leoni e tigri
Predatori su misura
Dai piccoli gatti selvatici alle grandi fiere come la tigre e il leone, la famiglia dei Felidi ha prodotto una serie di predatori di taglia diversa, adattati a uccidere animali di tutte le dimensioni. Oggi sono distribuiti in tutti i continenti, eccetto che nel continente australiano, e frequentano quasi tutti gli ambienti, dalle foreste tropicali ai deserti. La persecuzione operata dall’uomo con trappole, veleni e fucili ha condotto alla rarefazione di molte specie e alla loro scomparsa da vaste regioni
Le unghie retrattili e la forma del cranio più o meno arrotondata sono le caratteristiche principali dei Felidi, famiglia di Mammiferi appartenenti all’ordine dei Carnivori. Infatti, le unghie di questi animali vengono normalmente tenute all’interno di tasche cutanee del piede ed estratte, grazie ad appositi muscoli, soltanto al momento dell’uso. In questo modo esse evitano il logorio contro il terreno, mantenendosi sempre affilate ed efficienti. Il costo da pagare per questo adattamento è che il piede è privo di quegli elementi di sostegno esterno che sono appunto le unghie e che garantiscono la resistenza durante la corsa. Per questo motivo, i Felidi possono compiere corse rapide ma brevi durante l’assalto alla preda; non sono programmati per lunghi ;inseguimenti né per fughe prolungate. I grandi Felidi, come il leone e la tigre, possono sviluppare una velocità notevole (fino a 80 km/h) ma solo per pochi istanti. Di fronte a un pericolo, la maggior parte dei Felidi tende a rifugiarsi sugli alberi. La pianta del piede presenta quattro cuscinetti digitali elastici che lasciano sul terreno una classica impronta senza unghie e che consentono a questi animali di saltare agevolmente. Per esempio, il puma è capace di compiere salti fino a 3 m di altezza, un vero record tra i Mammiferi. La grande quantità di energia che questi animali consumano nei pochi secondi che corrispondono a ogni attacco li costringe a lunghe ore di riposo.
La testa arrotondata corrisponde alla riduzione dell’olfatto e del numero dei denti. La dentatura si distingue per il grande sviluppo dei canini, destinati a uccidere la preda, e dei cosiddetti ferini (ultimo premolare superiore e primo molare inferiore) adatti a frantumare le ossa. La preda viene localizzata principalmente con l’udito, molto sviluppato, e con la vista, adatta soprattutto a seguire un corpo in movimento; l’olfatto ha una funzione secondaria rispetto agli altri Carnivori.
Molte specie di Felidi, in particolare il leopardo, la tigre, l’ocelot e la lince, sono sempre state perseguitate per la loro pelliccia: presso i popoli indigeni, questa ha spesso avuto valore simbolico e cerimoniale, come espressione del potere tradizionale di guerrieri o stregoni; nei paesi industrializzati segue i capricci della moda per indumenti di lusso, per ostentare il potere economico con sfarzose pellicce. Diverse specie di Felidi sono diventate assai rare a causa di questo mercato e dell’alterazione del loro habitat. I grandi Felidi, soprattutto, sono stati danneggiati dalla scomparsa degli erbivori selvatici che erano le loro prede abituali e hanno dovuto rivolgersi con maggiore accanimento verso gli erbivori domestici, provocando un sempre crescente odio da parte dei proprietari di questi animali.
Leoni, tigri, pantere e linci si sono del tutto estinti in ampie regioni del loro areale originario in Europa e in Asia. Bisogna considerare anche che questi animali, soprattutto le specie di grande taglia, necessitano di territori individuali assai vasti e sono molto aggressivi verso i membri della propria specie; regolano in tal modo la densità delle loro popolazioni. Pertanto, non possono mai essere troppo numerosi, nemmeno quando le loro prede sono abbondanti. Inoltre lasciano tracce e segni evidenti della loro presenza e cadono facilmente nelle trappole tese dai bracconieri.
Il mercato cinese degli alimenti e dei farmaci offre cifre assai alte per ogni parte del loro corpo e rappresenta una forte minaccia a livello internazionale per i membri di questa famiglia. Con la diffusione delle armi da fuoco e la globalizzazione del mercato, il loro destino sembra essere ormai segnato.
