Opera letteraria nella quale è applicato l’artificio consistente nell’omissione di tutte le parole in cui compare una determinata lettera o un determinato gruppo di lettere (dal gr. λιπογράμματος, comp. di λιπο- «che manca di» e γράμμα «lettera»). I più antichi esempi di l. che si ricordano, ma che sono andati perduti, sono l’inno a Demetra (di cui conosciamo il primo verso) e il ditirambo Centauri del poeta greco Laso (6° sec. a.C.). Un’Iliade lipogrammatica compose Nestore di Laranda (3° sec. d.C.), che adottò l’artificio di evitare in ciascun libro la lettera con cui il libro stesso è numerato secondo il sistema greco (l’α nel primo, il β nel secondo ecc.); artificio imitato da Trifiodoro (5° sec. d.C.) nel rifacimento dell’Odissea, nota appunto come ῾Οδύσσεια λιπογράμματος. Di Fabio Planciade Fulgenzio (5° sec. d.C.) è il più antico l. giunto, sia pure incompleto, fino a noi, la cronaca De aetatibus mundi et hominis, in 23 capitoli, ciascuno caratterizzato dal mancato uso, in progressione, di una lettera dell’alfabeto; eguale accorgimento adotta il francese Pietro Riga (12° sec.) nei riassunti che fa seguire ai singoli canti del suo poema biblico Aurora. Per i secoli successivi si possono citare il volume di racconti, in ciascuno dei quali è assente una vocale, Varios efetos de amor en cinco novelas exemplares (1641) dello spagnolo A. de Alcalá y Herrera e, con riferimento alla lettera r, alcune opere in prosa tedesche (Xenium di Andreas Prolaeus Pomeranus, 1616; il romanzo Die Zwillinge di F. Rittler, 1813 ecc.), e, per l’Italia, il poema L’R sbandita sopra la potenza d’amore del domenicano Vincenzo (al secolo Giovanni Nicola) Ciminello Cardone (1614). Per la letteratura contemporanea, degno di nota il romanzo La Disparition di G. Perec (1969), in cui è fatta sparire la lettera e.