Galilei, Galileo
Il padre della scienza moderna
Nel Seicento il grande scienziato e filosofo Galileo Galilei ha confermato con le sue osservazioni astronomiche, condotte con il cannocchiale, la teoria eliocentrica di Copernico e ha studiato il moto dei corpi grazie al piano inclinato. Galileo ha indagato i fenomeni naturali secondo un metodo che si fonda sull'integrazione di esperimento e di ragionamento matematico, il metodo sperimentale ancor oggi adottato. Rinnegare la tradizione ha portato Galileo a uno scontro con la Chiesa cattolica, in seguito al quale ha subito una condanna al confino nella sua casa di Arcetri, presso Firenze. Ma Galileo non si è limitato a elaborare formule: ha scritto anche opere che rappresentano magnifici esempi di prosa scientifica
Nato a Pisa nel 1564, Galileo Galilei è noto soprattutto per aver demolito la concezione geocentrica dell'Universo accettata da due millenni, contribuendo all'affermarsi della teoria eliocentrica.
Lo strappo violento rispetto alla tradizione produsse conseguenze traumatiche sulla vita di Galileo. Dopo venti anni di insegnamento all'Università di Padova, rientrato a Firenze per porsi sotto la protezione dei Medici, fu costretto a contrastare gli attacchi dei seguaci di Aristotele e dei censori ecclesiastici. Ma non riuscì a evitare la condanna del tribunale dell'Inquisizione, subita nel 1633, per aver sostenuto le tesi eliocentriche.
Tra i grandi meriti dello scienziato pisano ci sono anche i contributi dati alla moderna concezione del movimento e, più in generale, alla nuova scienza della meccanica fondata su rigorose dimostrazioni matematiche. Ma Galileo non ha coltivato solo interessi scientifici. Figlio di un originale teorico della musica, manifestò una passione costante per le tematiche musicali.
Altrettanto vasta è stata la sua cultura artistica, mentre sul piano letterario le sue opere segnano la nascita della prosa scientifica italiana.
Galileo ha indagato i fenomeni naturali secondo un metodo fondato sia sull'esperimento sia sul ragionamento matematico, procedure che nella tradizione venivano solitamente considerate come alternative. L'esperimento veniva adottato da chi si occupava delle realizzazioni pratiche, mentre l'analisi matematica era patrimonio degli studiosi interessati a stabilire i principi astratti che guidano i fenomeni naturali.
Galileo invece raccolse dati e grazie a essi formulò ipotesi poi generalizzate nel linguaggio astratto e universale della matematica. Osservando, per esempio, le oscillazioni di diversa ampiezza di un pendolo, giunse alla conclusione che tutte, indipendentemente dalla loro ampiezza, si compivano nello stesso tempo (in realtà questo è vero solo per le piccole oscillazioni). Poi generalizzò in termini matematici la legge delle oscillazioni di pendoli di diversa lunghezza: le lunghezze sono proporzionali ai quadrati dei rispettivi periodi (cioè dei tempi impiegati per compiere un'oscillazione completa).
Ma Galileo ha utilizzato questa procedura anche in ordine inverso, per confermare la validità di ipotesi matematiche, come quella formulata sulle maree. Secondo Galileo è la combinazione del moto di rivoluzione annuo della Terra intorno al Sole con la rotazione diurna del nostro pianeta sul proprio asse la causa meccanica del fenomeno periodico delle maree, e per provarlo ha fatto ricorso all'esperimento.
Negli scritti di Galileo si trovano numerosi riferimenti a esperimenti, in molti casi mai effettivamente realizzati, ma solo pensati e immaginati: sono rimasti esperimenti mentali.
Negli ultimi mesi del 1609 Galileo cominciò a esplorare il cielo col cannocchiale. Nonostante il modesto potere di ingrandimento, lo strumento gli permise di vedere fenomeni che nessuno aveva in precedenza potuto osservare. La prima sorpresa fu offerta dalla Luna, che, vista con il cannocchiale, appariva assai diversa dalla sfera perfettamente levigata e cristallina concordemente descritta dalla filosofia naturale tradizionale. Segnata da alte montagne e da valli profonde, la Luna mostrava una struttura del tutto simile alla Terra. In seguito, Galileo fece altre scoperte sensazionali, che sembrarono demolire la concezione tradizionale della Terra immobile nel centro dell'Universo.
