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Niccolò da Cusa

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Teologo, filosofo e scienziato (Cues, Treviri, 1400 o 1401 - Todi 1464). N. è la più compiuta personalità filosofica del sec. 15º. Egli aveva assimilato tutto il sapere del suo tempo e nel corso della sua formazione si era rese familiari tutte le correnti della filosofia e della teologia del Medioevo, tanto la tradizione mistica quanto la nominalistica, la neoplatonica come l'averroistica; senza impegnarsi con nessuna scuola, trasse elementi da tutte (soprattutto ha subito l'influenza di Agostino, Proclo, Teodorico di Chartres, R. Lullo) e li unì in un'ultima grande sintesi della sapienza medievale, che nello stesso tempo costituisce - mercé l'impiego dinamico del concetto d'infinito e la sua dottrina della libera personalità umana - l'inizio del patrimonio ideale dell'età moderna. Naturalmente, la sua influenza sull'età successiva è stata straordinariamente forte; nella storia delle scienze si ravvisano tracce della sua opera nella geografia, matematica, fisica, cosmologia (Kepler). Al suo incitamento si deve l'emigrazione dei primi stampatori in Italia. Grande e molteplice è l'efficacia della sua filosofia, che pone in luogo d'un tranquillo e sicuro possesso della verità, un'incessante ricerca verso una meta infinita e insegna a considerare la logica aristotelica come un inadeguato strumento; in Germania dall'umanesimo fino alla monadologia di Leibniz; in Francia su Lefèvre d'Étaples, Bovillus, la cerchia di Margherita di Navarra; in Italia, alla quale era legato attraverso numerosi amici (Toscanelli) e discepoli (Giovanni Andrea de Bussi), su Leonardo e Campanella e soprattutto su Giordano Bruno.

Vita

Fu educato a Deventer, alla scuola dei Fratelli della vita comune. Nel 1416 entrò all'università di Heidelberg, nel 1417 passò a Padova ottenendovi, nel 1423, il titolo di doctor decretorum. Dopo una breve visita a Roma, dove udì predicare s. Bernardino da Siena, si recò nel 1425 a Colonia per intraprendere, in quella università, lo studio della filosofia e della teologia. Divenne nel 1426 segretario del cardinale Giordano Orsini e, dotto umanista, si interessò dei codici dei classici antichi; scoprì tra l'altro (nel 1425 a Colonia) un codice di Plauto contenente quattro delle otto commedie note nel Medioevo e altre dodici nuove. Ordinato sacerdote, partecipò nel 1432 al Concilio di Basilea, durante il quale finì per schierarsi per la tesi della supremazia papale. Nel 1437 fu inviato dal papa a Costantinopoli, donde l'anno seguente riuscì a condurre al Concilio di Ferrara l'imperatore Giovanni VIII Paleologo. Con la sua attività instancabile seppe guadagnare alla causa di Eugenio IV i principi tedeschi, avviando così a conclusione lo scisma. Creato cardinale (1448) e vescovo di Bressanone (1450), promosse la riforma disciplinare e la cultura religiosa nel clero, in Germania e nella sua diocesi, entrando in urto con Sigismondo duca del Tirolo. Chiamato a Roma da Pio II come suo vicario generale (1459), partecipò all'elaborazione di riforme amministrative oltre che ecclesiali. Escluso ancora dalla sua diocesi, che perciò fu colpita d'interdetto, dedicò gli ultimi anni di vita a raccogliere le sue numerosissime opere di politica civile ed ecclesiastica, filosofia, teologia.

