Formula indicante la posizione dell’intelletto umano di fronte a Dio, che, come Assoluto e Infinito, sorpassa ogni distinzione categoriale e si sottrae, pertanto, a ogni definizione concettuale. L’intelletto umano, in quanto finito, non può dir nulla dell’Assoluto se non per via negativa, negando cioè di lui ogni attributo e riconoscendo che può avvicinarsi all’Assoluto solo sapendo di non sapere: ignorantia quindi, ma docta perché si pone al di là e al di sopra di ogni più completo conoscere umano.
La formula ricorre forse per la prima volta in s. Agostino, poi in s. Bonaventura, ma deve la sua affermazione all’opera di N. Cusano De docta ignorantia. Presupposto storico è la tradizione neoplatonica e in particolare procliana, quale soprattutto era passata nella teologia cristiana attraverso lo Pseudo-Dionigi Areopagita.