predazione
Uccidere per sopravvivere
Molti organismi si nutrono uccidendo altri animali, da cui ricavano proteine e grassi. La predazione è un insieme di comportamenti e di tecniche complesse per catturare le prede, le quali, a loro volta, hanno raffinato sempre più le loro strategie di difesa. Ne deriva un equilibrio ecologico tra predatori, che hanno popolazioni numericamente ridotte, e prede, con popolazioni più ricche. Il risultato è la regolazione del numero degli erbivori, in modo che questi non distruggano completamente le proprie risorse alimentari
Immaginate un mondo senza predatori, dove tutti gli animali si nutrono di piante, funghi, muschi, licheni. Le popolazioni di erbivori, in un mondo apparentemente senza paura e sofferenza, diventerebbero così numerose da rendere quasi impossibili la riproduzione e la crescita dei vegetali. I fiori non farebbero in tempo a sbocciare e i frutti a maturare, che verrebbero divorati da una schiera di animali affamati. E le foglie sarebbero piene di buchi, i tronchi scavati da larve insaziabili. Gli zoofagi, cioè gli animali che si nutrono di altri animali, hanno il ruolo ecologico di contenere il numero di individui all’interno degli ecosistemi, in particolare dei meno idonei (quelli malati o vecchi). Attraverso lo spietato ma efficiente meccanismo della predazione questa fame distruttiva degli erbivori viene tenuta sotto controllo, garantendo l’esistenza di tante specie sulla Terra, la cosiddetta biodiversità.
Quando si pensa ai predatori, la maggior parte della gente pensa al leone, al lupo, all’aquila e allo squalo bianco. Pochi si rendono conto del fatto che esiste un enorme numero di specie, anche di piccolissime dimensioni, che si nutrono di altri animali. Basta pensare al mondo complesso degli organismi unicellulari (Protozoi), in cui l’ameba ingloba nel suo corpo altri organismi ancora più piccoli, mentre il didinio, un Infusore, è capace di divorare i parameci, che sono più grossi di lui.
Esiste poi una schiera enorme di Artropodi predatori, piccoli e piccolissimi, che agiscono in tutti gli ambienti: basta pensare al formicaleone, la cui larva costruisce trappole per piccoli Insetti, o ai carabi, coleotteri che divorano lombrichi, lumache e altri Invertebrati.
Negli ambienti acquatici, molti predatori sono Pesci, ma anche Crostacei, Molluschi e Anellidi. Per esempio, esistono Molluschi capaci di perforare, grazie alla produzione di speciali enzimi, la conchiglia delle vongole e delle telline per poi divorarle (ecco spiegato il mistero dei buchi che si vedono sui gusci spiaggiati di questi Bivalvi, pronti per farne una collanina!). Negli abissi marini, invece, calamari giganti si divorano tra loro e assalgono grandi pesci con i loro tentacoli pieni di ventose, ma prima o poi finiscono sotto i denti del capodoglio, enorme Cetaceo lungo fino a 18 m.
Nell’ambiente terrestre, sui prati e fra gli arbusti, molti Rettili (lucertole, camaleonti, orbettini) e Anfibi (rospi, raganelle e salamandre) operano alternandosi di giorno e di notte alla continua ricerca di Insetti, Aracnidi e altri Invertebrati. Invece, serpenti e uccelli rapaci controllano il numero di piccoli roditori, uccelli, lucertole e rane. Tanti piccoli Uccelli (capinere, pigliamosche, pettirossi, cince, picchi) sono predatori anche loro perché consumano un’enorme quantità di Insetti e di ragni.
Gli ecologi studiano da molti anni le complesse relazioni fra predatori e prede per comprendere meglio i meccanismi dell’evoluzione biologica e il funzionamento degli ecosistemi. In genere, si dice che le popolazioni dei predatori sono molto meno numerose di quelle degli animali da essi predati. Questo è vero se consideriamo, per esempio, il numero di lupi rispetto a quello di Mammiferi erbivori, appartenenti a tutte le specie che possono essere predate da loro e che vivono nella stessa area (caprioli, cervi, mufloni e così via). Se i predatori diventano troppo numerosi, si verifica un abbassamento drastico del numero di prede; diminuendo la quantità di cibo (le prede), i predatori non riescono ad allevare tutti i loro cuccioli e diminuiscono a loro volta oppure devono spostarsi alla ricerca di nuovi territori.
