TUNISIA.
– Demografia e geografia economica. Storia. Bibliografia. Letteratura. Bibliografia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Fabio Amato. – Stato dell’Africa settentrionale. La popolazione tunisina è stimata in 11.116.899 ab., secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs) del 2014, registrando ancora una volta una crescita annuale contenuta (dal 1995 non ha mai più raggiunto l’1,4%) e confermando un andamento più lento rispetto alla media degli altri Paesi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale. La transizione demografica appare in completamento, come confermato dal tasso di natalità che ormai dal 1995 non raggiunge più il 20‰, benché si sia registrato un leggero incremento negli ultimi anni, confermato anche dall’indice sintetico di fecondità, risalito a 2,2 figli per donna nel 2012. In confronto ai Paesi europei frontalieri la T. ha un’età media ancora molto bassa (31,4 anni stimati nel 2014) e una speranza di vita che aumenta progressivamente (75,9 anni, 2013), ma che colloca il Paese ancora al 92° posto nelle stime del 2014. Alcuni indicatori mostrano i progressi del Paese negli ultimi anni, soprattutto nella formazione dei più giovani: il tasso di alfabetizzazione è cresciuto nel corso del nuovo millennio sfiorando l’80% (2011), mentre l’insieme dei giovani nella classe 15-24 anni ha raggiunto, alla stessa data, il 97%. Anche la lotta all’estrema povertà ha dato dei frutti: prima della rivoluzione del 2011, la percentuale di popolazione che viveva con meno di 2 dollari (a parità di prezzi) era del 4,4%, dimezzatasi rispetto al dato del 2005. L’accesso all’acqua potabile, infine, riguarda tutta la popolazione urbana e il 90% di quella rurale. Si tratta di progressi che, per essere portati a compimento, richiederebbero, secondo le indicazioni degli organismi internazionali, un incremento della spesa pubblica del 6% del PIL, un’ipotesi non facilmente praticabile nei prossimi anni.
A causa della sua conformazione, lo spazio tunisino è popolato in maniera squilibrata con uno sviluppo secondo un gradiente Ovest-Est, interno-costa, anche sul piano socioeconomico. I 13 governatorati costieri sommano quasi il 70% della popolazione totale, con una densità più che doppia rispetto alla media nazionale. Si tratta, tuttavia, di valori non comparabili con il gigantismo di altre realtà in via di sviluppo: l’unico governatorato che supera il milione di abitanti è quello di Tunisi. La crescita più rilevante nel periodo 2009-13 si segnala nel caso dei governatorati di Ariana (+57%) e di Ben Arous (+50,5%), creati nel 1983 dalla separazione da quello di Tunisi ed espressione del processo di suburbanizzazione della capitale. Nello stesso periodo, incrementi demografici altrettanto importanti si registrano lungo la linea costiera meridionale, con Sousse (55,5%) e Sfax (+51,5%). La quota di popolazione urbanizzata è cresciuta lentamente nel corso degli anni e ha raggiunto nel 2013 il 66,4%, ma si attestava già sul 61% nel 1993. La capitale Tunisi resta la città più popolata (651.183 ab. stimati nel 2013) e il nodo economico e commerciale più importante del Paese. La medina, una delle strutture meglio preservate del mondo arabo, conserva ancora una elevata densità, ospitando più di 100.000 residenti in 270 ettari; tuttavia, a causa della forte pressione demografica, l’estensione dell’urbanizzato ha toccato, in maniera spesso caotica, diverse direttrici con la creazione di nuovi quartieri che hanno inglobato le banlieues più vicine.
