Mammiferi
Animali che allattano
La classe dei Mammiferi comprende Vertebrati assai diversi tra loro, che però possiedono importanti caratteristiche in comune: le ghiandole mammarie per l’allattamento dei cuccioli, un corpo provvisto di peli, una dentatura particolarmente evoluta e specifica per il tipo di alimentazione, una percezione del mondo circostante basata principalmente sugli odori. Ma le eccezioni non mancano: la più importante è data dai Primati, di cui noi stessi facciamo parte, che si lasciano guidare prevalentemente da immagini e da suoni
Per capire come sono fatti i Mammiferi è sufficiente pensare agli animali che conosciamo meglio: cani, gatti, conigli, cavalli, mucche, pecore, maiali e... noi stessi! Tutti questi animali fanno parte di un’unica grande classe di Vertebrati che prende il nome dalla presenza di organi speciali, le mammelle. Si tratta di ghiandole situate lungo una linea che decorre lungo il ventre e che permettono alle femmine di nutrire i piccoli con un metodo efficiente e rivoluzionario.
La storia evolutiva dei Mammiferi ha avuto inizio circa duecento milioni di anni fa, mentre i dinosauri dominavano ancora il Pianeta. Allora le mammelle non erano altro che speciali ghiandole della pelle di cui ignoriamo la funzione; piccole, numerose e presenti in entrambi i sessi, si notavano appena fra i peli del ventre. Probabilmente servivano per marcare il territorio lasciando una scia odorosa sul suolo. Forse i piccoli erano attratti da queste secrezioni e le leccavano, dando inizio a un processo evolutivo che attraverso la selezione naturale trasformò le ghiandole ventrali delle femmine in sorgenti di liquidi nutritivi. Così i Mammiferi ‘inventarono’ il latte, cibo ricco di zuccheri, proteine e grassi, capace di completare la prima fase di sviluppo dei cuccioli.
Ancora oggi, dopo che i Mammiferi hanno trovato soluzioni migliori per marcare il territorio, le ghiandole mammarie continuano a produrre sostanze odorose di attrazione sessuale a distanza ravvicinata; per questo motivo le conservano anche i maschi. In entrambi i sessi, le ghiandole si trovano lungo una linea ben precisa, chiamata via del latte. Anche nelle specie che hanno un solo paio di mammelle (per esempio, scimmie, balene, elefanti), talvolta compaiono ghiandole soprannumerarie lungo questa linea, a ricordo del passato.
Un’altra caratteristica facilmente rilevabile nei Mammiferi è la presenza di peli. Questi sono prodotti dallo strato più esterno dell’epidermide, lo stesso che ha dato origine alle penne negli uccelli e alle squame nei rettili. I peli possono essere più o meno lunghi e folti, a formare una pelliccia, oppure assai ridotti, come nell’uomo, nelle balene, nei delfini.
Le funzioni dei peli sono diverse. Innanzitutto proteggono la pelle dallo sfregamento contro rocce e piante. Inoltre, permettono un certo isolamento termico, cioè aiutano a mantenere il corpo dell’animale a una temperatura costante e indipendente da quella esterna. Infine, conferiscono agli animali i colori e i disegni che servono a confonderli con l’ambiente, rendendoli meno visibili ai predatori o alle prede. In certi casi, al contrario, i peli mettono in evidenza l’animale (basta pensare alla criniera del leone) per intimidire o sedurre altri individui della stessa specie.
Tuttavia, il gioco dei colori nei Mammiferi è sempre limitato: difficilmente troveremo segnali visivi vistosi come in molti uccelli, rettili e pesci. Infatti, i Mammiferi sono animali che basano la propria conoscenza del mondo sulla percezione degli odori (olfatto). Basta osservare il nostro cane mentre passeggia per strada o in un prato per rendersi conto che ‘vede’ il mondo annusando.
In alcuni Mammiferi però altri organi di senso sono diventati primari. Pipistrelli e balene, per esempio, hanno sviluppato la capacità di percepire gli ultrasuoni; mentre nei Primati, uomo compreso, la vista ha acquisito una maggiore importanza.
