Panegirista latino (n. 340 - m. dopo il 402). Figlio di Lucio Aurelio Aviano Simmaco, che ebbe importanti cariche pubbliche e grandi onori a Roma e a Costantinopoli, fu educato da retori gallici e compose in giovinezza due panegirici per Valentiniano I e uno per il figlio, il cesare Graziano; fu poi (373) proconsole d'Africa. Come senatore (383) e fiero difensore del paganesimo e della tradizione romana, fu in polemica con s. Ambrogio che si opponeva alla ricollocazione nella Curia dell'ara della dea Vittoria; fu quindi praefectus urbi (384) e console (391). Abbiamo di S. altre cinque orazioni incomplete; quarantanove relationes ufficiali (la terza, pronunciata dinanzi a Valentiniano II, che riguarda la polemica per l'ara della Vittoria, pervasa da sincera commozione, è scritta con fluida eleganza) e dieci libri di lettere, sul tipo di quelle di Plinio, ricche di informazioni su avvenimenti e personaggi dell'epoca; anche in S. il decimo libro contiene la corrispondenza con gli imperatori. S. rivolse la sua attività di studioso alla recensio del testo di Livio, autore che incarnava i suoi ideali di auctoritas e del mos maiorum. La sua opera, di grande interesse come superstite espressione di un mondo ormai superato, appare letterariamente appesantita dal retorico formalismo, tipico dell'epoca.