei conviti, delle feste e delle cerimonie. Nell’antichità tuttavia si trattava sempre di r. spontanee e di qualche varietà derivata direttamente da queste. La diffusione delle r. orientali si deve agli Arabi, ai Turchi e ai crociati, e più modernamente, dal 19° sec., a singoli amatori.
Sono state descritte oltre 25.000 varietà, la maggior parte delle quali ha avuto una durata effimera. In varie città (Parigi, Lione, Ginevra e Roma) si tengono concorsi annuali per la produzione della r. più bella o comunque più interessante. La produzione di nuove varietà continua attivamente in Europa e nell’America Settentrionale. Nell’evoluzione di queste varietà hanno avuto parte diversi processi: mutazioni di geni, autopoliploidia, e in primo luogo l’ibridazione fra le varie specie e fra gli ibridi, talora l’allopoliploidia; tuttavia per la produzione delle r. da giardino si sono utilizzate solo poche delle specie spontanee, circa una quindicina. Nel 18° sec. sono state ottenute le vecchie r. europee, mentre dal 19° sec. sono state utilizzate le r. a lunga fioritura dell’Estremo Oriente. Nella ricerca di nuove varietà si tengono presenti alcuni caratteri principali: il colore e la forma dei petali, la grandezza dei fiori, la fioritura breve o lunga o ripetuta nell’anno (le r. rifiorenti o rimontanti), l’aspetto generale della pianta, cioè se a cespuglio o rampicante (più esattamente, sarmentoso) ecc. Tali caratteri sono anche alla base della classificazione commerciale delle rose.
Oltre che come piante ornamentali, alcune r. (R. damascena, R. moschata) sono coltivate per ricavarne oli essenziali dai petali; i petali di R. gallica si usano come blando astringente e antisettico nella preparazione di collutori e di soluzioni per gargarismi e come antidiarroico; meno usati quelli di R. centifolia, come leggero lassativo, correttivo e aromatizzante; i frutti di alcune specie (R. rugosa, R. canina e altre) servono a preparare conserve.
Gli oli essenziali di r. sono di colore da giallo a giallo-verde, dal gradevole e fragrante odore, sono ottenuti da diverse varietà di r. (specialmente da R. damascena) o per estrazione con solventi o per distillazione con acqua o in corrente di vapore. La distillazione delle r. si pratica su larga scala specie in Bulgaria e in Francia, e in misura minore anche in altri paesi (Italia, Australia, India ecc.). Di solito la resa si aggira intorno allo 0,025-0,033%, cioè per avere 1 kg di olio occorrono circa 3000-4000 kg di r. fresche. L’estrazione si può fare con solventi volatili, coi quali si ha in genere una maggiore resa, o con sistemi di macerazione e infusione a freddo, nei quali si mettono i fiori a macerare in un olio (di vasellina, di oliva ecc.); il prodotto ottenuto può essere usato tal quale (pomata di r.) o ne può essere estratta l’essenza con alcol ecc. Il costituente principale dell’olio essenziale di r. è rappresentato dal geraniolo, che è accompagnato da citronellolo, linalolo, citrale, eugenolo, neroli, oltre che da idrocarburi paraffinici incolori e inodori (stearoptene). Numerose le sofisticazioni, che possono essere fatte mescolando alle r., per es., la palmarosa, o sostituendone l’olio con altri (di geranio, di guaiaco ecc.).
R. di Gerico Nome di origine biblica, da un passo dell’Ecclesiastico (24, 18) dove peraltro la parola indica probabilmente la r. comune, generalmente riferito ad Anastatica hierochuntica (fig.), piccola crocifera annua a rami fittissimi, relativamente grossi e tenaci, con foglie piccole e carnose, fiori bianchi riuniti in brevi spighe, e siliquette rotonde e alate. È frequente nei luoghi sabbiosi aridi dell’Asia sud-occidentale e dell’Africa nord-orientale. Nella stagione secca la pianta muore; i rami si incurvano all’indietro, formando quasi un gomitolo; bagnati, si ridistendono e la pianta sembra rivivere. I semi contenuti nelle siliquette in natura vengono dispersi dalla pioggia battente e germinano in poche ore. Secondo altri la vera r. di Gerico è Odontospermum pygmaeum, una composita dell’Asia e dell’Africa, i cui capolini morti e chiusi si aprono per l’azione dell’umidità. Con lo stesso nome comune è chiamata talvolta anche Selaginella lepidophylla, una felce originaria del Messico. R. di Natale (Helleborus niger; fig.). Pianta erbacea, perenne rizomatosa delle Ranuncolacee (➔ elleboro).
R. dei ghiacciai Aggregati di cristalli di ghiaccio, con aspetto radiale come i petali di una r., che si formano sulla superficie di un ghiacciaio in corrispondenza di pozze d’acqua.
R. di tiro (o di dispersione) L’insieme delle tracce sul piano orizzontale di tutte le traiettorie tracciate da proietti sparati dalla stessa bocca da fuoco, con gli stessi parametri (angolo di elevazione, velocità iniziale e condizioni del momento). Tali traiettorie differiscono fra loro per variazioni infinitesime e non apprezzabili dei parametri stessi. Aumentando indefinitamente il numero delle traiettorie, i punti di impatto dei proietti tendono a coprire una superficie ellittica avente l’asse maggiore parallelo alla direzione del tiro. La distribuzione dei punti all’interno dell’ellisse è di tipo gaussiano e cioè con un maggior addensamento verso il centro e una rarefazione verso la periferia.
Nella navigazione, r. della bussola, il cerchio indicatore dei rombi della bussola, collegato alla sua parte mobile (ago, giroscopio ecc.): è diviso in 360° a partire dal nord e procede nel senso delle lancette dell’orologio – cioè 0° contrassegna il nord, 90° l’est, 180° il sud, 270° l’ovest ecc. – in modo che vi si legge direttamente la direzione della prua della nave (rotta bussola). R. dei venti La disposizione figurativa, entro un cerchio, del sistema dei venti (➔ vento). R. del pilota Cerchio analogo al precedente, usato a bordo prima dell’introduzione della bussola, che veniva orientato con il levante, al sorgere del sole e, tenuto in tale posizione per tutta la giornata, serviva a dare un’idea approssimativa della rotta della nave.