Opere e pensiero

La produzione letteraria di N. è straordinariamente ricca. Tra gli scritti di politica civile ed ecclesiastica: il De concordantia catholica presentato al Concilio di Basilea (1433), programma di una radicale riforma della società cristiana regolata dalla Chiesa e dall'Impero; il De pace fidei (1453), per richiamare la cristianità a una fede unitaria, superando le diversità dei culti. La medesima fiducia nella possibilità d'un'intesa religiosa riempie la Cribratio Alchorani, in cui egli cerca di convincere il sultano, attraverso l'analisi del Corano, della superiorità del cristianesimo. Verso la fine della sua vita egli abbozza nella Reformatio generalis il piano d'una profonda riforma della curia romana. Tra le opere di filosofia e teologia: De docta ignorantia (1440), l'opera più famosa di N.: i tre libri di questo scritto, dedicato al cardinale Giuliano Cesarini, trattano di Dio, dell'universo e di Cristo, termine di congiunzione tra l'universo e Dio; De coniecturis (1440), vasta sistemazione delle forme di sapere concesse all'uomo; Idiota (1450); De beryllo (1458); De possest (1460); De non aliud (1462); De ludo globi.  Nella sua opera, che è l'ultima grande sintesi della sapienza medievale e, insieme, una introduzione alla filosofia dell'età moderna, sono avvertibili gli influssi del platonismo, del misticismo della devotio moderna e del naturalismo dell'ambiente padovano. Ma suoi e nuovi sono il tema della libera personalità umana e l'impiego dinamico del concetto di infinito. Suo il concetto che il mondo non ha un centro né una circonferenza, con il quale egli supera la cosmologia medievale. E se nella teologia negativa di N. confluiscono le due ultime espressioni della filosofia medievale, l'occamismo e il misticismo, originale ne è poi la trattazione dei temi. La possibilità della conoscenza sta nella «proporzione» tra l'ignoto e il noto; ma tra l'infinito (Dio) e il finito non c'è proporzione; Dio sfugge pertanto alla conoscenza dell'uomo, cui non resta che riconoscere la propria ignoranza. Questo riconoscimento, che N. ricollega alla sapienza di Socrate, è la «dotta ignoranza». N. usa, infatti, il termine «congettura» (di origine platonica) per indicare la natura della conoscenza umana che partecipa della verità solo per alterità, rinviando cioè a essa come a ciò che è altro da sé. Non per questo rinunciamo ad avere un'idea di Dio; ché anzi, per il riconoscimento dei limiti che troviamo in noi e nella natura, perveniamo a un'idea sia pure approssimativa di lui. Così, se nello spirito umano i contraddittori (bene e male, vero e falso, ecc.) e nella natura i contrari (luce e tenebre, caldo e freddo, ecc.) si escludono a vicenda, in Dio tutte le opposizioni coincidono (coincidentia oppositorum); e nella sua indifferenziata unità egli contiene in sé la molteplice varietà delle cose, a cui come forma eterna dà l'essere pur rimanendone nettamente separato come creatore dalle sue creature. Per quanto riguarda la sua opera scientifica, è da notare che la correzione del calendario da lui proposta (1436) ebbe influenza sulla riforma gregoriana; il suo metodo sperimentale (De staticis experimentis) diede spunti duraturi ai fisici delle generazioni successive; i suoi studi sul problema della quadratura del cerchio lo portarono a usare un metodo che coincide in sostanza col metodo degli isoperimetri. A N. si deve anche la prima carta geografica dell'Europa media e orientale.

Vedi anche
scolastica Complesso dei metodi e dei contenuti dell’insegnamento nelle scuole medievali, dalla fine del mondo antico al 14° secolo. Caratteri generali Il termine, derivato dal latino medievale scholasticus (colui che, come maestro o discepolo, opera nella schola, oppure, come termine ufficiale, colui che ha la ... contrattualismo Concezione filosofico-politica secondo la quale lo Stato nasce da un contratto tra i singoli individui. Il c. moderno si afferma nel 17° e 18° sec. per opera della scuola del diritto naturale. Attraverso il contratto gli individui convengono di uscire dallo stato di natura - dove sono eguali e liberi, ... platonismo Dottrina di Platone e della scuola da lui fondata (Accademia); più in generale, ogni orientamento filosofico influenzato dalla filosofia platonica e che ne assume in partic. la distinzione tra un mondo sensibile e un mondo intelligibile. Il primo è il mondo del divenire e del mutamento, da cui deriva ... Giordano Bruno Filosofo (Nola 1548 - Roma 1600). Filippo della famiglia dei Bruni, assunse il nome di Giordano entrando a 17 anni nel convento di S. Domenico a Napoli. Sospettato di eresia, riparò a Roma (1576), di qui, deposto l'abito ecclesiastico, andò peregrinando di città in città; fu a Ginevra (1579), dove per ...
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Vocabolario
nìccolo
niccolo nìccolo s. m. [alteraz. del lat. onychĭnus agg. «di onice»]. – Termine presente in vecchi cataloghi di collezioni di gemme: non ha sign. univoco, e spesso è stato usato come sinon. pop. di onice.
niccolite
niccolite s. f. [der. di Niccolum, nome lat. scient. del nichel (di cui ha lo stesso etimo)]. – Minerale esagonale, arseniuro di nichel, importante per l’estrazione di questo metallo: si trova di solito in masse compatte di colore roseo...
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