Condizioni economiche. – Prima della crisi economica globale, la T. aveva intrapreso una delle più rapide crescite economiche dell’area MENA (Middle East and North Africa), a partire dagli anni Novanta. Nell’ultimo decennio del Novecento, la crescita del PIL è stata del 5% in media, riducendosi di un solo punto nei primi dieci anni del 2000. Sebbene in maniera più contenuta (2,8% nel 2014), anche negli anni di crisi il prodotto tunisino ha fatto registrare un incremento. In generale, nel corso degli ultimi decenni, gli indicatori sociali ed economici di benessere sono aumentati in maniera significativa e, in particolare, il reddito pro capite ha raggiunto nel 2013 i 4317 $, quasi raddoppiando rispetto al valore del 2000. Il sistema economico attuale è meglio diversificato che in passato. L’attività agricola ha ancora un peso specifico in quanto assicura l’8% della ricchezza e assorbe il 18% della forza lavoro (4 milioni di persone nel 2013), grazie alle tipiche produzioni mediterranee. Le attività industriali compongono il PIL per oltre il 30% e nella stessa quota partecipano alla composizione della forza lavoro, con un ruolo ancora forte per i prodotti minerari (fosfati e petrolio) e le relative produzioni chimiche. I prodotti agricoli insieme a quelli minerari e il settore tessile (lavorati e semilavorati) compongono la maggior parte delle esportazioni che, come per le importazioni, vedono sempre nella Francia e nell’Italia i partner principali. Una discreta rilevanza è ancora appannaggio del settore turistico, che rappresenta il 7% del prodotto, ma gli attentati terroristici del 2015 avranno un impatto significativo sulla capacità propulsiva di questo settore. Il tasso di disoccupazione è ancora elevato (15,3% nel 2014), soprattutto nelle generazioni più giovani (33% nella fascia 15-24 anni). La ‘rivoluzione dei gelsomini’ iniziata alla fine del 2010 (con il clamoroso gesto del venditore di strada che si diede fuoco per protesta) ed esplosa con la manifestazione del 14 gennaio del 2011 (con la deposizione di Ben ῾Alī) non ha ancora creato discontinuità in questo trend economico. A differenza di altre realtà in trasformazione nella Primavera araba, questi eventi hanno condotto a un lungo e laborioso processo di democratizzazione, sfociato nelle prime libere elezioni del Parlamento e del presidente della Repubblica nell’autunno del 2014. Nondimeno, tali cambiamenti non hanno generato miglioramenti significativi nell’ambiente economico tunisino, ancora legato a politiche che limitano la competizione, mentre permangono forti squilibri regionali, una sostanziale stagnazione delle imprese in termini di produttività e di creazione di posti e, infine, una inadeguata offerta di lavoro per le persone più formate. Non a caso, le rimesse degli emigranti hanno ancora un peso nella ricchezza del Paese: sono 640.000 i tunisini all’estero, con comunità di rilievo in Francia e in Italia.
Storia di Silvia Moretti. – Nel 2006 la T. celebrò con grande enfasi il cinquantenario dell’indipendenza. L’anno successivo il presidente Zayn al-῾Abidīn Ben ῾Alī (v.) festeggiò i suoi vent’anni al potere, in attesa delle consultazioni elettorali dell’ottobre 2009, che lo videro confermato alla presidenza del Paese per il suo quinto mandato consecutivo: in queste elezioni per la prima volta Ben ῾Alī scese di poco sotto la soglia del 90% dei consensi elettorali. Con una popolazione altamente scolarizzata, flussi turistici importanti e una soglia di povertà più bassa di molti Paesi africani, la T. poteva vantare una significativa crescita economica. Le proteste dell’opposizione, censurata e messa a tacere senza mezzi termini, non riuscivano a scalfire un regime profondamente dispotico e corrotto, ma puntellato dall’alleanza con l’Occidente (Francia e Italia erano i maggiori partner commerciali del Paese).
In questo contesto generale, alla fine del 2010 in T. prendeva le mosse, simbolicamente e in maniera fulminea, la ‘primavera’ del mondo arabo, quando un giovane ambulante, stanco di subire vessazioni dalla polizia locale, si diede fuoco il 17 dicembre nella cittadina di Sidi Bouzid. Di lì a poco, di fronte alle piazze in rivolta che chiedevano a gran voce la democratizzazione del sistema politico, il regime crollava con una velocità straordinaria e il 14 gennaio 2011 Ben ῾Alī fuggiva in Arabia Saudita con tutta la famiglia. Nelle stesse settimane veniva legalizzato Ennahda (Rinascita), il movimento islamico moderato legato a una delle più antiche e influenti organizzazioni politico-religiose fondamentaliste dell’islam, i Fratelli musulmani (v. fratellanza musulmana).
Le elezioni dell’Assemblea costituente del 23 ottobre 2011 fecero registrare una grande affluenza: oltre il 90% degli elettori si recò alle urne che sancirono il successo di Ennahda, ma anche l’importante affermazione dei partiti laici, tra cui il Congresso per la repubblica, guidato da uno dei leader storici dell’opposizione, Moncef Marzouki, che nel dicembre 2011 fu eletto presidente della Repubblica dall’Assemblea costituente. A dicembre si insediò anche il governo di transizione, guidato da Ennahda. A differenza dell’Egitto, dove la protesta spontanea veniva cavalcata dai Fratelli musulmani, capaci di prendere al momento giusto il comando della rivolta, o della Siria, precipitata nella guerra civile, in T. le forze politiche coinvolte nel cambiamento, pur nelle profonde divisioni interne, cercarono di valorizzare l’acceso dibattito generatosi nel Paese durante e dopo la rivoluzione, procedendo congiunte verso l’approvazione di una nuova Costituzione, promulgata nel febbraio 2014, espressione di un compromesso tra tutti gli attori politici tunisini e approvata quasi all’unanimità.
