La prima raccolta di leggi imperiali di cui si abbia conoscenza nell’esperienza giuridica romana, risalente al 291-92 d.C. La raccolta – che fu detta Codex per via della caratteristica veste editoriale, con fogli di pergamena rilegati a libro, e Gregorianus perché ne fu autore un privato, di nome Gregorio o Gregoriano, di cui non si hanno notizie – conteneva rescritti, ossia pareri ufficialmente rilasciati dal principe su richiesta dei cittadini, in materia di diritto privato. La maggior parte di essi promanavano dallo stesso imperatore allora regnante, Diocleziano, ma si ha notizia anche di provvedimenti più antichi, risalenti addirittura a Settimio Severo e, forse, ad Adriano. Il Codice g. si rivelò utilissimo nella pratica giudiziaria, poiché contribuì notevolmente a dare maggiore certezza del diritto, mettendo ordine nella confusa congerie delle costituzioni imperiali vigenti, ripartendo la materia privatistica in almeno 15 libri, divisi a loro volta in titoli, ognuno dei quali ospitava, in ordine cronologico, le leggi che disciplinavano il medesimo istituto. Integrato dal Codice ermogeniano, immediatamente successivo, venne ampiamente utilizzato anche in seguito. In particolare, Teodosio II pubblicò nel 438 una nuova raccolta, per le sole materie non ancora regolate dai codici precedenti, dei quali pertanto riconosceva implicitamente il valore.
Il Codice g. non ci è pervenuto direttamente. Ne possediamo solo frammenti, conservati nei Fragmenta vaticana, nella Collatio, nella Consultatio, nella Lex romana Burgundionum, nella Lex romana Wisigothorum, nell’appendice a questa, negli Scholia sinaitica.