I Felidi vengono comunemente chiamati felini, ma la famiglia si divide in tre sottofamiglie ben differenziate: Pantherinae, Felinae e Acinonychinae. La prima comprende il leone, la tigre, il giaguaro e le pantere. La seconda comprende una trentina di specie, tra cui tutti i gatti selvatici, il puma e le linci. La terza comprende una sola specie assai particolare, il ghepardo.
La grande maggioranza dei Felidi è costituita da specie di piccola e media taglia che vivono nelle foreste e nei deserti delle regioni tropicali. Sono i gatti selvatici, le cui dimensioni variano da 55 cm, nel gatto dai piedi neri (Felis nigripes), a 140 cm nel gattopardo americano o ocelot (Leopardus pardalis). Dal gatto selvatico europeo (Felis silvestris) derivano le razze del gatto domestico. Sono animali difficili da osservare, spesso notturni, non molto ben conosciuti dal punto di vista ecologico e comportamentale. A seconda delle loro dimensioni e della loro agilità, si nutrono prevalentemente di uccelli, roditori, rettili e anfibi.
Alcune specie, come il gatto pescatore, sono assai abili a catturare pesci e si tuffano volentieri nei corsi d’acqua. Invece, il margay (Leopardus wiedii), diffuso nell’Amazzonia, insegue anche le scimmie sui rami degli alberi. Fra le specie di maggiore taglia, oltre al già citato gattopardo americano, ricordiamo il gattopardo africano o serval (Leptailurus serval), e il caracal (Caracal caracal), provvisto di ciuffi di peli sulle orecchie come le linci. La sistematica dei gatti selvatici è controversa: alcuni zoologi li riuniscono tutti nel genere Felis, ma altri stanno tentando di definire più gruppi naturali, formati cioè da specie imparentate che vengono suddivise in generi diversi.
Il puma (Puma concolor), o coguaro, è un grande gatto selvatico, diffuso negli ambienti rocciosi del Nuovo Mondo, dalle Montagne Rocciose alle Ande. Agile nel salto e nell’arrampicata, si nutre soprattutto di uccelli, roditori e lepri, ma spesso uccide anche giovani cervi e pecore selvatiche. La rarefazione della selvaggina lo spinge spesso ad attaccare erbivori domestici, scatenando la reazione degli allevatori.
Per questo, si è estinto in diverse aree dell’America Settentrionale ed è diventato assai raro in Florida. Il mantello dell’adulto è marrone chiaro uniforme per meglio mimetizzarsi nel paesaggio roccioso, ma il cucciolo presenta la pelliccia maculata per confondersi tra la vegetazione in cui spesso viene lasciato incustodito.
Caratteristiche della lince sono la riduzione della coda, il forte sviluppo degli arti (soprattutto quelli posteriori) e la presenza di ciuffi di setole sulla punta delle orecchie. Questi ultimi consentono alle linci di individuare con grande precisione la direzione di provenienza dei suoni. Il rivestimento peloso che spesso riveste i plantari è un adattamento a camminare sulla neve: infatti, questi predatori vivono nell’emisfero boreale, dalle foreste dell’America Settentrionale a quelle della Siberia.
Attualmente, la lince eurasiatica è il più grosso Felide presente in Europa, ma oggi è divenuta rara e localizzata a causa della persecuzione da parte dell’uomo. È lei la «lonza» incontrata da Dante nell’Inferno, simbolo di stemmi araldici di nobili famiglie nel Medioevo. Nell’immaginario medievale la lince era rinomata per la vista acuta e Dante l’avrebbe usata per significare l’invidia che porta a indagare sugli altri per metterne in evidenza i difetti. Le linci attaccano prevalentemente lepri, conigli, piccoli ruminanti e roditori, che raggiungono con poderosi salti.
Pantera e leopardo sono sinonimi e si riferiscono alla stessa specie, Panthera pardus, largamente diffusa in Africa e nell’Asia meridionale. In tempi storici, era presente anche nelle foreste del Medio Oriente, e ancora oggi sopravvive con popolazioni rarefatte in zone montane della Turchia, dell’Iran e del Caucaso.