Le dimensioni dei predatori rispetto a quelle delle loro prede possono essere più grandi o più piccole, a seconda delle strategie di predazione. Carnivori provvisti di armi molto efficaci (zanne o artigli) o di particolari tecniche di caccia, possono essere anche più piccoli delle loro prede. È il caso della tigre, che grazie alla potenza dei suoi muscoli, delle unghie e dei canini, riesce a uccidere animali più grandi, come i bufali. Invece, la volpe, che non ha né artigli né forza sufficiente a uccidere animali più grossi di lei, si accontenta di topi, conigli e Uccelli. In altri casi, i predatori possono uccidere prede molto più grandi di loro grazie alla propria organizzazione sociale: così, per esempio, i lupi riescono a uccidere l’alce, i licaoni possono sopraffare una zebra o uno gnu.
Per più di 500.000 anni anche l’uomo è stato un cacciatore sociale molto eclettico, cioè capace di inventare strategie diverse per ottenere la carne. Bande di uomini spingevano i mammuth con il fuoco verso i burroni in modo da far precipitare questi enormi animali, ma in tempi di ristrettezze ecologiche si accontentavano di spiedini di cavallette o di bruchi.
Sia gli adattamenti nella forma del corpo, in particolare gli strumenti per cacciare, sia il comportamento e le strategie per catturare la preda sono il risultato di un lungo processo evolutivo basato sulle interazioni fra predatori e prede. Infatti, le prede evolvono capacità sempre maggiori per evitare gli assalti, attraverso la fuga, la difesa attiva oppure nascondendosi. Da parte loro, i predatori diventano sempre più abili nella cattura e nell’uccisione delle prede stesse. Si tratta di una gara per la sopravvivenza, in cui i due giocatori mettono in palio la loro esistenza: chi perde (non nel senso di individuo, ma di specie) si estingue. Molte persone, quando vedono un documentario in cui una leonessa cerca di catturare un’antilope, pensano alla sofferenza dell’animale che sta per essere ucciso e vorrebbero che si salvasse. Non pensano però che i leoncini, nascosti nell’erba, rischiano di morire di fame se la madre non ha successo nella caccia.
Molti predatori ricorrono alla tecnica dell’agguato, rimanendo fermi in attesa di una preda, come nel caso delle vipere che aspettano il passaggio dei topi. Altri invece, come i lupi, percorrono molti chilometri al giorno alla ricerca di cibo. Quando la preda è più veloce del predatore, come nel caso della gazzella rispetto al leopardo, quest’ultimo ricorre alla tecnica dell’agguato, avvicinandosi lentamente, nascosto tra l’erba e controvento. In caso contrario, il predatore si lancia all’inseguimento allo scoperto, come fa il ghepardo.
Nel corso dell’Era Mesozoica, tra 200 e 60 milioni di anni fa, enormi predatori si aggiravano sulla superficie degli antichi continenti. Purtroppo possiamo solamente immaginare le loro tecniche di caccia, ricostruendole in base alle analogie che possono presentare con il comportamento delle specie attualmente viventi. Ma i dubbi non mancano.
I Velociraptor, Dinosauri di piccole dimensioni, erano sicuramente predatori assai attivi e capaci di catturare animali di varia taglia. Meno sicuro è il ruolo ecologico di Tyrannosaurus rex, che in genere viene considerato come uno dei più grandi predatori mai esistiti sulla Terra; in verità, secondo alcuni paleontologi, questo gigante avrebbe potuto predare solo specie molto lente ed essere soprattutto un divoratore di Dinosauri già morti o morenti. Tale idea nasce dal fatto che il tirannosauro era troppo pesante per inseguire le prede e troppo grande per tendere agguati; inoltre, aveva zampe anteriori piccole e incapaci di afferrare la preda, e un collo troppo corto per consentire alla bocca di azzannare rapidamente. La grande mole di questo animale potrebbe essere stata un mezzo per allontanare gli altri tirannosauri dal proprio territorio e mangiare le carogne in pace.