- Una delle maggiori capitali dell’arte urbana globale in ragione dell’alta concentrazione di biodiversità creativa che risiede su i suoi muri. Un catalogo molto ricco e in buona parte autoctono. Artisti inglesi e di molti altri paesi hanno eletto la capitale britannica quale proprio ambiente ideale, nonostante, in effetto di un capillare sistema di telecamere a circuito chiuso (CCTV) attive ventiquattro ore su ventiquattro, sia la città più sorvegliata del mondo. Numerose sono le ricadute che tale primato determina sul fronte della progettazione e dell’azione di artisti che operano illegalmente.
Writing. L., anche sulla scorta dell’affinità linguistica che la unisce alle città americane, costituisce uno dei primi porti di approdo della cultura dei graffiti d’oltreoceano. Il contagio con il wild-style newyorkese giunge, oltre che attraverso i soliti canali mediatici dei documentari hip-hop e dei libri come Subway Art, dall’esperienza diretta di alcuni giovani ragazzi inglesi, vedi Coma e il fratello Kis 42, che tornano a casa dagli Stati Uniti con un ricco bagaglio di conoscenze in materia di graffiti. Corre la prima parte degli anni Ottanta e writer americani come Futura 2000 hanno già visitato gli estremi occidentali della Metropolitan Line, nell’area nord-ovest di Wembley, battezzando i luoghi del sistema della “tube” londinese che, per abbondanza di depositi e larghi tratti di corsa delle carrozze in superficie, divengono il principale recinto d’azione dell’avanguardia del writing anglosassone. Sulla Metropolitan Line, soprannominata “The Big Met”, all’altezza di Rickmansworth, vengono dipinti nel 1985 i primi treni della capitale; ne sono autori i membri dei TCA (The Chrome Angelz), di cui fanno parte anche Mode2 e Zaky, quest’ultimo presente sui muri già dal 1982. “The Little Mets”, corrispondenti alla Hammersmith & City e alla Circle Line, costituiscono altre piste battute, sfruttate dai writer per la tipologia di treni dalle fiancate piatte. A Covent Garden il sabato pomeriggio si radunano gli Stati generali del writing locale di quegli anni: ci sono i membri della CD (Criminal Damage), “padroni” della Big Met, così come Set 3, Coma, Tilt, Reme, Cast, poi ancora Robbo, Fuel, Drax e Mode 2. Durante gli anni Novanta la scena locale vede protagonisti assoluti gli esponenti della DDS, tra questi Zomby, uno dei writer più prolifici in quel periodo e un punto di riferimento stilistico. Panik e la sua ATG crew segnano il passaggio al decennio successivo. Il loro logo ad iniziali incrociate è familiare a molti luoghi di L., specialmente a Camden, dove le lettere di Panik puntellano il panorama dei tetti, dei ponti e dei lungolinea rosso mattone. L’atmosfera friendly-alternative di Camden Town è familiare anche a Tox, membro della DDS, divenuto un’icona più che per il suo stile, scarno ed essenziale, per la quasi ossessiva presenza su ogni supporto urbano della sua tag seguita dall’anno di produzione.
