In anatomia, membrana trasparente che riveste l’estremità anteriore del globo oculare. La sua zona periferica (limbo) continua con la sclerotica, nella quale è incastrata a guisa di vetro d’orologio.
La c. può essere sede di traumi, processi patologici, ulcerativi (ulcera corneale), infiammatori (cheratiti), degenerativi (arco senile), iperplastico-degenerativi (pterigio), distrofici (cheratocono), tumori benigni o maligni ecc. L’ anello corneale è un alterazione degenerativa a carico dell’intero bordo corneale; rappresenta una fase più avanzata del cosiddetto arco corneale. L’ opacità corneale è un difetto di trasparenza della c. a seguito di processi degenerativi, cheratiti o ulcere; a seconda del grado di opacamento si distinguono: la nubecola; la macula; il leucoma. La cura delle opacità corneali può basarsi sull’uso di particolari pomate, di applicazioni galvaniche, o sulla cheratoplastica.
Al potere diottrico totale della c. contribuisce in larga misura la sua forma, così che modificazioni della normale curvatura della superficie corneale determinano anomalie della focalizzazione delle immagini sulla retina: la chirurgia corneale è ormai in grado di eseguire interventi atti a restituire alla c. la sua normale curvatura. Sono state infatti messe a punto alcune tecniche di cheratoplastica lamellare a fini refrattivi, quali la cheratomileusi, la cheratofachia e l’epicheratofachia. La cheratomileusi, che consente di correggere efficacemente la miopia, l’ipermetropia e l’astigmatismo, consiste nella lavorazione al tornio di un lembo corneale autologo congelato, ottenendo in questo modo un lenticolo idoneo a essere suturato, dopo lo scongelamento, sulla c. preparata a riceverlo; la disponibilità di strumentazioni più progredite ha consentito la messa a punto della variante fresh dell’intervento, mediante la quale il lembo corneale appena prelevato viene lavorato a fresco al microtornio, anche in situ, senza rimozione totale, e immediatamente suturato come lenticolo alla c. stessa. La cheratofachia consiste nella lavorazione di un lembo corneale proveniente da un donatore (cadavere o vivente) e nella sutura del lenticolo così ottenuto alla tasca praticata sulla c. del ricevente; l’intervento è indicato per la correzione dell’ipermetropia. L’ epicheratofachia (o epicheratoplastica) consiste nella preparazione di un adeguato lenticolo corneale omologo e nella sua suturazione nella tasca appositamente scolpita sulla c. disepitelizzata del ricevente: il lenticolo, nel giro di pochi mesi, viene ricoperto dall’epitelio rigenerante dell’ospite, realizzando in tal modo una sorta di lente a contatto umana; l’intervento è indicato per la correzione del cheratocono.
L’impiego del laser a eccimeri, in sostituzione del taglio refrattivo, ha poi consentito di mettere a punto le tecniche ALK (automated lamellar keratoplasty) e LASIK (laser in situ keratomileusis). La chirurgia refrattiva corneale si avvale anche di tecniche incisionali non perforanti, basate sul principio di modificare la curvatura della superficie corneale con il minor numero possibile di tagli operati alla massima profondità, evitando però di perforare la cornea. La moderna strumentazione permette di eseguire con la massima precisione i vari tipi di cheratotomie non perforanti refrattive, mentre l’impiego del laser a eccimeri è di routine nella correzione di vizi miopici di grado minore (inferiori alle 6 diottrie). Per l’astigmatismo si effettuano cheratotomie radiali associate a cheratotomie trasversali per correggere la differenza di potere refrattivo tra i due meridiani ortogonali principali o secondari della cornea.
Per il trattamento delle gravi opacità corneali, non suscettibili di trattamento con tecniche cheratoplastiche, è stata sviluppata una chirurgia protesica, detta cheratoprotesi o prostocheratoplastica, volta a fissare alla c. del ricevente, tramite una porzione di sostegno detta aptica, una c. artificiale, costituita da un cilindro ottico in grado di lasciar passare la luce, in sostituzione di un tratto di c. alterata.