Galileo era un seguace di Copernico (l'astronomo secondo cui il Sole, non la Terra, occupa la posizione centrale nell'Universo) e trovò nelle sue osservazione astronomiche prove inconfutabili a favore della tesi eliocentrica. Il sistema di Giove, anzitutto, circondato da quattro satelliti, dimostrava che nell'Universo non tutti i corpi ruotavano intorno alla Terra. Galileo scoprì anche che il pianeta Venere, osservato dalla Terra, mostrava fasi come la Luna, un fenomeno che non poteva verificarsi se il nostro pianeta fosse stato al centro dell'Universo.
La fama di Galileo si accrebbe grazie a queste e altre osservazioni, come la scoperta delle macchie sulla superficie del Sole, delle strane apparenze di Saturno (che Galileo ritenne erroneamente circondato da due satelliti) e della vera natura della Via Lattea (ammasso di un enorme numero di stelle). Esse provocarono tuttavia aspre reazione dei tradizionalisti e delle autorità ecclesiastiche, costringendo Galileo a impegnarsi in una battaglia durissima per affermare le nuove idee e per difendersi da minacciosi attacchi personali.
Galileo espose i risultati delle sue osservazioni astronomiche nel Sidereus nuncius ("Messaggero delle stelle"), pubblicato nel 1610. Il libro innescò vivacissime polemiche che, nella fase iniziale, ebbero come protagonisti i seguaci della filosofia naturale di Aristotele. Essi vedevano seriamente minacciata la concezione di un Universo diviso in due zone distinte: quella imperfetta, corrispondente alla Terra in posizione centrale, e quella di assoluta perfezione delle sfere dei pianeti, del Sole e delle stelle fisse dalle quali era circondata.
Ben presto iniziarono a tuonare contro le tesi copernicane di Galileo anche esponenti della Chiesa. Attacchi pubblici sempre più violenti furono mossi nei confronti di chi osava mettere in discussione la centralità e immobilità della Terra (esplicitamente sostenuta nelle Sacre Scritture). Nel febbraio del 1615 il domenicano fiorentino Niccolò Lorini denunciò al tribunale dell'Inquisizione alcune opere nelle quali Galileo sosteneva che l'ipotesi copernicana era perfettamente compatibile con le Sacre Scritture. Galileo vi rivendicava l'autonomia della ricerca e sosteneva che l'autorità dei testi sacri è assoluta solo nelle questioni morali e di fede, non in quelle che riguardano la costituzione del mondo. Come avrebbe affermato, con espressione straordinariamente efficace, i testi sacri insegnano "come si va in cielo, non come va il cielo".
Dopo la denuncia di Lorini, l'opera Le rivoluzioni delle sfere celesti (1543) di Copernico fu 'sospesa': dagli esemplari stampati andavano eliminati i passi in cui si sosteneva che la concezione eliocentrica non era solo una comoda ipotesi, ma corrispondeva all'effettiva realtà. Galileo fu inoltre privatamente ammonito a non sostenere pubblicamente la tesi di Copernico.
Un decennio più tardi, incoraggiato dai segni di benevolenza e di apertura del nuovo pontefice, Urbano VIII, Galileo tornò a sostenere la battaglia copernicana, dedicandosi alla stesura del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, che pubblicò nel 1632. L'opera suscitò immediatamente scandalo tra le autorità ecclesiastiche. A Galileo fu intimato di recarsi a Roma, dove fu sottoposto al severo giudizio dei Padri inquisitori, che nel giugno del 1633 lo condannarono, costringendolo ad abiurare rinnegando la tesi copernicana.
A conclusione del processo inquisitoriale, il 22 giugno 1633 fu emessa a Roma, presso il Convento della Minerva, la sentenza di condanna di Galileo da parte dei Padri inquisitori:
"Diciamo, pronuntiamo, sententiamo e dichiariamo che tu, Galileo suddetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo Santo Officio vehementemente sospetto d'heresia, cioè d'haver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch'il Sole sia centro della Terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la Terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per probabile un'opinione dopo esser stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura; e conseguentemente sei incorso in tutte le censure e pene dai sacri canoni et altre constitutioni generali promulgate. Dalle quali siamo contenti sii assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi et detesti li suddetti errori et heresie et qualunque altro errore et heresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma che da noi ti sarà data".
