Dispositivo atto alla misurazione, diretta o indiretta, di elevate temperature. Per misurazioni grossolane si usano semplici indicatori di temperatura (detti anche piriscopi), fra i quali il p. ad argilla o p. di Wedgwood, usato in passato, e basato sull’osservazione della contrazione di volume subita da un blocchetto di argilla che si disidrata al crescere della temperatura. Per misurazioni più precise si può ricorrere a termometri o a dispositivi termometrici come, per es., i p. elettrici e, più in particolare, i p. termoelettrici con coppie termoelettriche costituite da metalli ad alto punto di fusione (iridio-renio fino a 2000 °C, tungsteno-renio fino a 2800 °C), e i p. a resistenza, in cui si ha una resistenza variabile in modo noto con la temperatura; nei p. calorimetrici un blocchetto di materiale di capacità termica nota (in particolare, un blocchetto di platino) viene posto prima nell’ambiente a temperatura incognita e poi in acqua, dopo di che si misura l’aumento di temperatura di quest’ultima. I p. più usati in campo industriale e scientifico sono comunque i p. a radiazione (v. fig.), basati sul fatto che tutti i corpi emettono radiazioni elettromagnetiche per il solo fatto di trovarsi a temperature maggiori dello zero termodinamico. Le leggi che regolano le radiazioni sono la legge di Stefan-Boltzmann e le leggi di Planck e di Wien (➔ corpo); in base alla legge di Stefan-Boltzmann la potenza emessa per unità di superficie e di angolo solido da un corpo che emette come un corpo nero (condizione verificata, per es., per le aperture praticate nei forni) è proporzionale alla quarta potenza della temperatura termodinamica; in base alle leggi di Planck e di Wien la potenza spettrale ha un massimo per un valore della lunghezza d’onda che diminuisce all’aumentare della temperatura; alla temperatura di un migliaio di gradi centigradi diventa apprezzabile la potenza emessa nel campo del visibile.