Il mantello è giallo-fulvo con numerose macchie nere che si riuniscono formando piccoli gruppi ad anello, detti rosette. Le cosiddette pantere nere non sono altro che gli individui melanici, ovvero quelli nei quali il pigmento nero prevale sul giallo. Tali individui sono particolarmente frequenti nel Sud-Est asiatico dove esistono perfino popolazioni in cui tutti gli individui sono melanici. A essi si è ispirato Rudyard Kipling nel suo bellissimo romanzo Il libro della giungla per creare il personaggio di Bagheera, la fedele e sensuale pantera nera protettrice di Mogli, il «cucciolo d’uomo». Fin dai tempi di Aristotele, la pantera è stata il simbolo della seduzione e dell’astuzia: gli antichi pensavano che attirasse le sue prede grazie al profumo del proprio alito.
Il leopardo è ancora oggi il più comune di tutti i grandi Felidi: adattabile, notturno e scaltro, riesce a vivere perfino alla periferia delle grandi città africane e asiatiche. Solitario e territoriale, uccide la preda con l’agguato e poi la porta sugli alberi, al riparo da possibili competitori (lupi, iene, tigri, leoni). Sulle montagne del Tibet e dell’Asia centrale, vive il bellissimo leopardo delle nevi (Uncia uncia) dalla folta pelliccia, mentre nelle foreste umide del Sud-Est asiatico, dall’Indocina all’Indonesia, fino a Sumatra e al Borneo, si trovano la pantera nebulosa (Neofelis nebulosa) e il gatto marmorato (Pardofelis marmorata), entrambi arboricoli. Il gatto marmorato viene chiamato così perché, pur essendo imparentato con le pantere, ha le dimensioni di un grosso gatto, e sembra la miniatura della pantera nebulosa per il disegno del mantello. Le prede del gatto marmorato sono soprattutto uccelli di piccola taglia, scoiattoli e rettili, mentre la pantera nebulosa riesce a catturare anche le scimmie.
Il giaguaro (Panthera onca) vive prevalentemente nelle foreste dell’America Meridionale ma si spinge a nord fino all’Arizona. Rispetto alle pantere del Vecchio Mondo ha un corpo robusto e massiccio e un caratteristico disegno del mantello formato da rosette assai grandi, con macchie al loro interno. Sono frequenti gli individui completamente neri, analoghi alle pantere del Vecchio Mondo. Raramente si arrampica sugli alberi, per via del suo corpo pesante, ma ama nuotare nelle acque dei fiumi. Le sue prede abituali sono i tapiri, i pecari, i cervi e talvolta anche i grossi serpenti come i boa e l’anaconda. Nell’America Meridionale viene chiamato «El Tigre».
La tigre (Panthera tigris) è il più grande Felide asiatico. Un tempo diffusa dalla Turchia fino all’isola di Bali, oggi è scomparsa in vaste aree in seguito alle uccisioni da parte dell’uomo. I Cinesi in particolare, dopo aver distrutto le popolazioni presenti sul proprio territorio, importano carne e organi di questo animale dall’Asia meridionale e dalla Siberia. Le popolazioni più consistenti oggi si trovano in India e in Indocina; tuttavia, si calcola che complessivamente esistano non più di 7.000 esemplari (all’inizio del Novecento erano circa 100.000!). La pelliccia a strisce verticali è un esempio di mimetismo criptico: l’animale si nasconde tra la vegetazione grazie al suo disegno per potersi avvicinare alle prede senza essere visto. Nella sua dieta rientrano soprattutto cinghiali, cervi, antilopi, bufali e altri bovini sia selvatici che domestici. Come la maggior parte dei Felidi, durante l’attacco serra il collo della preda tra le mascelle mentre con gli artigli ne dilania il corpo.
