Serse I, re di Persia
Un despota alla conquista della Grecia
Sovrano della dinastia degli Achemenidi, Serse I salì al trono persiano nel 485 a.C. e continuò le guerre contro i Greci, iniziate dal padre Dario I. Dopo la vittoria alle Termopili (480 a.C.), però, andò incontro a una serie di insuccessi che lo costrinsero ad abbandonare i suoi progetti di conquista della Grecia
Serse I, nato intorno al 519 a.C., figlio del re persiano Dario I e di Atossa, succedette al padre nel 485 a.C. (Persiani). All’inizio del regno dovette reprimere la ribellione degli Egizi e dei Babilonesi (484), e in seguito preparò la ripresa delle guerre con i Greci – note come guerre persiane –, avviate dal padre per punire una ribellione delle colonie ioniche dell’Asia Minore. I suoi consiglieri gli suggerirono di attaccare i Greci con l’azione congiunta delle forze di terra e di mare. Serse allestì, quindi, una potente flotta di un migliaio di navi e un immenso esercito di circa 200.000 soldati di varie nazionalità (tra cui Persiani, Etiopi, Indiani e Traci).
Nel 480 a.C. partì da Sardi, in Asia Minore, con l’intenzione di vendicare la sconfitta che gli Ateniesi avevano inflitto a Dario nella battaglia di Maratona (490 a.C.).
A giugno riuscì ad attraversare l’Ellesponto – antico nome dello stretto dei Dardanelli – insieme al suo numeroso esercito facendo costruire due ponti di navi per superare i 1.000 m dello stretto. Passate la Tracia e la Macedonia giunse in Grecia, dove le città-Stato si confederarono contro il pericolo persiano. Gli Ateniesi fermarono la flotta di Serse in un conflitto navale presso Capo Artemisio (Isola di Eubea), mentre il re spartano Leonida tentò eroicamente di difendere il passo delle Termopili dall’avanzata delle truppe di terra. Dopo due giorni di aspri combattimenti il traditore greco Efialte insegnò a Serse un sentiero che permise ai Persiani di aggirare la montagna. Un esercito persiano poté così attaccare alle spalle gli Spartani e i Tespiesi i quali, piuttosto che fuggire o ritirarsi, si lasciarono uccidere tutti, compreso Leonida. Superate le Termopili, Serse sottomise con facilità la Focide, la Beozia e l’Attica. A settembre espugnò Atene e il porto del Pireo, abbandonati dalla popolazione. La città e l’acropoli furono devastate e incendiate.
La flotta greca, al comando dell’ateniese Temistocle, attirò quella di Serse nella stretta baia di Salamina, di fronte ad Atene. Il luogo era favorevole alle navi greche, più maneggevoli, che attaccarono e distrussero in dodici ore la potente flotta persiana. Serse, che aveva osservato lo scontro da un trono fatto porre sulle pendici del Monte Egaleo, decise di tornare a Sardi lasciando in Grecia un esercito sotto il comando del cognato Mardonio. L’insuccesso in Grecia indebolì Serse e indusse i Babilonesi a tentare un’altra insurrezione, nuovamente repressa. Nel 479 fallì un nuovo tentativo persiano di assediare Atene, e a Platea (in Beozia) la coalizione greca guidata dallo spartano Pausania sconfisse le truppe persiane di Mardonio, che fu ucciso. Nel frattempo la flotta greca batté ancora una volta quella persiana a Micale, in Asia Minore, riprendendo il controllo della regione.
Nove anni più tardi, nel 470, Serse fu definitivamente battuto a Eurimedonte dai Greci comandati da Cimone. A questo punto abbandonò la politica aggressiva e firmò un trattato che lo impegnò a rinunciare alla Grecia e alle colonie greche dell’Asia Minore. In politica interna Serse continuò la politica paterna di rafforzamento dell’autorità dello Stato e abbellì le città più importanti dell’Impero, come la capitale Persepoli. Fu un tipico sovrano orientale, assolutista e dispotico, spietato con i nemici ma terribile anche con i sudditi. Morì nel 465 a.C. a Persepoli, ucciso da Artabane, capo delle guardie, in una congiura di palazzo. Gli succedette il figlio Artaserse.