Subito dopo la lettura della sentenza, il vecchio Galileo, inginocchiato davanti ai giudici, recitò e sottoscrisse l'umiliante formula dell'abiura:
"Volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e d'ogni fedel Cristiano questa vehemente sospitione, giustamente di me concepita, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li suddetti errori et heresie e generalmente ogni et qualunque altro errore, heresia e setta contraria alla Santa Chiesa; e giuro che per l'avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa haver di me simil sospitione; ma se conoscerò alcun heretico o che sia sospetto di eresia, lo denontiarò a questo S. Officio, o vero all'Inquisitore o Ordinario del luogo dove mi trovarò".
A Galileo tuttavia fu risparmiato il carcere: dopo alcuni mesi trascorsi a Siena, agli arresti domiciliari presso l'arcivescovo Piccolomini, gli fu permesso di tornare nella sua casa di Arcetri, sui colli di Firenze, dove passò il resto della sua vita, fino alla morte, avvenuta l'8 gennaio 1642.
Galileo ha dato un contributo fondamentale alla moderna scienza del movimento compiendo una serie di ricerche innovative che hanno aperto la strada ai successivi lavori di Cartesio e Newton.
Combinando abilmente ragionamento matematico ed esperimenti ingegnosi, Galileo dimostrò che, contrariamente a quanto sostenuto da Aristotele, nel moto naturale di caduta libera la velocità aumenta in proporzione al tempo trascorso. Intuì inoltre per primo il moderno principio di inerzia (riformulato poi da Newton come primo principio della dinamica), cioè l'idea che il moto dei corpi non si esaurisce spontaneamente, ma tende a conservarsi se non viene applicata ad essi una forza contraria. Dimostrò anche che un corpo scagliato con violenza in avanti ricade a terra seguendo una traiettoria parabolica.
I risultati dei suoi studi sul moto furono presentati in forma rigorosamente matematica nei Discorsi e dimostrazioni matematiche (pubblicati a Leida nel 1638), l'opera in cui propose attente riflessioni sulla natura relativa del moto, distruggendo definitivamente la concezione aristotelica dell'esistenza di uno spazio e di un movimento assoluti. In quest'opera ci sono inoltre pagine innovative dedicate alla resistenza dei materiali, indagata di nuovo col sistematico ricorso a metodi matematici. Questi ultimi vi venivano presentati come l'elemento indispensabile per dare un fondamento scientifico all'attività degli ingegneri, che si era fino ad allora basata su abilità e saperi acquisiti in maniera esclusivamente empirica.
Grazie al piano inclinato, Galileo riuscì a formulare alcune delle leggi fondamentali del moto naturale di caduta.
Nella scanalatura ben levigata del piano, Galileo faceva scendere una sferetta registrando mediante un orologio ad acqua i tempi impiegati per percorrere distanze progressivamente crescenti. Confrontando gli spazi e i tempi di discesa, Galileo si rese conto che in tempi eguali successivi gli spazi percorsi stavano tra di loro come la serie dei numeri dispari (1,3,5,7,9 e così via). Questo dato non solo confermò a Galileo che il moto naturale di caduta è costantemente accelerato, ma gli consentì anche di stabilirne matematicamente la proporzione. Se nel primo tempo infatti la sferetta percorre uno spazio e nel secondo tempo eguale 3 spazi, ciò significa che in 2 tempi percorre 4 spazi (1+3), in 3 tempi 9 spazi (1+3+5), in 4 tempi 16 spazi (1+3+5+7), e così via. Nel moto naturale gli spazi percorsi sono dunque proporzionali al quadrato dei tempi.
Giustamente riconosciuto come uno dei più grandi geni scientifici dell'umanità, Galileo è stato anche un grandissimo prosatore. Ha scritto in volgare quasi tutte le proprie opere in un periodo nel quale la letteratura scientifica adottava quasi universalmente il latino e così ha contribuito più di ogni altro a trasformare l'italiano in una lingua capace di esprimere concetti scientifici nuovi e di altissima complessità. Ha arricchito il vocabolario scientifico del volgare col conio di nuovi termini tecnici, spesso, ma non sempre, derivati dal latino.
