Erodoto
Il padre della storia
Erodoto è lo storico delle guerre persiane (5° secolo a.C.), ma è anche un attento indagatore degli usi, dei costumi e della religione di popolazioni barbare di cui i Greci avevano fino ad allora una conoscenza molto limitata. Con lui comincia a delinearsi la storiografia nel senso moderno del termine: non a torto Cicerone lo definì il padre della storia
Erodoto nacque ad Alicarnasso, sulla costa meridionale dell'Asia Minore, fra il 490 e il 480 a.C. Dopo essere stato coinvolto nelle lotte intestine della sua città, fu esiliato. Viaggiò molto e la sua curiosità lo spinse a visitare l'Egitto, la Fenicia, la Mesopotamia, la Scizia (cioè il paese degli Sciti, insediati sulle coste asiatiche del Mar Nero). Dalle esperienze di viaggio trasse molto materiale per la sua opera, conosciuta col titolo di Storie.
Soggiornò a lungo ad Atene, dove fu in contatto con Pericle e Sofocle. Qui eseguì pubbliche letture di parti della sua opera. Partecipò alla fondazione della colonia panellenica (ossia fondata da Greci di diverse stirpi) di Turii, in Italia meridionale, ove si stabilì e forse morì dopo il 425 a.C.
L'opera di Erodoto ci è giunta divisa in nove libri. È l'autore stesso a presentarla come "esposizione della propria historia (ricerca)" e a dichiararne lo scopo: quello di fissare nel tempo le imprese memorabili compiute dai Greci e dai Persiani.
La prima parte tratta delle vicende della Lidia, della Persia, dell'Egitto, della Scizia, della Tracia, fino agli inizi delle guerre persiane (494 a.C.). Il corso della narrazione è interrotto da frequenti e talora amplissime digressioni, volte a illustrare la geografia, la storia, le tradizioni, le istituzioni, le credenze, i costumi e gli usi di ciascuna di queste regioni. Proprio per tale molteplicità di interessi, costituisce per noi una fonte di documentazione molto preziosa su popolazioni antiche in gran parte poco note.
È solo quasi a metà dell'opera che inizia il racconto delle guerre persiane, segnate prima dal tentativo di Dario I d'invadere la Grecia, fallito con la sconfitta di Maratona (490 a.C.), e poi dalla grande spedizione di suo figlio Serse, di cui sono riferiti in dettaglio i vari episodi: i preparativi, l'attraversamento dell'Ellesponto, l'eroico sacrificio di Leonida alle Termopili, l'astuto piano di Temistocle che porta i Greci a trionfare a Salamina (480 a.C.), la battaglia di Platea, la ritirata degli invasori, fino alla liberazione delle città greche d'Asia dal dominio persiano.
Erodoto è un narratore straordinario. Il suo stile, semplice e piano, affascina e conquista il lettore per la sua piacevolezza.
Erodoto è l'erede di una tradizione di racconti in cui la storia si confondeva con il mito. La sua scelta di narrare avvenimenti non troppo lontani nel tempo gli consente di raccogliere più facilmente informazioni e verificarne l'attendibilità. In questo lavoro di verifica conta molto l'autopsia, nel significato originale del termine greco, usato dallo stesso Erodoto, di "vedere con i propri occhi": per questo egli ha molto viaggiato, visitando i siti, raccogliendo oracoli, consultando gli archivi dei templi e le iscrizioni.
Il più delle volte, però, deve fondarsi su notizie indirette, che possono essere inverosimili o discordanti tra loro. In tal caso egli riporta le diverse versioni e interviene spesso a valutare i dati e a esprimere il proprio giudizio, esercitando così una prima, elementare forma di critica storica. Significativa appare la sua propensione a fornire una spiegazione razionale dei racconti mitici; ma non mancano passi in cui prevale l'ingenua tendenza a prestar fede a storie inventate e a particolari fantastici.
Una legge sembra guidare le vicende umane: quando l'uomo nutre ambizioni eccessive e viola il principio della moderazione, i suoi disegni di potenza e di dominio sono resi vani dall'intervento della divinità. Chi troppo s'innalza è punito e trascinato alla rovina.
Dal patrimonio di credenze della Grecia arcaica Erodoto eredita il tema dell'invidia degli dei: sono essi che, gelosi delle loro prerogative, impediscono agli uomini una fortuna o una ricchezza fuori misura. Così Creso, re dei Lidi, perde il suo regno proprio quando, al culmine del suo potere, si ritiene il più felice degli uomini; e Serse è sconfitto e umiliato per la cieca ed empia arroganza con cui ha intrapreso e condotto la guerra contro la Grecia.