Diversamente dagli altri Felidi, il leone (Panthera leo) non è un animale solitario ma vive in una struttura sociale fondata sulla vita di gruppo. La società leonina ha una struttura dispotica e maschilista. Un maschio adulto si installa presso un branco di femmine (al massimo una decina) e impedisce agli altri maschi di av;vicinarsi a queste, soprattutto quando sono in calore. Le femmine, essendo più agili, si dedicano alla caccia mentre il maschio partecipa alle azioni di gruppo spingendo la selvaggina verso di loro. Più comunemente rimane inattivo e aspetta che le sue ‘consorti’ uccidano la preda per poi reclamare il diritto del primo pasto. I piccoli sono sempre gli ultimi a mangiare e spesso vengono uccisi se il maschio dominante cambia: il nuovo arrivato, dopo aver sconfitto il rivale, per prima cosa uccide i suoi figli. I maschi adulti possono superare i 3 m di lunghezza e i 250 kg di peso. Il grande sviluppo della criniera, tipico di questa specie, ha la funzione di aumentare la mole apparente del maschio, in modo da far paura ai rivali, senza appesantire troppo il corpo.
Nei giacimenti fossili di Olduvai, nell’Africa orientale, sono stati trovati i resti di Panthera gombaszoegensis, forma intermedia tra leone e tigre, datata un milione e mezzo di anni fa, l’antenato più antico in comune tra le due specie. Fino a 10.000 anni fa, nell’America Settentrionale esisteva una sottospecie (Panthera leo atrox) derivata da leoni asiatici che avevano colonizzato questo continente, passando attraverso lo Stretto di Bering.
Il più eccentrico di tutti Felidi è il ghepardo (Acinonyx jubatus) che non a caso rappresenta una sottofamiglia a sé stante. È l’unica specie in cui le unghie non sono retrattili o quasi, e ciò rende le sue lunghe zampe simili a quelle di un levriero. Queste caratteristiche, insieme alla conformazione leggera e snella del corpo, rappresentano adattamenti alla corsa di cui il ghepardo è un vero campione. Anche se soltanto per brevi tratti, questo predatore diurno riesce a superare i 100 km/h ed è quindi il più veloce di tutti i Mammiferi. In questo modo riesce a raggiungere anche le gazzelle più veloci, che non superano gli 80 km/h, e costituiscono la sua preda abituale. Ovviamente, la sopravvivenza di questo animale richiede grandi spazi aperti abitati da mandrie di gazzelle, ambienti indisturbati dalla presenza umana anche nelle ore del giorno e un ridotto numero di predoni come le iene e i leoni. Infatti, questi ultimi spesso derubano il ghepardo delle sue prede, obbligandolo a cacciare di continuo, e uccidono anche i suoi piccoli. Inoltre, fin da tempi antichi, l’uomo ha catturato ghepardi in tutta l’Africa settentrionale e nel Medio Oriente per usarli come ausiliari nella caccia alle gazzelle.
Oggi la specie è presente soprattutto nei grandi parchi dell’Africa orientale e meridionale. Anche qui, comunque, la sua sopravvivenza è in pericolo a causa di diversi fattori: uno di questi è la presenza giornaliera di troppi turisti che, circolando con le automobili, disturbano la caccia. Inoltre, nei parchi africani, nonostante la quantità elevata di selvaggina, il numero di leoni e iene è spesso eccessivo a svantaggio di quello dei ghepardi. Un altro fattore di rischio è la diffusione di malattie trasmesse da gatti domestici, introdotti dall’Europa e qui inselvatichiti.
La figura del leone come simbolo di forza e potere ricorre in tutte le mitologie e le letterature del Vecchio Mondo, oltre che nelle arti figurative antiche e moderne. Dall’immagine della sfinge nell’antico Egitto alle icone del Medioevo e del Rinascimento, il leone è sempre presente nella cultura occidentale, come protagonista di pitture, bassorilievi, favole e leggende, oltre che nel nome di papi e re.
Gli scritti di Aristotele menzionano il leone in Grecia, dove sicuramente questo animale visse fino a circa 2.000 anni fa, terrorizzando i pastori. Nel 19° secolo il leone si estinse in Turchia e nella prima metà del 20° secolo in Iran e Iraq: si trattava del leone asiatico (Panthera leo persica), un tempo diffuso dall’Europa a tutta l’Asia occidentale; oggi sopravvive in India con circa 200 esemplari, in una riserva forestale assediata da popolazioni umane povere e affamate alla ricerca di pascoli per il loro bestiame.