Composizione di raccolte più o meno sistematiche di oggetti, specialmente quelli che offrano un particolare interesse per la storia, la scienza, l’arte, o presentino caratteristiche di originalità e ricercatezza.
Il gusto e la moda del c., diffusi soprattutto dal 17° sec. in strati sociali sempre più vasti, furono spesso un notevole incentivo allo sviluppo di particolari generi artistici, come il vedutismo o la natura morta, e diedero luogo a raccolte preziose come quelle di eminenti personalità laiche o religiose che costituirono in passato il primo nucleo di gallerie, biblioteche, musei. Il c. incentivò anche l’ampliamento del mercato artistico con la fondazione di sempre più numerose gallerie d’esposizione, alcune delle quali, dalla fine del 19° sec., sono state spesso sostegno di artisti d’avanguardia.
Nel Medioevo in Occidente raccolte di opere d’arte e di reliquie, i cosiddetti tesori, si costituirono nei palazzi dei signori, nelle cattedrali e nelle grandi abbazie. Con le crociate e, quindi, con la riapertura ai traffici, si crearono nuove collezioni di oggetti singolari e preziosi, ma anche di reliquie, particolarmente ricercate e commerciate. Federico II, amante di opere d’arte e di curiosità scientifiche, diede inizio a quel tipo di collezioni enciclopediche che sarebbe durato fino all’età moderna. Tra le prime raccolte di rarità artistiche del Rinascimento, diffuse soprattutto in Toscana, nel Veneto e a Roma, messe in mostra negli studioli e nei gabinetti, o conservate nei più ampi guardaroba, notevoli furono quelle di Lorenzo il Magnifico, degli Este, dei Gonzaga, degli Sforza, di alcuni cardinali (E.S. Piccolomini, P. Barbo, S. Gonzaga ecc.), di ricche famiglie e di antiquari. Nacque anche il «gabinetto delle meraviglie» (Wunderkammer), dove esemplari di storia naturale, strumenti, invenzioni meccaniche, carte geografiche, rarità archeologiche, monete, cammei ecc., costituirono materiale per la didattica e una forma di indagine scientifica universale: celebri tra gli altri quello del Collegio Romano, fondato da A. Kircher; le collezioni eclettiche di M. Settala a Milano, di L. Moscardo a Verona e di F. Cospi a Bologna, celebri per i loro cataloghi a stampa; le raccolte di Rodolfo II a Praga, di Alberto di Baviera a Monaco (di queste ultime nel 1565 S. Quicchelberg pubblicò il catalogo Inscriptiones vel tituli theatri amplissimi) e di Augusto I a Dresda. Nel castello di Ambras, presso Innsbruck, è ancora conservata una parte delle collezioni che vi aveva raccolto dal 1563 Ferdinando del Tirolo. La formazione e la successiva sistemazione di pregevoli collezioni fu cura particolare di alcune grandi famiglie gentilizie, spesso consigliate da artisti: per es., la celebre collezione dei Gonzaga (in gran parte acquistata, nel 1627, da Carlo I d’Inghilterra); la raccolta dei Farnese, inventariata nel 1635 e passata in eredità (1731) a Carlo III di Borbone a Napoli, poi riordinata nel palazzo di Capodimonte, fatto costruire appositamente da G.A. Medrano (1738). Delle collezioni romane appartenute alla regina Cristina di Svezia, quella dei marmi venne ceduta alla Spagna nel 1724; nel 1681 a Parigi, per intervento di Mazzarino, si aprì la Galerie d’Apollon, per le collezioni reali, primo nucleo del futuro museo del Louvre; a Torino, Carlo Emanuele I costruì una galleria per i dipinti (nel 1630 si contavano 140 fiamminghi e oltre 1000 italiani), accresciuta nel 1741 dalla collezione viennese di Eugenio di Savoia. A Roma alcune raccolte famose, come quelle Giustiniani e Chigi, furono in parte alienate nel 18° sec.; altre (Rospigliosi-Pallavicini, Doria Pamphili e Colonna) sono ancora conservate nelle sedi originarie. Nel 18° sec. in Europa e anche in Italia, con l’affermarsi del concetto di bene artistico inteso come patrimonio di pubblico godimento, molte collezioni divennero accessibili a tutti. Il godimento privato ed esclusivo legato al c. fu sempre più superato sia con esposizioni temporanee di prestigiose collezioni sia con l’acquisizione di alcune di queste (come dono, legato o vero e proprio acquisto) da parte di istituzioni pubbliche (collezione G.P. Campana, acquistata in gran parte da Napoleone III nel 1861; collezione Caillebotte, donata allo Stato francese nel 1896; collezione Castellani, donata al museo etrusco di Villa Giulia nel 1919; collezione Bliss, donata alla Harvard University nel 1940 ecc.) o, ancora, con la loro trasformazione in fondazioni; soluzioni tutte che, spesso, evitano la dispersione del patrimonio, permettendone una più idonea conservazione.
Uno degli aspetti più caratteristici del c. contemporaneo è l’interazione sempre maggiore tra privato e pubblico. Mentre collezionisti e grandi galleristi, come L. Castelli a New York, hanno continuato a rivestire un ruolo importante nel mercato dell’arte e nella storia della cultura contribuendo al successo internazionale di artisti contemporanei, molte importanti collezioni private sono ormai divenute accessibili al grande pubblico, entrando a far parte delle pubbliche istituzioni attraverso donazioni, spesso favorite dalle agevolazioni fiscali vigenti in varie nazioni, come gli Stati Uniti e la Francia. Donazioni ingenti, come quella di D. Cordier al Musée national d’art moderne di Parigi (1972-90), sono spesso legate al rapporto tra il collezionista e una particolare istituzione. Ricordiamo, tra le altre, le donazioni: di A. Hammer al Metropolitan museum of art di New York, al Los Angeles county museum of art e alla National gallery of art di Washington; di G. Panza di Biumo al Museum of contemporary art di Los Angeles e al Museo cantonale d’arte di Lugano, al FAI (Villa di Biumo con varie opere ivi conservate) e al S.R. Guggenheim Museum; di P. Ludwig, che ha arricchito vari musei, legando il proprio nome al Ludwig Museum di Colonia (1986); di L. Amelio, che ha lasciato alla Reggia di Caserta la collezione Terrae Motus, con oltre settanta opere di vari artisti create in occasione del terremoto dell’Irpinia a partire dal 1980; di A. Schwartz alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Nell’ambito del c. privato, accanto alla figura tradizionale del collezionista un maggiore spessore ha assunto il c. di enti e istituzioni come banche, aziende, industrie. Sempre più diffuso è l’istituto della fondazione, che gestisce e mantiene il patrimonio artistico della collezione, anche attraverso l’attività espositiva permanente e temporanea e la promozione di iniziative culturali.
Forma di comportamento spesso determinata dal bisogno, prevalentemente irrazionale, di possesso o di identificazione emotiva con l’oggetto cui è rivolto l’interesse. Può assumere connotazioni psicopatologiche, a coloritura per lo più ossessiva.