In questa lunga fase di gestazione della Carta, ulteriori pericoli per il processo di democratizzazione vennero alla luce con l’assassinio di due leader della sinistra tunisina, Chokri Belaid e Mohamed Brahmi (rispettivamente a febbraio e a luglio 2013), e con il fallimento dell’esperienza di governo di Ennahda, che con il suo immobilismo aveva aperto la strada a un forte malcontento, generato dall’aumento della sperequazione sociale, e a una pericolosa intromissione delle correnti più estremiste del fondamentalismo religioso. Le elezioni legislative dell’ottobre 2014 fecero registrare il successo della formazione laica Appello della Tunisia, guidata da Béji Caïd Essebsi (al-Bājī Qā᾽id alSabsī), uomo politico già vicino ad al-Ḥabīb Bourguiba e tra i protagonisti della fase transitoria dopo la rivolta del 2011. Essebsi fu eletto a suffragio universale alla presidenza della Repubblica nel dicembre 2014.
In questo scenario interno e nel panorama più ampio, che vedeva l’affermazione transnazionale dello Stato islamico in Siria, Egitto e Libia (v. IS), il 18 marzo 2015 si verificò un attacco terroristico al Museo del Bardo di Tunisi che provocò la morte di 24 persone, in prevalenza turisti; il 29 marzo un corteo contro il terrorismo sfilò per le strade di Tunisi con la presenza di numerosi capi di Stato. A distanza di tre mesi, il 26 giugno, un nuovo attentato rivendicato dall’IS nella località turistica di Port El-Kantaoui, vicino Susa, provocò la morte di 38 turisti.
Nonostante i rischi di destabilizzazione prodotti dagli attentati, il Paese cercava di difendere le conquiste politiche successive alla ‘rivoluzione dei gelsomini’. In tale quadro, un prestigioso riconoscimento internazionale al contributo della società civile per lo sviluppo di una democrazia pluralistica nel Paese arrivò nell’ottobre del 2015, quando il Comitato norvegese per il Nobel assegnò il premio per la Pace al Quartetto tunisino per il dialogo nazionale, costituito dalle organizzazioni dell’Unione generale tunisina del lavoro, dell’Unione tunisina dell’industria, del commercio e dell’artigianato, della Lega tunisina per la difesa dei diritti dell’uomo e dell’Ordine nazionale degli avvocati di Tunisia.
Bibliografia: L. Declich, In Tunisia la vera rivoluzione può attendere, «Limes», 2015, 3, pp. 99-104. Si veda inoltre: S.R. Louden, Political islamism in Tunisia: a history of repression anda complex forum for potential change, «Iowa Research Online», 4, 2015, http://ir.uiowa.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1060&context=mathal (28 sett. 2015).
Letteratura di Monica Ruocco. – I versi che hanno accompagnato le primavere arabe, a cominciare dalla ‘rivoluzione dei gelsomini’, sono quelli del poeta tunisino Abū᾽l-Qāsim al-Šabbī (1909-1934), che chiudono anche l’inno nazionale: «Se un giorno il popolo invocherà la vita / gli risponderà il destino / ma la notte dovrà dissiparsi / e le catene dovranno spezzarsi». Durante il regime di Ben ῾Alī (1987-2011), e soprattutto nell’ultimo decennio, la produzione culturale ha visto un sistema di valori ufficiale e dominante opporsi a una cultura parallela del dissenso soggetta a una forte repressione, ma che, malgrado le difficoltà, ha cercato di sopravvivere e di far ascoltare la propria voce particolarmente. Riguardo ai generi letterari, una poesia in lingua araba moderna e sperimentale ha sempre convissuto con espressioni popolari e con una produzione in francese. Scrivono in arabo al-Munṣif al-Wahāybī (Moncef Ouhaïbi, n. 1949), autore di poesia in prosa, la cui raccolta più nota è Mītāfīzīqā wardat al-raml (1999, Metafisica della