Kipling, Rudyard
L’arte di narrare l’India
Cresciuto in India e vissuto in Inghilterra e negli Stati Uniti tra Ottocento e Novecento, lo scrittore britannico Rudyard Kipling è autore di poesie, romanzi e soprattutto racconti – molti dei quali di ambientazione indiana – in cui ha profuso forza inventiva, talento narrativo e impegno politico-sociale. Identificato come il cantore dell’imperialismo britannico, Kipling in realtà non si è limitato a esaltarne gli ideali, ma li ha articolati in un ricchissimo immaginario, senza mai perdere di vista i lati più aspri del dominio coloniale
Nato a Bombay nel 1865 da una famiglia inglese, fin da bambino Kipling assorbe tradizioni, linguaggi e atmosfere del paese adottivo, accumulando suggestioni che elaborerà nella sua produzione letteraria. Alle soglie dell’adolescenza, viene mandato in Inghilterra per compiere gli studi e a diciotto anni torna in India, a Lahore, dove inizia a lavorare come giornalista. Entra così nel vivo della realtà locale e non tarda ad appassionarsi agli ideali dell’Impero britannico: luogo dell’evasione avventurosa e fantastica, l’India è anche il territorio su cui si esercita un dominio sempre in pericolo di dissolvimento, che richiede ai Britannici – garanti di equilibrio sociale e ordine razionale – ferrea dedizione.
In seguito Kipling vive tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti, conseguendo un’immensa celebrità; nel 1907 gli viene assegnato il premio Nobel per la Letteratura. «Ero cantore del mio clan» dirà di sé stesso, «nella turbata e rossa aurora dell’Uomo. Cantavo tutti i nostri combattimenti e i nostri timori e tutto quel che sentivamo». Muore a Londra nel 1936.
Dotato di una straordinaria ;inventiva, Kipling ha elaborato le sue memorie dell’India e la sua appassionata riflessione su temi sociali in una serie di romanzi, racconti e poesie che hanno come protagonisti funzionari angloindiani, soldati, ragazzi, oppure animali. La sua enorme popolarità è rimasta legata a due opere, considerate capolavori della letteratura per ragazzi: il primo e il secondo Libro della giungla (1894 e 1895) e Kim (1901).
Le poesie raccolte in Ballate delle baracche e altri versi, del 1892, hanno le sonorità cadenzate di inni, ma anche di filastrocche, canzoni di cabaret; con tono crudo evocano le fatiche della vita militare, calandosi nel punto di vista dei soldati semplici riprodotto mediante l’adozione di uno stile colloquiale che ha poco a che fare con le raffinatezze di molta lirica contemporanea. Queste ballate si presentano sia come depositarie di un codice morale, fornendo un’identità comune a chi si incarica di sostenere l’impero e i suoi apparati, sia come fonte di conoscenza e svago per i sudditi britannici che sono ignari del lavoro e dei sacrifici sui quali si fonda il loro benessere.
Una delle poesie più note e significative è Il fardello dell’uomo bianco, che definisce le dure regole del potere coloniale, che va accettato ed esercitato obbedendo ciecamente agli ordini superiori. In quanto detentore della tecnologia e della razionalità, suggerisce Kipling, l’uomo bianco è il solo in grado di contrastare il caos che cova in seno alla natura, del quale le popolazioni dei paesi colonizzati sono preda e strumenti. La piena accettazione del «fardello dell’uomo bianco» da parte dei soldati che costituiscono gli ingranaggi dell’impero è dunque un atto di consapevole eroismo; un eroismo disincantato e muto, che non ha bisogno di grandi individualità, ma solo dell’adesione incondizionata a un insieme di regole.
L’idea della legge è centrale anche nei Libri della giungla, una serie di racconti per ragazzi per lo più incentrati sulla figura di Mowgli. Allevato dai lupi ed educato dalla pantera Bagheera e dall’orso Baloo, il cucciolo d’uomo apprende la legge della giungla e impara l’arte della sopravvivenza, scaltrendosi al punto da sconfiggere la feroce Sherekhan, una tigre che da anni lo minaccia e che si aggira nella giungla seminando terrore.