Street art. La street art a L. è legata decisamente all’area orientale del tessuto urbano, e in particolare al quartiere di Shoreditch. Il cosiddetto “Shoreditch Triangle” (area compresa tra Shoreditch High Street, Old Street e Great Eastern Street) con le appendici di Hackney Road e Brick Lane, quest’ultima sede della comunità bengalese, è il fulcro di tali attività, che viste nella mappa complessiva della città appaiono in queste zone sensibilmente delimitate. In queste strade, attorno alla metà degli anni Novanta e mediante l’efficace linguaggio dello sticker, germina la prima ondata di street art locale; poi è il turno di Banksy, a cavallo del nuovo millennio, il quale qui concentra la sua prima attività londinese e organizza clandestinamente la sua mostra d’esordio. Shoreditch, da quartiere derelitto percorso da criminalità e malessere, divenuto negli anni Novanta colonia di giovani artisti per i suoi affitti a buon mercato, è da diversi anni una mecca delle arti urbane, sperimentando, nel mentre, gli effetti di una sensibile gentrificazione che ne ha fatto un’area dinamica e alla moda, dove le gallerie si affacciano su bar e locali glamour, essi stessi esposizioni di muri dipinti, come nel caso del Cargo bar di Rivington Street. Tale scenario di forte interesse e richiamo è facilmente penetrabile da logiche commerciali e promozionali, le quali in parte spiegano il consistente numero di opere commissionate. L. rimane uno dei principali mercati mondiali di street art, partecipato al suo interno da un ampio ventaglio di gallerie e da case d’aste come Bhonams, leader in questo settore. L’indotto speculativo generato trova stimolo anche nel turismo alternativo, attorno al quale gravitano una miriade di tour artistici alla scoperta dei muri salienti e dei luoghi simbolo, tra cui l’iconico Village Underground ad Holywell Lane. Altri luoghi dell’arte urbana londinese, seppur non calamitanti come le aree dell’East End, sono Dulwich, nelle estremità meridionali di L., dove tra 2012 e 2013 rinomati street artist hanno re-interpretato dipinti di antichi maestri della Dulwich Picture Gallery, la nota Camden e infine Waterloo, dove le pareti del tunnel di Leake Street, sotto la stazione, sono un oasi di riparo per gli artisti dello spray, scenario di importanti manifestazioni: dal celebre Cans Festival, organizzato da Banksy nel 2008, al recente Femme Fierce, festival tutto al femminile. Una tappa fondamentale nel percorso di riconoscimento istituzionale del fenomeno è la mostra “Street Art” del 2008, curata da Cedar Lewishon in una Tate Modern che per l’occasione si veste sui mattoni rossi della fronte esterna delle pitture di grandi artisti internazionali, sanzionando l’ingresso della street art nel sistema dell’arte contemporanea.
Protagonisti. Sono numerosi gli artisti londinesi, di nascita o di adozione, che compongono il tipico panorama artistico-figurativo del paesaggio stradale, rendendolo uno dei più distintivi su scala globale. I membri della Burning Candy raggiungono gli angoli più reconditi e le pareti più difficili della città con le mascotte naif e graffianti associate ad ognuno di essi. A Shoreditch, le sagome a misura d’insetto di Pablo Delgado, competono in questa particolare specialità con gli omini di Slinkachu e le miniature su chewing gum incollate al marciapiede di Ben Wilson. I mattoni rossi di Bricklane ospitano gli idoli esotici e ornamentali di Citizen Kane, che insieme ai draghetti di Ronzo e ai funghi policromi di Christiaan Nagle rappresentano l’indirizzo plastico dell’arte urbana londinese. Le saracinesche dei negozi sono il supporto ideale all’alfabeto di Eine o alla colorata fauna di Malarky. Infine Banksy, il protagonista più celebre, spesso protetto da pannelli di plexiglas e ricercato dagli appassionati di tutto il mondo.
Banksy vs. King Robbo. Il disaccordo originario tra graffiti e street art, prevalentemente di tipo tecnico/estetico, si è notevolmente inasprito negli ultimi anni a causa del notevole riconoscimento pubblico, istituzionale e commerciale raggiunto dalla seconda, di cui L., mediante il successo guadagnato da Banksy, costituisce uno dei primi centri di irradiazione. Quando Banksy, nel 2009, stravolge attraverso una sua opera un pezzo di King Robbo, datato 1985 e considerato la più antica testimonianza ancora intatta del writing londinese, lo scontro personale che segue trova ulteriore significato nella contesa tra i due campi dell’arte urbana, diventandone vero e proprio paradigma. La lunga battaglia, documentata da Channel Four nella produzione video Graffiti Wars (2011), vede i protagonisti dei rispettivi mondi, aiutati dai loro sostenitori, sfidarsi a colpi di violente alterazioni e rifacimenti delle opere altrui lungo i muri fiancheggianti il Regent’s Canal a Camden Town, e non solo, concludendosi con il finale omaggio di Banksy al contendente Robbo dopo che un grave incidente costringe quest’ultimo al coma, sino alla morte sopraggiunta nel 2014.