rosa di sabbia); Muḥammad al-Ġuzzī (n. 1949), i cui versi sono influenzati dalla poesia classica araba e dalla mistica, come nelle raccolte Ka᾽l-layl astaḍī᾽u bi-nuǧūmī (2007, Come la notte mi illumino delle mie stelle) e Ṯammat ḍaw᾽ āḫar (2007, C’è un’altra luce), oltre ad al-Munṣif al-Mizġanī (n. 1954). Autori politicamente impegnati sono Muḥammad al-Ṣaġīr Awlād Aḥmad (n. 1955), noto per la sua poesia satirica e autore dell’inno della rivoluzione del 2011, Tūnis al-ān wa hunā (Tunisia ora e qui; trad. it. Diario della rivoluzione, 2011), e Ādam Fatḥī (pseud. di Fatḥī al-Qāsimī, n. 1957), allontanato dall’insegnamento dal governo di Ben ῾Alī. Le voci poetiche femminili comprendono Fawziyyah al-῾Alawī (n. 1958), con la raccolta Ḥurrah (2013, Libera), Āmāl Mūsà (n. 1971) e Īnās al῾Abbāsī (n. 1982). Scrivono in arabo e francese Ṭāḥir Bakrī (Tahar Bekri, n. 1951) e Nūr al-Dīn Būṭayyib (Nouredine Betayeb, n. 1967), mentre i protagonisti della poesia francofona sono al-Munṣif Ġaššām (Moncef Ghachem, n. 1946), nato in una famiglia di pescatori di Mahdia, origini che hanno segnato il suo immaginario poetico dominato dal rapporto simbiotico con il mare inteso come forza e risorsa vitale, i cui versi esaltano la dimensione mediterranea della cultura tunisina, e Manṣūr Mihnī (Mansour M’henni, n. 1950), autore della raccolta La deuxième déjà... ou est-ce toujours la première? (2010).
Per quanto riguarda la narrativa, al-Ḥabīb al-Sālimī (n. 1951), residente in Francia, si è imposto all’attenzione nazionale e internazionale con alcuni romanzi in cui la descrizione degli ambienti rurali si alterna a vicende che riguardano la vita degli immigrati in Europa. I suoi romanzi più apprezzati sono Rawā᾽iḥ Mārī Klīr (2008; trad. it. Gli odori di Marie Claire, 2013), sulla storia d’amore tra una francese e un tunisino, e Nisā᾽ al-Basātīn (2010, Le donne di al-Basatin), in cui descrive le contraddizioni della T. alla vigilia della rivoluzione. Ḥassūnah al-Miṣbāḥī (n. 1950) risiede in Germania dove, nel 2000 ha ricevuto il Munich fiction prize per la traduzione tedesca del suo romanzo Taršīš (1995, Allucinazione), cui sono seguiti Wadā ῾an Rosalie (2001, Addio Rosalie) e Ḥikāyah tūnisiyyah (2008, Una storia tunisina). A questi nomi si devono aggiungere quelli di Ḥusayn al-Wād, autore del romanzo Sa῾ādatuhu al-sayyid al-wazīr (2011, Sua Eccellenza il ministro) sul tema della corruzione, Ibrāhīm Darġūṯī (n. 1955) e Ḥasan Bin ῾Uṯmān (n. 1959). Alla generazione successiva appartengono Šukrī al-Mabḫūt (n. 1962), autore di al-Ṭalyānī(2013, L’italiano) sul periodo di grandi cambiamenti tra il governo di Bourguiba e quello di Ben ῾Alī e i sogni infrantidi tutta una generazione; Rašīdah al-Šarnī (n. 1967), autrice di Tarātīl li-ālāmihā (2011, Inni per le sue pene); Kamāl al-Riyāḥī (n. 1974), il quale in al-Mišraṭ (2007, Lo scalpello) e in al-Ġūrīlā (2011, Il gorilla) si concentra sulle frange emarginate della società tunisina. La narrativa francofona, dopo la scomparsa di Abdelwahab Meddeb (19462014), ha visto affermarsi alcune scrittrici tra cui la poetessa Amina Said (n. 1953), autrice di versi in cui l’evocazione dei paesaggi si intreccia a riflessioni sull’identità e sull’erranza, secondo una modalità vicina, secondo alcuni critici, alla ‘poetica della relazione’. Azza Filali (n. 1952) e Iman Bassalah (n. 1975), nei loro rispettivi romanzi Ouatann (2012, Patria) e Hôtel Miranda (2012; trad. it. Hotel Miranda, 2013), mettono al centro delle narrazioni donne dissidenti e insoddisfatte, pronte alla ribellione e alla fuga sullo sfondo di una società tunisina frammentata e prerivoluzionaria.