Nei Libri della giungla la legge consiste nell’insieme di convenzioni sociali che tengono unito il mondo animale. «Questa è la legge della giungla, antica e vera come il cielo: e il lupo che l’osserva prospera, mentre il lupo che l’infrange deve morire. Come la liana che avvolge il tronco dell’albero, la legge tutti ci cinge. Poiché la forza del branco è il lupo, e la forza del lupo è il branco». Così recita una delle tante ballate che introducono i racconti. Mowgli scopre a sue spese che trasgredire la legge significa rischiare la vita. Ma scopre anche che nel mondo degli animali è l’unico a poterla padroneggiare interamente perché possiede un’intelligenza superiore.
I Libri della giungla sono volumi pedagogici; non diversamente dal Fardello dell’uomo bianco, invitano i giovani lettori ad accettare gli obblighi imposti dalla società e i lati più spiacevoli dell’esistenza. Sono, però, costruiti come una favola e trasportano in un mondo fantastico, abitato da animali che conoscono tutto della vita, anche se privi d’intelletto. Un mondo sul quale Mowgli non vorrà esercitare il suo diritto al dominio, perché si è innamorato e vuole tornare tra gli uomini; ma anche perché sente ancora il canto di Kaba Nag, il vecchio elefante: «Voglio ricordare quello che fui; sono stanco di pastoie e catene... Voglio ricordare la mia forza antica e la mia vita nella foresta... Voglio ritrovare i miei perduti amori, e i miei compagni senza padroni!».
«Egli sedeva, a dispetto degli ordini municipali, a cavalcioni del cannone Zam-Zammah, situato sulla sua piattaforma di mattoni, di fronte al vecchio Ajaib-Gher, la Casa delle Meraviglie, come gli indigeni chiamano il museo di Lahore». Così inizia Kim, il romanzo in cui il credo imperialista di Kipling, la sua maestria di narratore e la sua capacità di catturare in vivaci affreschi i colori dell’India si combinano con esiti straordinari. Anche in questo caso il protagonista è un bambino, del quale seguiamo la maturazione e l’ingresso nella vita adulta.
Orfano di un soldato irlandese, il piccolo Kim vive di espedienti nelle strade di Lahore e negli spazi sconfinati dell’India, mirabilmente descritti nella loro varietà di dialetti, usanze e paesaggi. Come compagno di strada e maestro di vita Kim non ha un branco di lupi, ma un santone che è sceso dalle montagne del Tibet alla ricerca di un mitico fiume purificatore. Il giorno in cui s’imbatte nel reggimento inglese al quale apparteneva suo padre, però, il piccolo indostano Kim diventa Kimball O’Hara ed è costretto a rinunciare alla propria libertà. «Un prete mi ha dato dei vestiti e un nome nuovo. Un altro prete però era un pazzo. I vestiti sono molto pesanti, ma io sono un sahib e anche il mio cuore è pesante. Essi mi mandano a scuola e mi battono. Non mi piace qui né l’aria né l’acqua. Vieni e aiutami, o Mahbub Alì», scrive disperato al suo amico nero, un commerciante di cavalli.
Poi Kim si adatta alla sua nuova condizione e in lui le due identità, quella inglese e quella indiana si riconciliano. Data la sua conoscenza dell’India e la sua abilità nel travestimento, le autorità a cui deve ubbidienza gli hanno concesso un ruolo speciale: diventa agente segreto. Kim torna dunque a vagabondare, a travestirsi, a sgattaiolare in zone proibite, a mescolarsi a contadini, viandanti e soldati, ma ciò avviene in funzione delle necessità politiche britanniche, che giustificano ogni sconfinamento, sfida e atto di simulazione.
Il piccolo agente acquista la consapevolezza del proprio ruolo nel «grande gioco» della politica imperiale senza che questo distrugga la sua anima indiana. Lui non potrà mai essere come quello straniero, che vedendo il santone dispiegare una carta misteriosa esclama con rabbia: «Perché la vista di lui ci fa sentire che siamo un popolo così giovane? Noi non abbiamo lasciato in nessun luogo la nostra orma. In nessun luogo! Questo è quello che mi tormenta. Capisci?». Kim appartiene col cuore a quel mondo antico, anche se con la ragione è già un bravo suddito britannico. Quando durante una missione incontra il suo primo maestro, il vecchio santone che ha trovato il suo fiume ed è sulla via del ritorno, Kim dimentica di essere un sahib e diventa il suo chela, un servitore fedele che lo scorterà fino agli amati monti.