Vedi Sud Sudan dell'anno: 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Con il referendum del 9 gennaio 2011, i cittadini del Sud Sudan hanno votato per la secessione dal Sudan e per l’indipendenza. Il referendum ha rappresentato l’atto finale di un conflitto le cui radici risalgono agli anni Cinquanta, quando le forze ribelli anyanya rivendicarono l’autonomia e una maggiore rappresentanza della parte meridionale del paese, basandosi sulla diversità etnica e culturale fra il nord, arabo e musulmano, e il sud, a maggioranza dinka e nuer e cristiano-animista. Lo scontento del Sud del paese nasceva dalla modalità attraverso cui il Sudan fu formato, poiché le forze britanniche ed egiziane non consultarono i leader del Sud al momento dell’unificazione del paese. La prima guerra civile sudanese (1955-72) è terminata con un accordo di pace estremamente fragile. Nel 1983 un gruppo di ufficiali e combattenti del Sud si sono ammutinati, rivendicando la loro indipendenza e dando vita all’Spla (Sudan People’s Liberation Army) e all’Splm (Sudan People’s Liberation Movement). La storia del Sud Sudan è intimamente legata ai primi fondatori dell’Spla (tra i quali John Garang e Salva Kiir Mayardit). Le forze dell’Spla hanno combattuto una lunga guerra contro il governo sudanese, terminata soltanto nel 2005 con la firma di un Comprehensive Peace Agreement (Cpa), attraverso il quale l’Splm ha ottenuto rappresentanza nel governo sudanese e ha costituito il governo della regione semi-autonoma del Sud Sudan. Durante gli anni della seconda guerra civile (1983-2005), l’Spla si è fratturato in diverse correnti, fra le quali la fazione Spla-Nasir guidata da Riek Machar e Lam Akol, che nel 1991 hanno cercato di rovesciare la leadership di Garang, considerato troppo vicino al presidente etiopico e socialista Mengistu, e per questo non in grado di ottenere il dovuto appoggio da parte degli Usa. La scissione di Riek Machar ha portato alla creazione di più movimenti fuoriusciti e contrapposti alla corrente principale del Spla. La nuova Costituzione transitoria del 2005 ha istituito un governo di unità nazionale e un governo semi-autonomo del Sud Sudan, prevedendo elezioni a tutti i livelli e un referendum sulla possibile secessione del Sud Sudan alla fine del periodo transitorio di sei anni. Il 9 gennaio 2011 il Sud Sudan ha votato per la propria indipendenza sulla base del Cpa (il sì all’indipendenza si è imposto con il 98% dei voti espressi). Sei mesi dopo, il 9 luglio 2011, il 54° stato africano ha visto la luce in una cerimonia a cui hanno preso parte tutti i leader della regione, a partire dal presidente sudanese Omar al-Bashir. Con la nascita dello stato, l’Splm è diventato il partito di governo e Salva Kiir Mayardit, di etnia dinka, è stato eletto presidente. Riek Machar, di entia nuer, ha invece ottenuto la vice-presidenza, dopo essere stato riammesso nei ranghi dell’Spla nel 2002, a seguito di una riconciliazione con Garang.
La transizione dell’Splm da gruppo armato a partito politico continua a rappresentare uno dei principali problemi del paese. Buona parte del movimento ha concorso alla formazione dell’esercito nazionale, che, con 210.000 unità, è uno dei più numerosi - rispetto al numero di abitanti - del continente africano. La classe politica del Sud Sudan è estremamente influenzata dal suo passato militare e da relazioni personalistiche che lasciano ben poco spazio ad aperture democratiche.
L’indipendenza del Sud Sudan, fortemente voluta ed appoggiata da alcuni attori internazionali, in primis Usa e Cina (Pechino ha svolto anche un ruolo di mediazione fra le contese di Sudan e Sud Sudan), non ha peraltro coinciso con la pace e la stabilizzazione del territorio.
Con la separazione del Sud Sudan, Khartoum ha perso l’accesso a gran parte dei giacimenti petroliferi, i cui proventi rappresentavano il pilastro dell’economia sudanese. Il Sud controlla l’85% delle aree di estrazione e per lungo tempo non ha riconosciuto al Sudan la quota di servizio richiesta per l’utilizzo delle raffinerie e degli oleodotti presenti sul suo territorio. La sospensione della produzione di petrolio nel gennaio 2012 come ritorsione contro Khartoum, durata quasi dieci mesi, ha messo in difficoltà più il governo di Omar al-Bashir che quello di Kiir, e ha anche dimostrato quanto i due stati siano interdipendenti. Solo nell’aprile 2013 si è giunti a un accordo, ma altre questioni restano irrisolte.
Rimane aperta la disputa sullo status di Abyei, un’area al confine tra Sudan e Sud Sudan, ricca di idrocarburi e, pertanto, contesa. Un referendum per l’autodeterminazione della regione si è svolto nel novembre 2013, ma è stato successivamente annullato a causa della difficoltà di calcolare con certezza il numero degli aventi diritto al voto in un territorio caratterizzato dagli attraversamenti stagionali delle popolazioni nomadi. Permangono inoltre irrisolti i conflitti del Blue Nile e del Sud Kordofan, due territori ai confini fra Sudan e Sud Sudan dove il Splm-North e il Sudanese Revolutionary Front (Srf) combattono dal 2011 contro il governo sudanese, supportati da Juba.
Nel 2013, Riek Machar, dopo essere stato estromesso dalla vice-presidenza a seguito di un rimpasto di governo, attraverso il quale Salva Kiir aveva premiato i suoi sostenitori e marginalizzato i suoi critici, ha guidato la ribellione di alcune fazioni dell’esercito, scatenando una nuova guerra civile ed occupando diverse città. Il conflitto, estremamente cruento, si è polarizzato su fratture etniche, vedendo contrapposte fazioni dinka e nuer appartenenti all’esercito nazionale. La popolazione civile è stata duramente colpita e i combattimenti hanno creato un milione di rifugiati interni. Il paese è incorso in una crisi alimentare senza precedenti. I caschi blu, presenti in Sud Sudan dalla sua indipendenza all’interno della missione Unimiss, la missione delle Nazioni Unite per il Sud Sudan, non sono riusciti a fermare gli scontri, e hanno anche subìto gravi attacchi alle loro principali basi e a un campo profughi allestito per accogliere i rifugiati interni. Nell’agosto del 2014, dopo numerosi tentativi falliti, grazie alla mediazione dell’Igad (Intergovernamental Authority on Development) e di altre potenze internazionali, Kiir e Marchar hanno firmato un accordo di pace ad Addis Abeba, e le Nazioni Unite hanno aumentato il numero di effettivi presenti in Sud Sudan con il mandato di proteggere i civili e impedire la ripresa delle ostilità. L’accordo prevede l’organizzazione di nuove elezioni, ma, lontano dall’essere definitivo, è ancora in trattativa, ed ulteriori negoziati si stanno svolgendo con il coinvolgimento di Etiopia, Kenya e Tanzania.