vite
La pianta che accompagna l’uomo dall’inizio della sua storia
La vite è una pianta coltivata da tempo immemorabile che cresce nelle regioni temperate del Pianeta. Importante per la sua infruttescenza e per il vino che se ne ricava, richiede una conoscenza approfondita delle sue esigenze e molte cure. La viticoltura è la scienza della coltivazione della vite, di cui l’ampelografia è una branca che descrive in dettaglio le caratteristiche dei vitigni
Su un terreno asciutto ma non arido, di pianura o collinare, crescono al sole – avvolti in una corteccia bruna che si sfalda in fessure verticali – gli arbusti corti e contorti di Vitis vinifera, il nome botanico della vite, una delle piante più importanti e più antiche esistenti sulla Terra.
Dal fusto partono i tralci (così si chiamano i suoi rami) che presentano molti nodi rigonfi da cui si sviluppano i pampini cioè le foglie palmate (alcune trilobate, altre pentalobate) dai margini frastagliati. Importantissimi per la produzione del vino – mediante la fotosintesi clorofilliana producono lo zucchero glucosio che poi diverrà alcol –, i pampini si alternano alle infiorescenze che, maturando, diventeranno grappoli d’uva e ai cirri o viticci. Questi ultimi sono rami trasformati, sottili e arrotolati su sé stessi, che con i loro tropismi si avvolgono intorno ai sostegni naturali (un’altra pianta, una roccia) o artificiali (pali, spalliere), permettendo alla vite di arrampicarsi verso l’alto, verso la luce e il sole.
La vite è una pianta tenace, abbarbicata alla sua dimora: ha infatti un apparato radicale molto robusto e ben piantato al suolo, dove può penetrare con la radice principale fino a oltre 2 m di profondità.
I fiori della vite formano infiorescenze a grappolo e ciascuno ha cinque petali riuniti in alto in modo da costituire una specie di cappuccio. Quando il fiore matura, i petali cadono e diventa visibile l’apparato riproduttore rappresentato dagli stami e dall’ovario a forma di piccolo fiasco. L’uva è un’infruttescenza in cui gli acini sono i singoli frutti. Ogni acino è una bacca avente una buccia (epicarpo) ricoperta da una sostanza cerosa (pruina), a cui seguono l’esocarpo, una zona sottile e ricca di tannini, quindi il mesocarpo, la polpa succosa e zuccherina –, e infine l’endocarpo, la parte più interna dove si trovano i semi (vinaccioli), che contengono polifenoli e oli estratti a scopo alimentare. Il principale prodotto dell’uva è il vino, noto fin dall’antichità ai popoli del Mediterraneo.
Da studi recenti risulterebbe che di uva e di vino già facessero uso gli uomini del tardo Neolitico (8000÷3000 a.C.) e che l’addomesticamento della varietà selvatica, Vitis vinifera sylvestris, sarebbe avvenuto nella Turchia orientale, considerata la culla dell’agricoltura. Questa ipotesi è stata chiamata ipotesi Noè dal nome del patriarca biblico di cui si parla nella Genesi dove si dice che Noè, uscito dall’arca ‘approdata’ sui pendii del Monte Ararat (Turchia orientale ), cominciò a coltivare la vite: «Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna» (versetti 9, 20) .
È quindi da migliaia di anni che l’uomo ha un rapporto privilegiato con la vite, che tuttavia è una pianta molto delicata la cui coltivazione richiede conoscenze approfondite.
L’ampelografia (dal greco àmpelos «vite» e gràpho «scrivo, descrivo») è una branca della viticoltura che identifica e classifica i vitigni, ovvero le numerose varietà di Vitis vinifera esistenti nei paesi produttori.
Una scheda ampelografica si può considerare la ‘carta d’identità’ di un vitigno dove vengono riportati, oltre al nome e ai suoi eventuali sinonimi, anche il colore e il sapore degli acini, la forma del grappolo, il mese in cui l’uva matura, le tecniche di lavorazione, il luogo di produzione. Di origine molto antica (già la praticavano i Sumeri, gli Egizi, i Greci, gli Etruschi, i Romani), l’ampelografia si è affermata soprattutto a partire dal 19° secolo, ma oggi sta assumendo un’importanza particolare in quanto, conoscendoli a fondo, i diversi vitigni si possono tutelare e valorizzare meglio, anche quelli rari in via di scomparsa. Solo in tal modo si potrà riuscire a conservare la grandissima varietà di uve e di vini esistenti, evitando l’omologazione di prodotti così antichi e pregiati.