Per comprendere i meccanismi dell’evoluzione dei Mammiferi bisogna guardarli in bocca. Non è certamente una cosa facile, considerando che la tendenza a mordere è una delle tecniche difensive più diffuse tra questi animali!
Ma in un museo di zoologia possiamo osservare con più comodità e meno pericolo la dentizione esaminando una vasta collezione di crani appartenuti a svariati ordini di Mammiferi.
In un mammifero primitivo, per esempio un riccio (ordine: Insettivori), vediamo che i denti tendono a essere numerosi, appuntiti e quasi tutti uguali tra loro: in questo caso si dice che la dentatura è poco specializzata, poiché adatta a una dieta onnivora. Se invece osserviamo la dentatura di uno scoiattolo (ordine: Roditori), scopriamo che il numero di denti è diminuito e la loro forma è diversificata. Davanti si osservano due coppie di grossi incisivi a crescita continua, adatti a tagliare foglie e radici, mentre all’interno della bocca si trovano poche coppie di molari capaci di triturare il cibo.
Il cranio di un mammifero permette spesso di stabilire il tipo di dieta e il grado di trasformazione evolutiva a partire da un modello primordiale. Nell’ordine dei Carnivori, per esempio, i denti canini consentono all’animale di uccidere la preda nel più breve tempo possibile, riducendo il rischio di essere a sua volta ferito. Ma spesso i denti non bastano per garantire il successo nella predazione. Per questo motivo, molti Carnivori sono dotati di unghie retrattili, veri artigli per dilaniare la vittima.
Che dire poi delle lunghe zanne che si osservano negli elefanti, nei trichechi e nei cinghiali? In questi casi non è l’alimentazione che conta: questi denti abnormi vengono usati nei combattimenti fra maschi della stessa specie, per vincere la grande gara del successo riproduttivo. Anche le corna spettacolari e multiformi dei cervi, delle antilopi e di altri Mammiferi erbivori hanno la stessa funzione. Infine, ciò che serve per attaccare può essere utile anche per difendersi: denti, unghie e corna vengono usati anche per lottare contro i predatori.
La velocità nella corsa è una strategia che molti animali hanno adottato per sfuggire ai predatori. Gli zoccoli derivano dalla trasformazione delle unghie per garantire velocità e resistenza sul terreno. Bufali, antilopi, cervi e cinghiali (ordine: Artiodattili) hanno lo zoccolo diviso in due che corrisponde al forte sviluppo di due sole dita, il terzo e il quarto. Invece, cavalli, asini e zebre (ordine: Perissodattili) hanno sviluppato enormemente solo il terzo dito. In ambedue i casi, il risultato di questi adattamenti è lo spettacolo di grazia e potenza dato dalla corsa di una gazzella o di un cavallo.
Oltre ai numerosi adattamenti alla vita sulla terraferma, alcuni Mammiferi hanno adattato il loro corpo alla sopravvivenza nell’ambiente acquatico. Balene e delfini (ordine: Cetacei) hanno raggiunto sembianze che ci ricordano quelle dei pesci. Come questi hanno una pinna dorsale, due pinne pettorali (arti anteriori trasformati) e una pinna caudale (coda trasformata). I loro arti posteriori sono del tutto scomparsi.
Un gruppo particolare di Carnivori che comprende le foche, le otarie e i trichechi, ha raggiunto una fase evolutiva intermedia tra la vita terrestre e quella marina. Questi animali sono ancora capaci di camminare sul terreno, anche se goffamente, e partoriscono a terra. Altri Mammiferi , infine, hanno occupato nicchie ecologiche particolari adattandosi al volo: nei pipistrelli (ordine: Chirotteri) le dita dell’arto anteriore si sono allungate enormemente e sono unite da una larga membrana, come le stecche di un ombrello.
Anche nei Primati, e soprattutto nell’uomo, l’arto anteriore si è evoluto divenendo un organo capace di grande sensibilità e mobilità estrema, dal quale deriva almeno in parte il nostro successo evolutivo.