Bibliografia: Mohamed-Salah Omri, A revolution of dignity and poetry, «Boundary 2», 2012, 39, 1, pp. 137-65; E. Łukaszyk, Is there Tunisian literature? Emergent writing and fractal proliferation of minor voices, «Colloquia Humanistica», 2013, 2, pp.79-93.
Cinema di Giuseppe Gariazzo. – La cinematografia tunisina – che negli anni Venti del Novecento ebbe in Albert Shammama Shikly il suo pioniere e che dagli anni Sessanta, e più specificamente dagli anni Ottanta, occupò un ruolo di primo piano nella storia della settima arte grazie a cineasti attenti al linguaggio filmico come alle questioni sociali – ha mantenuto il suo prestigio anche nel primo periodo del 21° secolo. Ad autori affermati, che hanno incrementato le loro filmografie con ulteriori titoli di qualità, si sono affiancati registi dalla forte personalità, dotati di uno sguardo acuto nel descrivere storie e personaggi.
Raja Amari ha popolato i suoi film di ritratti femminili appartenenti a generazioni diverse, creando una dimensione intima e soggettiva nel descrivere relazioni conflittuali, confermando il suo talento con Dowaha (2009, noto con il titolo Buried secrets) e Rabii tounes (2014, noto con il titolo Printemps tunisien). Nel primo, tre donne si confrontano e si scontrano in una villa abbandonata facendo affiorare drammatici segreti sepolti che le riguardano. Nel secondo, la regista ha costruito un intenso ritratto della T. nelle settimane che hanno preceduto le rivolte del dicembre 2010 e del gennaio 2011 contro il regime attraverso le storie di personaggi maschili e femminili colti nelle loro paure, aspirazioni, desideri. Anche Nouri Bouzid, nome storico del cinema tunisino, ha scelto la finzione, esposta al melodramma fiammeggiante, per parlare dello stesso argomento in Manmoutech (2013, noto come Beautés cachées, quindi con il titolo Millefeuille), dove due amiche combattono in nome della libertà all’interno delle proprie famiglie e per le strade di Tunisi.
Altri registi, fra cui Elyes Baccar e Mohamed Zran, hanno optato per l’osservazione documentaria al fine di testimoniare quegli storici cambiamenti. Baccar ha girato Rouge parole (2011) in diverse località della T. utilizzando anche filmati amatoriali; Zran con Dégage (2012) ha realizzato una cronaca corale dando voce al disagio di molte persone. Nello stile del diario, dove le questioni della laicità e della religione si sovrappongono alla lotta della regista contro la malattia, si inscrivono i testi militanti di Nadia El Fani Laïcité, Inch’Allah! (2011) e Même pas mal (2012, coregia di Alina Isabel Pérez).
Mahmoud Ben Mahmoud e Rida Behi, autori di pagine essenziali del cinema tunisino, sono tornati alla regia dopo anni di silenzio con opere degne di nota pur se meno convincenti rispetto ad alcuni dei loro lavori precedenti. Ben Mahmoud con Al oustadh (2012, noto con il titolo Le professeur), storia di un insegnante universitario legato al regime e poi, per avere cambiato le sue opinioni, confinato nel deserto; Behi con Always Brando - Quand tombent les étoiles (2011), in cui il regista, che incontrò Marlon Brando nel 2004 proponendogli un film che non fu mai fatto per la morte dell’attore, tenta di portare a compimento quel progetto con un giovane che assomiglia al divo.
Tra i cineasti emergenti si segnalano Nejib Belkadhi, Mehdi Ben Attia, Moez Kamoun, Kaouther Ben Hania. Belkadhi, dopo il documentario VHS - Kahloucha (2006), su Moncef Kahloucha, pittore appassionato di cinema, autore di esilaranti parodie girate nel suo quartiere, ha firmato la commedia grottesca Bastardo (2013); Ben Attia ha lavorato sul tema dell’identità in Le fil (2009), dove parla di omosessualità, e in Je ne suis pas mort (2012); Kamoun, già assistente di Bouzid, ha diretto il notevole Horra (2014, Libera), originale ritratto della T. odierna e di personaggi in cerca di emancipazione; Ben Hania con Challatt Tunis (2013, noto con il titolo Le challat de Tunis) ha raccontato la vita in T. con umorismo, fra documentario e finzione, usando come pretesto le gesta di un uomo che percorre la capitale in motorino per sfregiare con un rasoio il sedere delle donne.
Bibliografia: H. Khelil, Abécédaire du cinéma tunisien, Tunis 2006; R. Lang, New Tunisian cinema. Allegories of resistance, New York 2014; A. Mabrouki, Le cinéma tunisien contemporain, Saarbrüken 2014.