Il livello di efficacia e di chiarezza che egli raggiunse nei suoi massimi capolavori (il Dialogo e i Discorsi) risulta davvero straordinario. Sono opere concepite in forma di dialogo con tre interlocutori che discutono animatamente di temi filosofici, astronomici o di meccanica sostenendo posizioni diverse. Galileo sfoggia una capacità straordinaria nel modificare l'espressione in base al carattere dei personaggi, mette sarcasticamente alla berlina Simplicio, il sostenitore delle tesi aristoteliche, continuamente fa ricorso a metafore e analogie tratte dal senso comune e a esempi provenienti dalla vita quotidiana per rendere comprensibili, anche ai non specialisti, le complesse teorie discusse.
Nel Saggiatore, uno dei suoi capolavori scientifici e letterari (1623), Galileo mise ripetutamente in ridicolo gli avversari che si opponevano alle nuove teorie scientifiche invocando l'autorità di Aristotele. Al continuo richiamo ai libri di Aristotele del suo interlocutore Lotario Sarsi (pseudonimo del gesuita Orazio Grassi) Galileo contrappose, in un brano giustamente celebre, l'indagine diretta del libro della natura, scritto dal Creatore in linguaggio matematico: "Parmi, oltre a ciò, di scorgere nel Sarsi ferma credenza, che nel filosofare sia necessario appoggiarsi all'opinioni di qualche celebre autore, sì che la mente nostra, quando non si maritasse col discorso d'un altro, ne dovesse in tutto rimanere sterile ed infeconda; e forse stima che la filosofia sia un libro e una fantasia d'un uomo, come l'Iliade e l'Orlando Furioso, libri ne' quali la meno importante cosa è quello che vi è scritto sia vero. Sig. Sarsi, la cosa non istà così. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto".
Galileo non va considerato come l'inventore del cannocchiale, ideato da artefici olandesi. Si è limitato a perfezionare lo strumento e a utilizzarlo per esplorare l'Universo.
Il cannocchiale galileiano è composto da due lenti, una piano-concava e una piano-convessa. I migliori esemplari che riuscì a costruire garantivano un ingrandimento lineare di circa 30 volte (così la superficie della Luna gli appariva 900 volte più grande). Lo strumento aveva un campo visivo molto stretto: Galileo non riusciva, per esempio, a inquadrare l'intero corpo lunare, ma solo una sua limitata porzione.
Oltre a perfezionare continuamente la qualità delle lenti, Galileo arricchì il cannocchiale di accessori importanti, come il diaframma (per eliminare la luce abbagliante che circondava i pianeti), il micrometro (per misurare le distanze tra i corpi celesti) e l'eliostato (per osservare il disco solare proiettandolo su uno schermo in modo da evitare danni alla vista). Le prolungate osservazioni nelle quali Galileo si impegnò contribuirono a deteriorare progressivamente la sua vista tanto che divenne completamente cieco negli ultimi anni della sua vita.
Nel 1624 Galileo mise a punto quello che definì un 'occhialino' che ingrandiva sensibilmente le cose più minute. Si trattava dell'antesignano del moderno microscopio, come verrà battezzato dall'accademico dei Lincei Giovanni Faber. Galileo osservò la meravigliosa fabbrica della mosca, della quale il microscopio rivelava la straordinaria complessità. Del microscopio concepito da Galileo non rimane alcun esemplare originale. Sappiamo che lo strumento doveva presentare due lenti, che garantivano un ingrandimento abbastanza significativo (circa venti volte). Nei decenni immediatamente successivi il microscopio produsse una rivoluzione radicale nelle scienze della vita, soprattutto nell'anatomia, nell'entomologia, nell'analisi delle strutture cellulari, degli agenti patogeni e via dicendo.
Il microscopio stimolò anche la collaborazione tra scienziati e artisti. Questi ultimi realizzarono infatti stupende incisioni delle immagini di piccoli insetti ingranditi con questo strumento. La prima raffigurazione del genere è la Melissographia, una tavola incisa da Matthias Greuter nel 1625 per iniziativa dell'Accademia dei Lincei. La tavola aveva il duplice fine di mostrare l'ape anatomizzata sotto ingrandimento microscopico e di celebrare il papa Barberini, Urbano VIII, nel cui stemma campeggiavano tre api a formare uno schema triangolare.